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L’ex collaboratore di giustizia Pugliese: “Bergamini ucciso perché fuori dal calcioscommesse”

COSENZA – Che il processo Bergamini possa regalare continuamente colpi di scena è un qualcosa, ormai, di abbastanza scontato. Che si arrivasse a parlare del Napoli di Maradona, del presunto uso di cocaina all’interno dello spogliatoio, dell’addio al celibato del celebre “pibe de oro” e della presunta infiltrazione del calcio scommesse nel campionato 87-88, vinto poi dal Milan, non era facilmente ipotizzabile. E’ accaduto oggi in una nuova udienza del processo seguito alla morte dell’ex calciatore del Cosenza, che si sta celebrando in corte d’assise.

Unico testimone ascoltato è stato il settantenne Pietro Pugliese, ex collaboratore di giustizia e killer della camorra, con una pena già scontata di 22 anni. Negli anni di Maradona, Pugliese era un elemento di spicco del tifo organizzato partenopeo e venne invitato anche al matrimonio del fuoriclasse argentino a Buenos Aires perché avrebbe aiutato la moglie a recuperare cinque orologi di Maradona rubati in una banca.

Pugliese, non presente in aula, ma collegato in video conferenza da una caserma di Napoli, ha chiesto garanzie ed ha sottolineato quelli che sono i rischi ai quali al momento, uscito dal carcere, da ex collaboratore di giustizia, sarebbe esposto. Motivo per cui ha deciso di non recarsi in Calabria. Al di là delle vicende legate all’ambiente calcistico napoletano dell’epoca, in merito alla morte di Bergamini, l’uomo ha raccontato di aver saputo, in carcere, che Bergamini, definito un bravo ragazzo, sarebbe stato ucciso perché le partite erano truccate e lui voleva stare fuori dal giro del calcioscommesse. “Se volete che vi dica di più – ha detto poi Pugliese – dovete aiutarmi, il procuratore Gratteri deve proteggermi e darmi delle garanzie, io rischio la vita”.

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