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La lezione coraggiosa di Moni Ovadia a Cosenza: «in Palestina è in atto un genocidio»

Moni Ovadia

COSENZA – Una lezione di forte impatto, un messaggio coraggioso, parole disarmanti quelle di Moni Ovadia, attore, scrittore, poliglotta, intellettuale, ebreo con posizioni nette e note sul conflitto israelo-palestinese, da sempre convinto difensore dei più deboli, schierato contro ogni sopraffazione e violenza, rivolte alla platea dei liceali arrivati con i docenti al Museo delle Arti e dei Mestieri, nel centro storico.

L’incontro, nell’ambito della sedicesima edizione di “Music For Change”, con il panel sulla tematica “Migrazioni e Popoli” – Oltre la notizia: contronarrare il medioriente tra indagine, territorio e linguaggi artistici. Ad introdurre il dibattito, collegato in videoconferenza, è toccato al giornalista Giorgio Mottola, firma del programma Rai “Report”, che ha posto l’accento sull’impossibilità nel nostro Paese di poter usare il termine genocidio in merito a quanto sta accadendo al popolo palestinese.

Ad arrivare a “urlare” la parola genocidio, ci ha poi pensato lui, Moni Ovadia. Gli studenti lo hanno ascoltato in assoluto silenzio e profonda attenzione, ammaliati dalla voce ferma e pacata di un uomo colto che, non solo ha trasmesso in maniera accessibile una quantità notevole di fatti, ma ha donato loro un excursus storico sulle menzogne nella storia della comunicazione dei media, trasmettendo al pubblico di giovanissimi ciò che è il vero senso del termine pace nella convivenza civile: “Anche io sono stato definito un ebreo antisemita – ha sottolineato Ovadia – perché, per me, utilizzare una verità statuale come la Shoah per giustificare i crimini perpetuati contro i palestinesi, è ripugnante e, se la si vede da questa prospettiva, sarei fiero di essere antisemita”.

Ha poi ribadito: “So solo che contro i palestinesi è in atto un crimine infame che prende il nome di genocidio. Vi domanderete – ha poi aggiunto rivolgendosi ai ragazzi – come sia possibile che, dopo tutto ciò che hanno passato gli ebrei, accada tutto questo. Beh, a differenza di ciò che pensava Hitler, gli ebrei sono solo uomini, e gli uomini sono capaci di tutto”.

A quasi 80 anni, la posizione di Moni Ovadia è radicale. “ognuno di noi è fatto del proprio vissuto – ha affermato – io ho letto decine di quotidiani e decine di libri, leggo in diverse lingue, per cui posso dirlo: oggi è molto difficile accedere all’informazione, quella di oggi è propaganda. Più ti avvicini alla verità delle cose più la vita ti viene resa difficile. Il nostro sistema è un sistema falsato dal fatto che i media mainstream hanno degli interessi che non sono quelli della verità. Io l’ho sperimentato sulla mia pelle, sono ebreo, sono nato in una famiglia ebraica. E sono almeno 45 anni che mi occupo della questione israelo-palestinese”.

“Non mi sono mai piegato, se non alle cose in cui credo”

Moni Ovadia non è infatti un giornalista, si racconta attraverso la sua professione nel teatro (“sono un saltimbanco”) e, dall’età di 14 anni, ha scelto “la difesa dei diritti dei popoli, svolgendo un’attività di militante per la difesa degli ultimi, dei colonizzati, per cui – ha evidenziato – mi è capitato di scrivere anche per cinque anni sul Corriere della Sera. Ma quando ho iniziato ad alzare il tiro per la difesa dei palestinesi, complice anche il cambio ai vertici del giornale, non mi hanno più chiamato”. Un’amara verità la sua: “Da quando ho preso posizione netta contro il governo israeliano (essendo ebreo questo complica la cosa perché sono considerato più pericoloso), non mi hanno più invitato nemmeno in televisione. Di certo non mi sono mai piegato, se non alle cose in cui credo”.

Il messaggio ai ragazzi “Se non volete cadere vittime del potere, studiate”

Infine, guardando negli occhi gli adolescenti presenti, Ovadia li ha esortati: “Se non volete cadere vittime del potere, studiate, studiate, studiate. Avete un mezzo potentissimo, quello che voi usate per chattare mentre invece il vostro smartphone è uno strumento poderoso e, se si chiama telefono intelligente, è perché più lui è intelligente più voi diventate stupidi. Eppure, può essere utilizzato per conoscere ed imparare”.

Riguardo ancora a quello che non esita a chiamare “genocidio” ed alle assurde quanto cruente pretese guerrafondaie per la conquista di stanzialità: “L’umanità intera si è formata camminando, non piantandosi – ha sottolineato Moni Ovadia – I sionisti sono l’antitesi della pace, si attaccano a Dio sostenendo Dio ci ha dato la terra, stupidaggini. A mio parere, siamo all’inizio della fine dei sionisti”. Uno scrosciante applauso ha salutato non solo la lectio di Ovadia. Nel corso del panel di questa mattina sul tema Migrazioni e Popoli, è stato molto apprezzato l’intervento successivo di una a tratti commossa Valeria Rando, giornalista freelance in Libano, appena ventiseienne. I bambini mutilati, intere famiglie sterminate, il giorno che spesso non arriva “perché per arrivare il giorno è necessario che finisca la notte”: la cronista che per precisa vocazione ha scelto le aree di guerra, non ha nascosto la commozione rivedendo davanti a sé certe scene vissute. E si torna al monito di Moni Ovadia: “Allora stiamo tutti attenti, perché diventare carnefice del proprio simile può capitare a tutti, e non è detto che si finisca sempre per essere i carnefici”.

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