MONTALTO UFFUGO (CS) – Riceviamo e pubblichiamo la storia di Emilio Cariati che dà una testimonianza diretta di come “il fattore tempo determina la differenza tra la vita e la morte”.
“Ognuno di noi, in questa vita, è potenzialmente fragile e soggetto a diverse circostanze che, qualora si verificassero, potrebbero modificare o dovrebbero modificare la propria esistenza e il proprio comportamento.
Sono Emilio Cariati, infermiere, abito a Taverna di Montalto Uffugo. Nel pomeriggio di venerdì 18 Luglio 2025, verso le ore 17:45, come mia consuetudine nei fine settimana, mi sono recato al terreno di mia proprietà in Sartano fraz. di Torano Castello e, munito di decespugliatore, ho iniziato a liberare l’area antistante il cancello dalle erbacce che mensilmente tendono a proliferare.
Successivamente, mi sono diretto verso la parte inferiore del terreno dove vi sono alcune piante di ulivi e di fichi che, poco dopo, avrebbero cambiato per sempre la mia vita. Mentre pulivo le piante dell’uliveto nella zona del fusto dalle erbacce, i miei occhi si sono spostati dall’altra parte del terreno dove, da lontano, sembrava esserci una mandria di pecore; a tal proposito, ho pensato che era la prima volta che li vedevo in quel terreno. Avvicinandomi con cautela, però, ho constatato che quelle “mandrie” altro non erano se non cinghiali, tutti di media taglia ad eccezione di uno, grande quanto un vitello, che si era separato dal branco e si era avvicinato sotto la rete di recinzione del mio terreno; con un atteggiamento dominante mi ha fissato rimanendo immobile. Colto dalla paura nel vedere questo individuo allontanarsi dal gruppo e avvicinarsi alla rete, ho temuto la presenza anche dei piccoli nascosti nell’erba, difficile da scorgere.
Spensi il decespugliatore per non arrecare ulteriori disturbi e pian piano indietreggiai, giungendo appena in tempo a una pianta di ulivo da cui presi slancio per dirigermi verso l’automobile. Dopo aver chiuso il cancello, mi recai da mia sorella per bere un bicchiere d’acqua; come di consueto, vedendomi arrivare dal terreno, mi disse: “Siediti sul divano e riposati un po’.” Le risposi che dovevo andare via. Avviata la macchina e iniziato il percorso verso casa, dopo qualche centinaio di metri cominciai a sentirmi male: non si trattava solo di una riduzione della vista, ma anche di una perdita di forza; compresi immediatamente la gravità della situazione poiché il dolore toracico, presente sin dal terreno, diventava sempre più intenso e differente. Procedetti lentamente lungo il guard rail; giunto al passaggio a livello, le sbarre chiuse e il semaforo rosso fisso; pensai tra me e me: “Adesso muoio qui”. Proprio in quel momento le sbarre si aprirono e lasciai passare le altre auto in fila, dato che camminavo sul margine della strada; quindi proseguii dritto verso la PET 118 di Torano Castello.
Giunto alla PET del 118, spensi l’auto e mi avvicinai alla porta per bussare, ma le forze diminuivano progressivamente e la vista peggiorava; infatti, bussai al vetro senza riuscire a individuare il campanello. La collega mi aprì dicendo: “Emilio, stiamo uscendo per un codice rosso.” Le risposi: “Vedi che non mi sento bene.” Lei replicò: “Sei venuto dalla campagna tutto sudato; aspetta che controlliamo la pressione.” Improvvisamente mi comunica: “Emilio, la tua pressione è bassa, 60/40.” Le rispondo che ho difficoltà visive e avverto dolore toracico. A quel punto, lei contatta immediatamente la centrale per segnalare un codice rosso in postazione, si informa con la dottoressa sulla terapia da adottare tempestivamente e ordina all’autista di partire immediatamente verso il pronto soccorso di Cosenza. A quel punto, sale anche la collega del turno montante a dare supporto, vista la gravità della situazione. Nel frattempo, la centrale ha prontamente allertato il reparto di emodinamica dell’ospedale; durante il tragitto, entrambe le infermiere, posizionate ai miei lati, hanno somministrato la massima quantità possibile di liquidi per aumentare la pressione sanguigna e consentire l’arrivo al Pronto Soccorso. Anche l’autista ha fatto del suo meglio, mantenendo una velocità sostenuta e utilizzando esclusivamente la corsia di sorpasso. Giunti al Pronto Soccorso di Cosenza, dopo aver effettuato i prelievi e compilato la documentazione necessaria, si è proceduto rapidamente al mio trasferimento in sala operatoria. Al termine dell’intervento, la collega dell’emodinamica mi dice: “Emilio, sei contento adesso?” e io scoppio a piangere, fino a quando mi hanno riportato a letto in Sala UTIC.
Questa vicenda si è conclusa positivamente, ma avrebbe potuto trasformarsi in tragedia se qualche fase fosse stata gestita diversamente: ad esempio, se fossi rimasto con mia sorella, se avessi richiesto assistenza al passaggio a livello, nel caso sfortunato di un attacco da parte del cinghiale, oppure se avessi perso conoscenza alla guida dopo la salita affrontata a velocità elevata, che non so neanche come ho fatto.
Un ringraziamento va a tutti gli operatori sanitari, a iniziare dalla PET 118 di Torano, alle Infermiere Ilenia Costanzo e Trinni Greta e all’autista Spina Roberto, che mi hanno accolto, al personale sanitario del Pronto Soccorso di Cosenza, in particolare a un medico cubano il quale capì subito la gravità della situazione, e a tutti gli altri che, in maniera egregia, hanno gestito nel migliore dei modi questo soccorso. A loro va la mia perenne gratitudine.
