COSENZA – La vicenda riguarda una paziente settantenne che era stata sottoposta ad un intervento per un problema ginecologico, chirurgicamente risolto in modo corretto. La donna, con pregresse patologie cardiache, era stata sottoposta ad un intervento chirurgico nel 2019 prima del quale erano state ben evidenziate alcune comorbilità preesistenti le quali erano a perfetta conoscenza dei sanitari. Dopo l’intervento, perfettamente riuscito, la paziente morì dopo qualche giorno senza che i familiari ne capissero le ragioni.
Proprio la famiglia ha voluto vederci chiaro sul decesso consegnando tutte le carte sanitarie all’avv. Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica, che esaminando gli incartamenti e commissionò una relazione medico legale specialistica a Professori universitari del Policlinico Gemelli di Roma i quali avrebbero evidenziato numerose criticità nella gestione della paziente, così provvedendo a richiedere l’integrale risarcimento del danno per la morte della paziente all’Ospedale di Cosenza.
Nessun riscontro da parte della struttura sanitaria per quattro lunghi anni, fino a qualche giorno addietro quanto i super periti del Tribunale di Cosenza dove l’avv. Coppa ha intentato la causa per gravi negligenze, depositando un voluminoso dossier medico legale specialistico dal quale sono emerse numerose criticità nella condotta dei sanitari che a vario titolo ebbero in cura la paziente.
Le contestazioni
Confermate dai periti del Tribunale hanno riguardato in primo luogo l’omessa valutazione cardiologica della paziente in ordine alla gestione dell’ASA e della profilassi eparinica, che non fu affrontata. E’ stato poi evidenziata l’assenza di un confronto fra cardiologo, ginecologo ed ematologo, opportuno per la valutazione del rischio emorragico e trombotico intracoronarico e per la preparazione della paziente con terapia antiaggregante, che andava adeguata da caso a caso, che è risultata non approfondita in maniera opportuna, contrariamente alle Linee Guida di riferimento, per poi essere valutato – nel periodo post-operatorio e dell’assistenza offerta alla paziente – altre due criticità consistenti nell’omesso trasferimento della paziente al termine dell’intervento chirurgico in Utic oltre che una condotta eccessivamente attendista dinanzi all’evidenza di una sindrome coronarica acuta.
Insomma i periti del Tribunale hanno accertato che la paziente doveva essere trasferita nell’Unità di Terapia Intensiva Coronarica per un monitoraggio di almeno 24 ore e ciò non fu fatto pur in presenza di esami di laboratorio che documentavano pure un’anemia ingravescente e una condizione di leucocitosi compatibile con uno stato settico. Le caratteristiche dell’ECG preoperatorio che rilevava l’allungamento del QT, condizione predisponente ad aritmie ventricolari pericolose, e le pregresse patologiche cardiovascolari, confermavano quindi che il trasferimento della paziente in Utic era pressoché mandatorio.
In parole semplici i periti del Tribunale accogliendo le tesi dell’avv. Coppa hanno concluso affermando che la gestione della terapia farmacologica in previsione dell’intervento chirurgico non è stata ottimale, dal momento che la valutazione del rischio emorragico e trombotico intracoronarico non è stato affrontato adeguatamente dagli specialisti; in ragione del prolungato intervento chirurgico e dell’anestesia e, quindi, del conseguente stress chirurgico, tenuto pure conto delle pregresse patologie cardiovascolari, la paziente doveva essere trasferita nell’Unità di Terapia Intensiva Coronarica per un monitoraggio di almeno 24 ore; dinanzi ai segni di ischemia miocardica evidenziati all’esame ECG precedente all’intervento chirurgico a cui fu sottoposta la paziente non fu predisposto il trasferimento della paziente in Utic, né tanto meno è stata richiesta una consulenza cardiologica d’urgenza, confermando quindi che ove fosse stata garantita un’adeguata assistenza sanitaria e fossero state ravvisate le condizioni cliniche opportune, sarebbe stato possibile anche effettuare una coronarografia con angioplastica di salvataggio e, pertanto, l’evento morte non si sarebbe realizzato. Ad oggi l’Ospedale di Cosenza, nonostante le evidenti censure emerse in sede giudiziaria non ha inteso risarcire i danni.
