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«Campagna elettorale di slogan contro i bisogni reali dei calabresi. Serve una politica di partecipazione reale»

Pino tursi Prato

COSENZA – Di Pino Tursi Prato – Stiamo assistendo a una campagna elettorale regionale in Calabria incentrata esclusivamente su slogan, priva di una visione chiara e di un progetto concreto da parte dei candidati alla presidenza. L’obiettivo principale sembra essere solo quello di raccogliere quanti più consensi possibili, dimenticando di mettere al centro del dibattito gli interessi reali dei calabresi.

La politica sociale non trova spazio, e le generazioni che si susseguono continuano a soffrire per una condizione economica e lavorativa precaria in tutti i settori. Il potere pubblico dovrebbe fungere da mediatore e motore di sviluppo, promuovendo uguaglianza sociale ed economica, favorendo accordi e intese tra il mondo produttivo e le fasce più emarginate della popolazione.

L’enorme distanza tra gli interessi in campo alimenta disaffezione e sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni. Manca la consapevolezza della necessità di un cambio di approccio. È fondamentale coinvolgere i cittadini nella partecipazione attiva, nelle scelte programmatiche e, di conseguenza, nelle decisioni più significative.

C’è bisogno di una scossa vera, che tocchi il cuore e la mente delle persone. La politica deve tornare a essere un momento alto di partecipazione e di confronto di idee. Il suo ruolo, oggi in crisi, è stato progressivamente sostituito da logiche di potere appartenenti a una nuova élite, composta da oligarchie che hanno conquistato settori chiave della già fragile economia calabrese.

Tutto questo ha contribuito, e continuerà a contribuire, all’emarginazione della classe lavoratrice e intellettuale della nostra regione. Una classe che, spesso, trova rifugio nel rituale del lamento, usandolo come pretesto per un disinteresse generalizzato o una protesta fine a sé stessa.

È necessario lavorare per portare gli elettori a votare e a partecipare. Non si tratta di una semplice affermazione retorica, ma di una consapevolezza che deve essere al centro della democrazia, per dare voce e ascolto a tutti coloro che oggi si sentono emarginati e mortificati nel loro essere cittadini.

L’appello deve raggiungere le persone dimenticate, in parte volutamente, in parte soppresse da una logica secondo cui “meno siamo a decidere, meglio è”. Le scelte devono aprirsi alla collettività, c’è bisogno di pensiero, confronto e condivisione. È un torto grave escludere i settori più fragili della società, alimentando una sorta di arroganza basata sul mito dell’individuo, anche privo di competenze e storia.

Servirebbe un vero atto di ribellione sociale, per reclamare diritti e pretendere spazi e opportunità di lavoro. La scuola e l’università, in Calabria, sono spesso figlie di questa stessa cultura, ridotte a cinghie di trasmissione di vantaggi personali e logiche opportunistiche. La mediazione del consenso soffre per la mancanza di un reale senso di partecipazione democratica. Il vero rischio è che, al termine di questa campagna elettorale, nulla cambi, le divisioni sociali resteranno inalterate, lo sviluppo della Calabria continuerà a rallentare, e l’assistenza e la cura arretreranno ulteriormente, penalizzando le condizioni di vita dei cittadini e, soprattutto, dei giovani.

Forse i settori dominanti preferiscono proprio questo scenario, ma ciò avverrà a scapito di chi ha più bisogno e resta escluso da ogni decisione. È necessario un accordo tra la pubblica amministrazione e le masse: la base sociale è costituita da lavoratori e disoccupati, spesso ignorati o invisibili nei programmi politici ed economici.

L’urgenza è dare alle classi subalterne un inquadramento, un’identità e una forza che può nascere solo dalla collettività, attorno a obiettivi comuni. Occorre rivolgersi alla stragrande maggioranza dei calabresi, oggi orfani di rappresentanza sia nella politica che nei media – giornali, TV e social compresi.

Con un uso mirato dei media e il possibile sostegno della Chiesa cattolica, si può dare visibilità e dignità ai settori emarginati della società calabrese. È necessario ridurre il gap esistente: solo superando il divario sarà possibile lavorare, nel futuro, per migliorare in modo concreto le condizioni sociali ed economiche della nostra regione.

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