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Spese folli Pdl, indagini interviste a pagamento

ROMA – Adesso che il tappo è saltato, rischia di crollare un tempio costruito dal Pdl con le interviste di tanti consiglieri regionali. In cambio, sospettano gli inquirenti, di finanziamenti alle testate locali di migliaia di euro, giustificati dalle motivazioni più varie. Che Franco Fiorito liquidava senza battere ciglio, sapendo forse che quel

finanziamento aveva il sapore della corruzione, ma gli garantiva la possibilità di gestire liberamente i conti del gruppo per le sue necessità personali, le macchine, le vacanze negli alberghi da vip, i vini da esperto sommelier e i ristoranti a cinque stelle. Era anche questo, sospettano adesso gli inquirenti, il patto segreto che legava la politica regionale del Pdl: un accordo che consentiva ai singoli consiglieri di «dire la loro» sulle testate on line dei propri collegi elettorali, nel viterbese o nel basso Lazio, in cambio del via libera ai piccoli ma frequentissimi prelievi personali di Fiorito, che era capogruppo e aveva le funzioni di tesoriere.
Ecco perché adesso l’indagine romana potrebbe arricchirsi con qualche elemento di un’altra inchiesta-fotocopia, già in stato avanzato alla procura di Viterbo. Nel fascicolo coordinato dal pm Massiliano Siddi, due cronisti di un quotidiano locale sono accusati di aver messo in atto una campagna stampa proprio contro Francesco Battistoni, mentre la testata otteneva un finanziamento dall’assessorato diretto da Angela Birindelli, compagna di partito di Battistoni e anche lei indagata. In una guerra interna che da tempo agita le acque del Pdl. E nelle fatture liquidate dallo stesso Fiorito, finite agli atti della procura di Roma, compaiono invece i pagamenti a una serie di testate on line della Tuscia, che molto spesso ha pubblicato interviste e pareri di Battistoni. Tre giorni fa, proprio su richiesta del capogruppo del Pdl, il pm viterbese ha chiesto alla Polizia stradale di sequestrare gli archivi telematici di un’altra testata web della Tuscia, diretta da uno dei cronisti indagati: diffondeva i documenti distribuiti da Fiorito contro il suo grande accusatore.
Ma dalla guerra di dossier che si è scatenata dopo la rottura di quel patto segreto, adesso viene fuori di tutto. Perché non c’era limite alle spese del gruppo parlamentare, e si potevano fatturare spese e servizi di ogni tipo. Così ai prelievi «a se medesimo», agli assegni con intestatari ignoti e alle carte di credito ricaricabili imputabili a Fiorito, fanno da contraltare le cene a sei zeri di Battistoni con i pranzi, le spese inspiegabili per i regali natalizi, le cravatte di Marinella, i servizi fotografici d’autore, le feste a Cinecittà con i costumi da antichi romani e, soprattutto, quelle fatture alle testate giornalistiche con motivazioni che sembrano insospettito gli investigatori. Ma andiamo con ordine.
Il controdossier di Fiorito. Riguarda spese che si riferiscono soprattutto al neocapogruppo e suo grande accusatore, Franco Battistoni. C’è l’associazione «Ruggiero Marino Lazzaroni», di Ronciglione (Viterbo) per la «promozione politica Pdl»: ottiene cinque bonifici per circa 50 mila euro. L’associazione «Newtuscia» (duemila euro per un banner pubblicitario), il «Nuovo Corriere Viterbese» (tremila euro: pubblicità iniziativa politica), «Tusciaweb» (ottomila per banner e redazionali), «Jamma srl», i «Funamboli Onair» (altri quattromila euro «per seguire le attività Pdl sul territorio»), «Associazione culturale Ipen» (duemila 499,99 euro). E ancora: 4.892 a «Medialive» per «servizi per il presidente della commissione agricoltura» (su alcuni siti web locali), due noleggi di auto (uno per un’ora e mezza: 128 euro), buoni benzina alla Ip, francobolli, una serie di pagamenti alla «Majakovskij Comunicazione» per circa 52 mila euro, il noleggio di una fotocopiatrice per 2.700 euro, computer, Blackberry, monitor, le agende del consiglio regionale (600 euro). E poi le cene, al «Pepenero» di Capodimonte, sul lago di Bolsena (dalle 16 alle 120 persone, per le quali sono state pagate conti dagli 800 ai 6 mila euro, ai ristoranti della zona, all’agriturismo «Villa Torriti», a «L’Antico Casale» di San Martino al Cimino (2.280 euro, 76 persone). La curiosità è che alcune di queste fatture, prima ancora di finire sul tavolo del magistrato, sono state smentite dagli stessi intestatari.
Il book fotografico da diva. Lo realizza per se stessa Veronica Cappellaro, eletta nel listino bloccato, che è una berlusconiana doc, oggi presidente della Commissione Cultura. A maggio 2011 chiama lo studio fotografico «Luxardo» di via del Gambero, uno dei più prestigiosi della Capitale, per una «ripresa fotografica». Costo della prestazione: mille e ottanta euro, regolarmente pagata da Fiorito. In più, anche per lei sono state liquidate una serie di ricevute per bar e ristoranti: «Pasqualino al Colosseo» per circa 7 mila euro e al «Bar Martini» sempre al Colosseo (cena sociale gruppo Pdl 8.800 euro).
Le gladiatrici sexy. Forse è lo spirito di emulazione per le serate di Arcore a motivare il vice capogruppo, Carlo De Romanis, che a marzo 2012 affitta il Teatro 10 e il set dell’Antica Roma a Cinecittà per il Natale di Roma del 21 aprile. È l’evento che Fiorito ha ribattezzato «quello con donnine nude in costumi romani» eppure paga senza batter ciglio una cifra da capogiro: 57 mila euro da versare in tre tranche. Scrivono gli uffici di Cinecittà: «L’evento prevede la presenza di un massimo di 1.500 persone». Sempre De Romanis ha chiesto il finanziato con 71 mila euro l’associazione «Giovani del Ppe». Gli incontri realizzati invece dal consigliere reatino Lidia Nobili dal titolo «La Regione incontra Rieti», sono costati oltre 150 mila euro al gruppo consiliare. Otto fatture vengono poi liquidate la società «Lallaria». Giancarlo Miele, un altro berlusconiano del listino, ha invece pagato a «Innovazione e territorio» più di 15 mila euro per una «campagna di promozione e sensibilizzazione dei giovani sullo sviluppo delle politiche giovani locali e regionali», mentre alla «Geco srl» per «gestione del portale web e comunicazione istituzionale», vengono pagate fatture per oltre 17mila.
Champagne a Natale. Lo stesso Miele, a fine dicembre 2010, fa spesa all’enoteca «Trucchi» di via Cavour: champagne «Taittinger» e «Paul Georg», Brunello, Primitivo, Satrico e Shiraz. Il totale fa 784 euro. Poi, alla vigilia di Natale, compra da Marinella dieci cravatte, una sciarpa, e alcuni porta documenti, totale mille e 200 euro. Tutto in contanti, in entrambi i casi. Andrea Bernaudo, eletto con la Lista Polverini, passa col Pdl. E, tra le varie fatture al gruppo, ne presenta alcune di «Ottavio», ristorante a Santa Croce in Gerusalemme. Cena a due, con ostriche francesi, crudi di pesce, moscardini, fragolino al sale, olio e pepe, vino Chardonnay: conto da 175 e 140 euro. Mentre Chiara Colosimo, per due convention (una all’Auditorium della Conciliazione, l’altra con il «Laboratorio di Comunità») ottiene 34 mila euro complessivi. In politica, come si dice, tutto ha un costo.

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