ROMA – Oggi, uno tra i più grandi album che hanno fatto la storia della musica, compie quarant’anni. Il primo marzo del 1973
usciva il capolavoro dei Pink Floyd, realizzato a pochi mesi dall’abbandono del gruppo di Syd Barrett, storico paroliere del gruppo. Tra i più venduti e i più iconograficamente significativi in ambito musicale, a fronte (retro) della riconoscibilissima copertina con prisma e il fascio di luce colorato d’arcobaleno. Quella copertina dice tutto del cuore enigmatico di questo album, in grado di accoglierti, abbracciarti per poi stravolgerti. Ti coccola con Breathe, poi ti schiaffeggia e ti chiede scusa nello stesso momento con Time, per poi farti commuovere con The Great Gig in The Sky.
La verità è che la portata storica di questo long playing è diventato anche un capolavoro per sentito dire. Dopodiché non si capisce nemmeno più quale sia la realtà dei fatti, dove stia il genio reale dei Pink Floyd, dove la mitizzazione, l’esaltazione mediatica. Sono quisquilie delle quali proprio oggi non ci si vuole preoccupare. Il gioco consigliato resta quello valido per ogni album, famoso o non celebre che sia, ma ugualmente bello: piazzarsi lì ed ascoltarlo. Anche se si potrebbe quasi scommettere sul fatto che l’operazione è stata già ampiamente portata a termine da molti.
