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Cosenza, Pierluigi Bersani sorseggia una birra in piazza e brinda alla rimonta

COSENZA – Zona piazza Riforma. L’altoparlante sistemato su una macchina chiama a raccolta il popolo di centrosinistra: “Alle ore 18, l’onorevole Pierluigi Bersani parlerà in piazza XI Settembre”. Come nel film di quarant’anni fa Non ci resta che piangere interpretato da Massimo Troisi e Roberto Benigni s’avverte la sensazione improvvisa di venire catapultati in un tempo lontano, quando le campagne elettorali erano “pop” e i social non esistevano. Presto l’auto si allontana. Il messaggio registrato si confonde col rumore di fondo della città e il presente riacquista forma.

Via Tagliamento è divisa in due da un palco piccolo e basso che non sembra avere troppe pretese. Quando mancano quindici minuti all’orario di inizio della manifestazione, le sette file di poltroncine nere sono ancora tutte vuote. Colpa forse di qualche goccia di pioggia che anticipa l’autunno. Un distinto signore sulla settantina impreca contro la moglie, come se la colpa del cattivo tempo fosse tutta sua: “Ma proprio oggi doveva piovere!” e insieme vanno a trovare riparo sotto la tettoia di un’edicola. Nell’area s’avverte l’odore forte del sigaro: a fumarlo però sono due funzionari in borghese della polizia. Bersani il suo, dopo l’ictus del 2014, non l’ha più acceso. Un raggio di sole squarcia le nuvole. I più audaci si fanno coraggio e, alla spicciolata, cominciano finalmente a prendere posto. Enza Bruno Bossio arriva con un fascio di fac-simile sotto al braccio. Perché, intenzioni programmatiche a parte, negli ultimi giorni di campagna elettorale alla gente bisogna soprattutto spiegare come si vota.

Pierluigi Bersani appare dal retropalco. Il suo sorriso autentico sembra quasi che lo preceda. Una giovane mamma gli si avvicina e chiede di fare una foto con lui. Il figlio adolescente della donna, senza troppa convinzione, immortala l’istante. Mentre una signora accalorata discetta della “rabbia costruttiva che ispirava le battaglie sassantottine”, Bersani più prosaicamente si dirige verso il tavolo di un bar. Al cameriere, stupito di trovarsi davanti un cliente tanto illustre, il politico emiliano ordina una birra. Sul vassoio preparato in tutta fretta ci sono pure la limonata di Vittorio Pecoraro e la gassosa al caffè di Nico Stumpo.

La compagnia ormai dissetata s’appresta a guadagnare il palco. Lungo il breve tragitto, però, è tutto un continuo di strette di mano e pose fotografiche più o meno riuscite. Bersani non sembra infastidito. La fedelissima (e biondissima) Chiara Geloni sbuffa: “E che, sono tutti maschi!”. Giuseppe Mazzuca torna con la mente al 2009, anno del primo congresso del partito democratico: “Ero il coordinatore della mozione Bersani. La sua candidatura fu presentata in un teatro romano. La canzone Un senso di Vasco Rossi era la colonna sonora scelta per l’occasione. Da quel momento – continua il presidente del consiglio comunale di Cosenza – Pierluigi è sempre rimasto nei nostri cuori”. Franz Caruso indossa una cravatta rossa. Si rivolge alla platea e dice convinto: “Bersani è venuto qui per portare la sua vicinanza alla nostra amministrazione comunale. Nella composizione delle liste il centrosinistra cosentino è riuscito a bloccare la calata degli Unni”. E rivendica per sé una fetta di merito: “Di questa classe dirigente faccio parte anch’io, visto che sono segretario del partito socialista oltre che sindaco”. Dev’essere stato a causa di questo sdoppiamento di ruoli che il primo cittadino, nel corso del suo intervento (parlando cioè da uomo di partito e non delle istituzioni) ha “dimenticato” di rivolgere un pensiero alla scomparsa di monsignor Nolè. Trattandosi di una manifestazione elettorale, sarebbe stato inopportuno? Forse, però.

Luigi Incarnato, altro socialista doc, se ne sta in piedi soddisfatto e a braccia conserte. Non pervenuto invece Carlo Guccione, almeno nelle prime file o a bordo palco. Intanto, Enza Bruno Bossio, energica e appassionata, confessa: “La mia avventura politica e parlamentare è iniziata con Pierluigi”. Quindi, a proposito del claim della campagna elettorale di Letta, mette tutti di fronte a una scelta: “Vogliamo il nero del fascismo oppure il rosso del riformismo, dei diritti civili e della giustizia sociale?”. Il rosso, le rispondono da sotto al palco.

Il candidato Vittorio Pecoraro si rivolge a Bersani chiamandolo ancora segretario e rievoca il ministro dei contadini calabresi Fausto Gullo. Nico Stumpo, che ha finalmente finito di torturarsi i denti con i cubetti di ghiaccio della bevanda consumata al bar, ripete (a proposito di tasse) una storica frase di Enrico Berlinguer: “Chi ha molto paghi molto, chi ha poco paghi poco, chi non ha niente non paghi niente”.  Un’ovazione accoglie il discorso di Bersani: “Dobbiamo rimontare e rimonteremo – suona quasi come il vincere e vinceremo di mussoliniana memoria – anche se abbiamo sbagliato a non stringere con i bulloni un’alleanza più larga”. E’ ora di andare, lo aspettano da un’altra parte. Ma che Bersani sarebbe senza una delle sue proverbiali battute? Allora, si congeda da Cosenza in questo modo: “Vedete cari miei, le promesse della destra sono reali come i maiali che hanno tutto prosciutto e niente grasso”. E giù, risate a go-go.

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