FIRMO (CS) – “Mamma tocco una pallina”. Sono queste le parole che scandiscono l’inizio dell’incubo per la famiglia Vaccaro. A pronunciarle è Raffaele, un ragazzino di 12 anni che, con mamma Vittoria e papà Nicolino, vive nel cuore montano della Calabria a pochi chilometri da Cosenza, nel piccolo comune di Firmo, che si rivelerà, in questa storia, popolato da gente dal cuore grande e solidale.
La tempesta all’orizzonte
La tempesta ha inizio il 24 maggio del 2021, quando Raffaele si accorge di una pallina tra il collo e clavicola. Ed è quello il primo campanello d’allarme per mamma Vittoria che, senza perdere tempo, porta “il piccolo” in visita dalla pediatra. La dottoressa non ha dubbi: “Raffaele ha dei linfonodi ingrossati. Serve un ecografia”. E’ stato quello, per la famiglia Vaccaro, il primo viaggio della speranza verso Cosenza. Loro, che pensavano di lasciare Firmo quell’anno, solo per recarsi ad un resort che Raffaele mesi addietro, aveva vinto durante una tombolata. Ma da lì a poco, la tempesta che era ancora all’orizzonte, si sarebbe abbattuta con forza e ferocia su quella famiglia piena d’amore.
L’ecografia non andò bene. Mamma Vittoria dovette comunicare a papà Nicolino che c’era qualcosa di sospetto. “Ero preoccupato perché, quando si tratta di tuo figlio, vorresti che tutto andasse bene – dice il padre a quicosenza – ma mai avrei pensato a qualcosa di così brutto. Raffaele stava bene non presentava cambiamenti nel suo stato di salute e questo ci rassicurava. Almeno fino a quel momento“.
“E’ una semplice infiammazione”
“Il tempo è denaro” come dice un antico detto e mai proverbio fu più azzeccato come in quel caso e la famiglia Vaccaro questo lo sapeva bene. Infatti, a pochi giorni da quella prima ecografia, Raffaele era già catapultato tra le corsie dell’Annunziata di Cosenza per approfondire quei linfonodi ingrossati. Dopo ore e ore di attesa il responso: “è una semplice infiammazione. Iniziamo l’antibiotico“.
Passa una settimana ma quella “pallina” non accenna a ridursi, anzi sembra ancora più grande. E quindi di corsa nuovamente in ospedale. “Cambiamo antibiotico” – dice la dottoressa a Vittoria e Nicolino. Questa scena si ripeterà come un boomerang per tre lunghe settimane senza alcun miglioramento o altro esame prescritto.
Dopo un mese Raffaele ripete l’ecografia e sono proprio le parole dell’ecografista “vedo qualcosa che non va” ad allarmare mamma e papà. Nicolino, Vittoria e Raffaele a quel punto vogliono vederci chiaro. Salgono in pediatria ma non trovano più la stessa dottoressa che per 3 settimane aveva seguito il figlio. Era in ferie. Al suo posto c’era una collega, ignara però, della storia clinica del 12enne.
“Vostro figlio sta bene. Guardatelo non ha nulla”; ma quelle parole non bastano a convincere la famiglia Vaccaro che da “profani” in materia medica suggeriscono alla dottoressa, in un mix di ansia e paura, di eseguire una Tac, per scongiurare qualsiasi cosa brutta. La risposta? “Ci possiamo organizzare”. Vittoria e Nicolino, dopo un mese di cambi di antibiotici, viaggi da Firmo a Cosenza, risposte vaghe e atteggiamenti superficiali non hanno più dubbi: “andiamo via da questa terra”.
“Non siete soli, non siete numeri”
Grazie ad un caro amico di famiglia, Raffaele nel giro di quattro giorni è a Genova all’ospedale pediatrico Gaslini con una sola grande missione nel cuore: combattere e sapere.
“Nostro figlio, al Gaslini, è stato rivoltato come un calzino – dice papà Nicolino – TC, risonanza magnetica, ecografie, PET e intervento”. Alla fine di estenuanti esami arriva, in pochi giorni, l’istologico. Non è un’infiammazione come dicevano a Cosenza: è il linfoma di Hodgkin. Un tumore rarissimo che in Italia colpisce circa 4 persone su 100.000 abitanti. Raffaele è al quarto stadio con metastasi al polmone. Un fulmine che dilania il cuore di una mamma e di un papà. Lacrime e paure.
“In un secondo mi è caduto il mondo addosso – dice mamma Vittoria -. Ho avuto una crisi di pianto disperato davanti ai medici. L’unica cosa che riuscivo a dire era: siamo soli. Come facciamo?”. Ma sola, questa famiglia, non era perchè al Gaslini Raffaele, Vittoria e Nicolino sono stati accolti, abbracciati, supportati, salvati. “Non siete soli, – hanno detto i medici – non siete numeri: ora siamo noi la vostra famiglia”.
In piena traversata
Alla diagnosi sono seguiti 6 durissimi cicli di chemioterapia. Sei mesi interminabili nei corridoi di quel luogo intriso di speranza, in cui le lacrime si mescolavano quotidianamente all’amore e ai sorrisi dei medici e di tutto lo staff sanitario. Mesi in cui, questa adorabile famiglia del Sud, ha dovuto combattere tra farmaci, caduta di capelli, pianti, forza e tanto coraggio per affrontare tutte le difficoltà connesse al ricovero di un figlio, che con tutto se stesso, si è aggrappato alla vita lontano dagli affetti cari e in una terra che non era casa, ma che poi lo è diventata.
Oggi Raffaele è tornato a Firmo. Ma cosa sarebbe successo se non fosse andato a Genova? se avesse dato fiducia a quella dottoressa? è accettabile la leggerezza quando è tuo figlio ad ammalarsi di cancro?
A Raffaele e a chi, come lui, è un ‘eroe senza mantello’
Raffaele con i suoi bellissimi occhi grandi e profondi, nonostante il calvario della malattia, è riuscito a finire la scuola con ottimi risultati. I prossimi mesi per lui, saranno scanditi da esami e controlli serrati, perché come dicono mamma e papà: “mai abbassare la guardia”. Il sogno di Raffaele è quello di diventare un designer di auto. Papà Nicolino invece vorrebbe diventasse un medico; bravo come uno di quelli che l’ha salvato.
Di una cosa noi siamo certi, qualsiasi cosa farà Raffaele, sentiremo ancora parlare di questo ragazzino prodigio.

