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La lite per un parcheggio, gli spari per strada. Falvo: “nessuno ha collaborato”

VIBO VALENTIA – Molti erano presenti ma nessuno ha aperto bocca. Il procuratore di Vibo, Camillo Falvo sottolinea proprio questo aspetto con amarezza: “Nessuno ha detto una parola e questa è una cosa grave, nessuno ha collaborato. Prenderemo seri provvedimenti anche su questo versante”. Tutto è nato da una banale lite per un parcheggio. Questo l’episodio scatenante che ha portato al ferimento a colpi di pistola di un 32enne, Domenico Catania, nella notte tra sabato e domenica scorsi, nei luoghi della movida di Vibo Valentia. La ‘ndrangheta pur non essendo la matrice del fatto di sangue, accomuna vittima e autore del gesto, e soprattutto determina l’omertà che ha caratterizzato le indagini.

A sparare, secondo l’accusa, è stato il ventenne Francesco Barbieri, di Pannaconi, frazione del comune di Cessaniti sottoposto a fermo dai carabinieri dopo che si è presentato spontaneamente in caserma accompagnato dal proprio avvocato Giuseppe Bagnato. Tentato omicidio e porto abusivo di arma clandestina le accuse contestate. Gli investigatori lo stavano già cercando dopo averlo individuato grazie ai filmati di una telecamera di sicurezza che ha ripreso tutta la scena.

Nelle immagini sono immortalate anche altre tre persone che si trovano insieme a Barbieri e Catania e alcune altre poco distante. Nessuno di loro ha aperto bocca con gli investigatori su quanto avvenuto, neanche il ferito. Ma dalle immagini si vede anche altro. Catania, dopo essere stato raggiunto al torace da un colpo di pistola, è riverso a terra in un vicolo con le gambe su una strada più ampia. Alcune auto passano, scansano le gambe del ferito ma nessuno si ferma a prestare soccorso o a chiamarlo, tanto che è lui stesso ad alzarsi a stento e ad allontanarsi. “È una cosa che mi amareggia tanto” è stato il commento del procuratore Falvo. Il ferito, ricoverato in prognosi riservata, é imputato nel processo “Rinascita Scott” alle cosche di ‘ndrangheta del vibonese che é in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme. Il suo presunto feritore è nipote di Giuseppe Accorinti, alias Peppone, ritenuto il boss del Poro e imputato nel processo Rinascita-Scott. Processo nel quale sono imputati anche il padre ed i fratelli di Barbieri con l’accusa di associazione mafiosa, così come la vittima.

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