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Antonella Veltri: «combattere la violenza alle donne? Partire dal cambiamento culturale»

La nuova presidente di “D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza”, la Rete nazionale dei Centri antiviolenza, Antonella Veltri è una donna in campo per le donne: si deve lavorare sul cambiamento culturale e sulla prevenzione

 

COSENZA – Antonella Veltri è tra le socie fondatrici di D.i.Re e già Consigliera nazionale per la regione Calabria e Vice Presidente della Rete. Come in ogni suo percorso, ha preso molto sul serio questo impegno e sente la responsabilità di questo incarico a livello nazionale: «mi inorgoglisce e deve inorgoglire tutti i calabresi e le calabresi, le cosentine e i cosentini. Sento il carico di questa responsabilità ma nello stesso tempo sono molto motivata nel portare del bene alle donne italiane e soprattutto alle donne della mia città, della mia terra».

«La rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re – spiega ai microfoni di Rlb – nasce formalmente nel 2008 a Roma con un atto costitutivo che ha riunito inizialmente 40 centri a livello nazionale. Dal 2008 ad oggi sono 80 le associazioni di donne che gestiscono centri antiviolenza su 18 regioni italiane, dal Trentino alla Sicilia organizzati per coordinamenti territoriali. E’ la più grande rete italiana che si occupa della violenza alle donne, governata da un regolamento e da uno statuto. E noi come centro antiviolenza Roberta Lanzino, siamo socie fondatrici della Rete, che inizia a riunirsi già da trent’anni a questa parte».

«Il cambiamento culturale»

Qual’è il muro più grande che si deve abbattere per frenare la violenza contro le donne? Per Antonella Veltri al primo posto c’è la necessità di un «cambiamento culturale. Noi pensiamo che non ci sia bisogno di interventi securitari, giustizialisti e basta. Il problema si può affrontare se si riconosce la natura del problema che è culturale e strutturale. D’altra parte lo dicono i trattati internazionali (la Convenzione di Istanbul, la Legge 119 dello Stato Italiano…) per cui il problema è intervenire nella prevenzione e non nel femminicidio e post femminicidio, semplicemente punendo i colpevoli. Il problema è evitare che questo accada e si evita con la formazione e potenziando i centri antiviolenza che fanno anche attività sociale e culturale sui territori con corsi di formazione, interventi culturali sul territorio. Su questo si deve organizzare un intervento governato e non improvvisato».

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Codice Rosso? «Le Procure sono intasate»

Il 9 agosto scorso è entrata in vigore la Legge 49 del 19 luglio 2019, meglio nota come Codice Rosso, che ha introdotto modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. «Penso che abbia introdotto misure che si rendevano necessarie come quelle sul Revenge Porn; in questo senso, va salutato come un provvedimento legislativo importante».

«Per il resto andrebbe affrontato diversamente e non solo invitando  le donne alla denuncia. Molte Procure sono intasate e se tutto è urgente nulla diventa urgente. I 3 giorni dati alle Procura per sentire una donna mettono la donna stessa in difficoltà e spesso nei nostri centri questo è stato rilevato in questo tempo seppur breve di applicazione del Codice Rosso».

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