Il collaboratore di giustizia si fa attendere in aula. Un malore lo porta in infermeria. In videoconferenza poi ritorna a sedere e non si sottrae alle domande dell’ufficio di Procura
COSENZA – Sembrava che l’udienza dovesse essere rinviata per il malore sopraggiunto al collaboratore di giustizia Foggetti, ma l’agente penitenziario conferma l’arrivo del pentito che dopo essersi seduto dichiara di non sentirsi bene e che in due mesi è dimagrito 20 chili “Ho perso 20 chili da quasi due mesi – dichiara Adolfo Foggetti -, non riesco a mangiare e vomito ma la clinica sanitaria dice che se non si abbassano i parametri non possono aiutarmi più del dovuto”
Foggetti poi dichiara “io vorrei rispondere ma sto male e non è che non voglio rispondere”; ma il collaboratore di giustizia non si sottrae alle domande della procura della Distrettuale Antimafia che gli chiede di raccontare la storia dell’appartenenza alla ‘ndrina cosentina e la formazione dei clan all’epoca. Foggetti risponde ma probabilmente per via del malore avvertito risulta confuso. Le uniche certezze della sua escussione sono non l’aver mai conosciuto Castiglia e avere appreso le notizie da Alfonsino Falbo che, la difesa di Castiglia rappresentata dall’avvocato Rossana Cribari ha chiesto di sentire. Nel caso specifico il Collegio si è riservato fino alla prossima udienza.
«Facevo parte della famiglia Bruni – bella bella- inizia il racconto Foggetti. Quando Bruni Michele é morto in carcere di tumore è uscito il fratello Luca che voleva assumere il potere e fu ucciso e io feci ritrovare il cadavere. Era reggente nella zona di Paola nel 2012. Poi è nata la nuova famiglia Rango – zingari. La mia esperienza criminale iniziò con la famiglia Bruni 2002 – 2003; conoscevo Michele, Fabio, Luca, Andrea Bruni e poi gli altri fratellastri Pasquale ed Eugenio. Bella bella venne ucciso vicino al carcere di via Popilia. Li frequentavo perchè Bella Bella aveva avuto una figlia con la sorella di mio padre.
Io con loro facevo estorsioni, droga, ho partecipato all’omicidio Marincolo, alle riunioni a Paola con Nella Serpe contrapposta ai Martello. Il gruppo criminale era su Cosenza e sulla zona di Paola. A Cosenza c’erano le famiglie che facevano parte Lanzino, Presta, Ruà, Perna. Infatti l’omicidio Marincolo era scaturito per una guerra in atto
Io ero più piccolo all’epoca, ma quando ero insieme a Michele Bruni, si diceva che Marincolo si doveva uccidere per l’omicidio del padre ed era stato fatto anche il tentato omicido De Rose per avere partecipato alla sparizione del corpo. Facevano parte tutti di Cosenza. Clan Perna Marco gestiva la droga tra Serra Spiga, San Vito con Alfonsino Falbo e altri personaggi: Musacco, Castiglia, Sandro Cozza».
CASTIGLIA E L’USURA
Foggetti parla dei Castiglia: «I Castiglia so che facevano usura per conto della famiglia Perna. Quando io ero fuori c’era Luisiano dal 2010 al 2012. Era successa anche una discussione perché pressava troppo al collaboratore di giustizia Roberto Calabrese. Era successo che avevano fatto sparare il fratello per questi soldi e poi erano stati chiamati per sistemare la situazione perché Calabrese era amico di Patitucci e “girava” soldi. Ma Castiglia ha intrapreso la sua strada per ricevere i soldi e poi è successo che Calabrese ha collaborato con la giustizia».
I FATTI APPRESI DA TERZI
«Questi fatti li appresi quando parlavamo tra i vari clan – dichiara Foggetti -, noi e il clan Rango – Zingari con Alfonsino Falbo; avevo parlato proprio con lui di questi fatti di Castiglia. Quando successero questi fatti c’era già la famiglia Rango – Zingari.
Io avevo rapporti anche con Francesco Patitucci. Quando sono uscito il 2010 dal carcere Michele Bruni mi ha detto che era stata fatta la pace e quindi c’era una unica bacinella e dovevamo dividere tutto. All’epoca erano latitanti sia Lanzino che Presta. E quel giorno che erano andati a parlare, nel pomeriggio tardi, erano stati fermati Patitucci, Sasà Aiello, Di Puppo Umberto e Bruni Michele uscito dalla porta secondaria del bar sotto casa di Patitucci. Bruni mi ha fatto stringere la mano con Patitucci dicendogli che ero un uomo suo ed era tutto apposto. Patitucci era quello che gestiva tutto e si doveva parlare con lui quando Presta e Lanzino erano latitante.
Tutte le estorsioni, droga e proventi illeciti erano nella bacinella e se scappavano le gaamebe a qualcuno che era stato arrestato lo stipendio al mese era di 1800 euro. Questo accordo era per le famiglie Patitucci, Lanzino presto, Presta, Ruà Bruni, la famiglia degli Zingari, tutti quanti noi. A Perna era stato concessa solo la droga per rispetto al padre. Falbo era la stessa cosa e le usure li dovevano girare a Castiglia.
Falbo con Perna non andavano molto d’accordo ma dovevano occuparsi della droga. Sulle usure di Di Puppo, Perna e in particolare Castiglia non riuscii a parlarne con Patitucci, arrestato nel 2011 prima dell’Immacolata. Di questi soldi dell’usura di Castiglia avevo trovato Alfonsino Falbo nel garage in via Panebianco. C’era successo un ammanco di soldi a Calabrese. Io so solo che facevano girare soldi ad usura e ogni tanto ci veniva data una percentuale. Ad un certo punto Calabrese è andato sotto. Tra i soldi che aveva in mano di Patitcci e Castiglia avrà avuto un grosso ammanco e poi Castiglia con i Perna rivolevano i soldi».
IL RIMPROVERO A CASTIGLIA DELLA GESTIONE CALABRESE
«Noi eravamo andati da Alfonsino Falbo e c’erano pure gli italiani che ci dicevano fate piano piano che questo può anche scappare e come infatti ha collaborato con la giustizia. Prima della collaborazione di Calabrese, Castiglia pensava di gestirlo ma poi non c’è riuscito. L’hanno messo con le spalle al muro a Calabrese. Nei dettagli non lo so ma si parlava che lo minacciavano sempre di rientrare con questi soldi. Andava a minacciarlo Luisiano Castiglia per avere i soldi. Queste notizie le sentivo sempre da Falbo. C’erano stati atti intimidatori ma non ricordo quali siano stati, ma gli hanno fatto avere tanta paura. Io Castiglia lo sentivo dire per Alfonsino Falbo, io non l’ho mai conosciuto».
Il legale di Castiglia, l’avvocato Rossana Cribari, in controesame chiede al collaboratore di giustizia di spiegare questo ammanco di soldi
«I soldi non c’erano. Gli avevano dato dei soldi da girare ad usura ma non riusciva a rientrare. So che doveva dare dei soldi che non erano rientrati. Poi non so che cosa abbia fatto Calabrese con i soldi. Calabrese doveva dare questi soldi a Luisiano» e poi sul contabile del gruppo «Facevo parte del gruppo Rango Zingari ed il contabile era Ettore Sottile. Noi fino al 2011 facevamo riferimento a Patitucci. Poi Michele Bruni muore a giugno 2011. Morto Michele sale Luca poi ucciso per le intercettazioni nel carcere di Lecce. In questa fase le cosche erano Patitucci Francesco, eravamo tutti uniti e la cosca era Rango zingari e il contabile era Ettore Sottile dalla parte loro c’era Robertino Porcaro».
Imputati, con rito ordinario, Luisiano Castiglia, Giovanni Guarasci, Danilo Magurno, Francesco Magurno, Ariosto e Francersco Mantuano, William Sacco. Per gli inquirenti della Distrettuale antimafia che portarono a termine il blitz nell’agosto del 2016 si parlava di un’organizzazione criminale responsabile di usura ed estorsione aggravate dalle modalità mafiose e tentato omicidio, in riferimento al caso del fratello di Roberto Violetta Calabrese vittima di un attentato all’interno dell’esercizio commerciale che all’epoca gestiva in via XXIV Maggio, a Cosenza.
Il collegio difensivo è rappresentato dagli avvocati Antonio Quintieri, Matteo Cristiani, Rossana Cribari, Pasquale Vaccaro, Pasquale Marzocchi, Amabile Cuscino e Renato Tocci.

