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Guardie mediche di Cosenza e provincia, ‘pericolose’ per dottori e pazienti

Una serie di paradossali episodi descrive la tragica realtà dei presidi sanitari sul territorio che non potendo offrire prestazioni adeguate riversano tutta l’utenza sul Pronto Soccorso dell’Annunziata

 

 

COSENZA – L’Asp di Cosenza gestisce 110 presidi di Guardia Medica. Di questi uno, quello di via delle Medaglie d’Oro, lavora con tre medici. Le altre sono postazioni ‘singole’ dove i dottori si ritrovano ad affrontare i turni di notte completamente soli, senza alcun dispositivo minimo di sicurezza (in più ambulatori manca finanche lo spioncino sulla porta) in locali spesso sporchi e con farmaci risicati. Sono in pochi a voler fare i turni in guardia medica, in tanti abbandonano. “Ho colleghe – spiega una dottoressa – che hanno scelto di non farlo più perché non le accompagna nessuno”. La carenza di personale è tale che per non lasciare la postazione scoperta e garantire la presenze di un medico tutte le notti dalle 20:00 alle 8:00 (e di giorno nei prefestivi/festivi) a volte i turni durano 36/48 ore. A dicembre scorso la carenza di medici ha costretto chi, per coscienza non voleva lasciare le postazioni scoperte, a fare anche dieci notti di fila.


LA SICUREZZA DEI MEDICI

Qualche esempio aiuta a capire l’incubo dei medici in guardia medica. A Rose c’è un portoncino che si sfonda con una lieve spallata e un vetro spaccato verosimilmente durante un tentativo di aggressione. A Roseto Capo Spulico una dottoressa solo grazie alla sua tenacia è riuscita a salvarsi dalle grinfie di un finto paziente che le aveva tappato la bocca con del cotone e stava per violentarla. A Mendicino anni fa un dottore è stato torturato per un’intera notte in stile ‘arancia meccanica’. “Di fatto – spiega una dottoressa – la sicurezza per noi è pari a zero, ovunque. Ci sono ambulatori così isolati che se urli non ti sentirà mai nessuno. In molte postazioni non abbiamo alcuna possibilità di vedere chi sta bussando, se si tratta di una persona alterata o armata.

 

 

Dobbiamo comunque aprire. Non possiamo rifiutarci di visitare un paziente o andare a fargli una visita domiciliare. Se ha problemi psichiatrici e va in escandescenza, non gliene si può fare una colpa. Non è lui che crea disagio, ma il sistema che non consente noi di lavorare in sicurezza”. Anzi. Paradossalmente le dottoresse che durante i turni di notte trovano una persona che sta al loro fianco: o sono punibili perché la retribuzione è in nero, o sono sanzionabili perché non potrebbe stare lì. Essere in due però significa che qualcuno può chiamare aiuto. C’è chi porta il marito, un parente. Chi paga di tasca propria un accompagnatore. Chi non può rischia. Le aggressioni inoltre non vengono considerate come rischio lavorativo, quindi infortunio sul lavoro, ed è il dottore in prima persona a doversi difendere legalmente.


L’INCOLUMITA’ DEI PAZIENTI

Diverse prestazioni nelle guardie mediche cosentine non possono essere eseguite per carenze igienico – sanitarie. La sporcizia non consente di poter fare delle medicazioni scongiurando il rischio di infezioni. C’è chi non si assume tali responsabilità e chi invece interviene e poi somministra dell’antibiotico al paziente. Eppure l’Asp di Cosenza paga regolarmente un’impresa privata per pulire le postazioni una volta a settimana. Il presidio più ‘sanificato’, ad occhio nudo, sembra essere quello di Arcavacata dove le pulizie vengono eseguite da una ditta pagata dall’Università della Calabria. Per il resto sono i medici più volenterosi, durante il proprio turno, a spolverare o rimuovere eventuali chiazze di sangue, vomito o i calcinacci che cadono dai muri. Nelle guardie mediche montane d’inverno inoltre il gelo mette a rischio la salute dei pazienti costretti a doversi spogliare al freddo. “Non abbiamo condizionatori – spiega uno dei sanitari che lavora nelle guardie mediche della provincia di Cosenza – . Per le ferite invece, potremmo mettere dei punti, ma non ci sono le condizioni igieniche adatte per farlo, gli attrezzi non sono sterili e l’Asp non fornisce bisturi monouso, dovremmo comprarli noi. Se tutto fosse sanificato riusciremmo a sgravare il Pronto Soccorso dal carico di utenti che siamo costretti a dirottare sull’Annunziata perché non ci sono le condizioni per intervenire nei nostri ambulatori”.

I FARMACI

A detta dei medici è difficile reperire anche la carta per i lettini delle visite in alcuni periodi. «Possiamo dare delle medicine ai pazienti – spiega una dottoressa – e quando mancano ordinarle alla farmacia territoriale. Ovviamente dobbiamo andarle poi a prenderle, pulire gli armadietti e sistemarle. Dipende dalla sensibilità del medico. In una guardia medica una volta ho trovato solo cotone e disinfettante. Alcuni colleghi non se ne preoccupano e lavorano con quello che hanno o arrivano, per assurdo, a chiudersi i farmaci a chiave ‘così non si consumano’. I ‘salvavita’ per le emergenza, per le crisi ipertensive, coliche renali, crisi respiratorie o shock anafilattico ci sono sempre. Se mancano è responsabilità del medico e nessuno rischia così tanto. Non tutti però sono disposti ad andare a prendere le fiale di Voltaren per alleviare eventuali mal di schiena, preferiscono prescriverlo. Sarà poi il paziente con la ricetta ad andare in farmacia, chiamare un infermiere privato e farsi fare la puntura. Ci sono anziani che vengono anche con le medicine in mano, non siamo tenuti a fare iniezioni, dovremmo gestire solo le urgenze e non somministrare terapie prescritte da altri medici. Però a me dispiace, non li mando mai via». Una pratica che in alcuni posti, come la postazione dell’Università ad Arcavacata, è espressamente vietata con un esplicito cartello. Chi fa una puntura ad un anziano, se viene scoperto rischia un severo reclamo.

 

LE POSTAZIONI PIU’ ‘PARTICOLARI’

Sembrerebbe che Castiglione Cosentino sia l’unica struttura della provincia di Cosenza nuova, pulita, con una stanza per dormire decorosa, maniglioni antipanico, vetri antisfondamento. A Roges il portoncino blindato è rotto, si chiude solo a chiave dall’interno per cui mentre il dottore visita il paziente resta aperto. A San Pietro in Guarano la porta è ridicola, aperta o meno non fa differenza. Castrolibero ha un’inferriata con vetro oscurato relativamente sicura, anche se poi la stanza delle visite al posto del muro esterno ha un vetro non infrangibile. In più Andreotta pare sia sul podio delle postazioni più ‘antigieniche’ con un ambulatorio fatto di ambienti sporchi (c’è chi dice di aver visto più volte scarafaggi). Il dottore di turno, guardandosi attorno, afferma “credo nulla sia a norma”. Nonostante ciò la stessa stanza viene usata al mattino per le visite ginecologiche. Cetraro e Torano competono con Castrolibero per quanto riguarda la mole di sporcizia. A Luzzi invece pare sianoo i medici stessi che spesso fanno la colletta per pagare le pulizie. Il bagno della guardia medica di Cosenza invece è maleodorante tanto quanto quello di un autogrill e il solaio è pericolante. Per quanto riguarda i comfort dei medici per riposare durante i lunghi turni hanno letti dismessi dagli ospedali con materassi sfondati e zeppi di urina. Ad Aprigliano ad alcuni è negli anni capitato di trovare escrementi di topi, ad altri di dover visitare e stare fino all’alba con solo la luce del cellulare perché non hanno accesso al contatore chiuso a chiave. Come si lavora in queste condizioni? “Siamo medici di guardia medica, siamo abituati a sopperire ad ogni emergenza”.

PER LA DIRIGENTE ASP “NON E’ VERO”

La dirigente che si occupa di coordinare le guardie mediche cosentine si chiama Silvana Pizzo. Preferisce non parlare della sicurezza nelle postazioni perché “non è vero che ci sono problemi e anche se ce ne fossero non è così che si risolvono”. Sulle scarse condizioni igienico sanitarie invece non ha dubbi: “E’ un’esagerazione dire che c’è sporco. Non mi garba che si parli delle criticità delle guardie mediche e denuncerò chiunque scriva qualcosa in merito”. Strano però che la dirigente Pizzo ignori la questione della sicurezza dei suoi dipendenti visto che l’Ordine dei Medici di Cosenza dal 2003 denuncia le anomalie e i rischi presenti nell’area urbana e nella provincia sollecitando l’Asp ad intervenire perché, recita una delle tante note protocollate: «Non si può continuare a lasciare le colleghe ed i colleghi sanitari in balia di chiunque, mettendo a repentaglio la loro via ogni notte». Intanto ad oggi i controlli dei Nas sono costanti sull’intero territorio con un lavoro certosino e capillare che pare abbia portato a muovere diversi rilievi sulle forniture farmacologiche, nonché criticità strutturali e negli arredi.

LA PROPOSTA

Guardie giurate, infermieri o telecamere. L’ideale, per i medici, sarebbe poter disporre di personale sanitario da integrare. Ciò consentirebbe di non lasciare scoperta la postazione in caso di visita domiciliare e di avere una mano d’aiuto durante prestazioni tipo la gestione di uno shock anafilattico, in cui basta perdere un minuto di tempo per far morire il paziente. L’alternativa più economica sarebbe quella delle videocamere di sorveglianza dove l’azienda privata che le gestisce può intervenire o chiamare le forze dell’ordine in caso di necessità. “Non è difficile risolvere il problema – afferma il presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza Eugenio Corcioni – basta avere la volontà di farlo. Certo la situazione è critica in tutta Italia dove negli ultimi anni sono 4 i colleghi uccisi tra Guardia Medica, Pronto Soccorso e Centri di Igiene Mentale. Ci sono indicazioni del Ministero dell’Interno e della Sanità in cui si consiglia di organizzare le postazioni di Continuità assistenziale in ambienti vicino ad uffici e/o servizi pubblici aperti già h 24. Ad esempio se la Guardia Medica viene messa al fianco di un commissariato di Polizia o di una caserma dei carabinieri il risultato della sicurezza si raggiunge a costi molto limitati.

 

 

Forse sarà scontento il proprietario dell’immobile se quest’ultimo era in fitto, e magari farà qualche pressione sul “politico” locale. Ed ancora, senza perdere il monte orario si potrebbe anche raddoppiare la presenza di medici accorpando alcune postazioni vicine e qui qualche difensore non del servizio, ma del campanile potrebbe protestare. Ogni soluzione razionale scontenta qualcuno, ma se il sistema si governa, migliorandolo e si spiega e si condivide un percorso nulla è impossibile.  Speriamo che i nuovi dirigenti abbiano la voglia ed il tempo di interessarsi di questo problema che rimane un importante servizio di prossimità al cittadino e spesso è l’unico presidio presente sul territorio. Ritornando al tema della violenza e della sicurezza  c’è da auspicare che in futuro, allorché, malgrado le attenzioni prima richiamate, si dovessero verificare nuovi episodi di violenza è utile che oltre all’Ordine che l’ha sempre fatto, al fianco degli operatori sanitari si costituisca parte civile anche l’azienda sanitaria: purtroppo non mi è noto un caso in cui l’azienda anche se richiesta l’ha mai fatto, nemmeno nel caso eclatante del collega di Diamante aggredito in conseguenza di una vaccinazione eseguita! Noi stiamo seguendo il caso con il nostro avvocato che ci ha fatto riconoscere parte civile: stiamo  svolgendo e facciamo a mio parere solo il nostro dovere».

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