Per ben tre volte Badije, 25 anni ha dichiarato tre momenti diversi in cui avrebbe abbandonato la fattoria e fatto ritorno presso il centro Santa Lucia. Per questo il giudice ha disposto una udienza in sede di supplemento istruttorio
Il 25enne risponde alle domande del Gip/Gup Santese e spiega nuovamente ciò che aveva dichiarato preceentemente ai carabinieri e all’avvocato ma spunta in aula una terza data in cui avrebbe smesso di lavorare. Come dichiarerà lo stesso giudice durante l’udienza “Oggi stiamo sentendo il teste perché in fase di indagini ha reso dichiarazioni divergenti quando è stato sentito dai carabinieri, successivamente dalla difesa perché si è costituito parte civile, e la divergenza riguarda il periodo in cui ha prestato l’attività lavorativa. Praticamente quando è stato sentito dai carabinieri di Camigliatello lui aveva detto di aver lavorato da agosto fino a metà ottobre. Mentre successivamente ha dichiarato di aver lavorarto da agosto fino a metà dicembre. Oggi ha dichiarato di aver lavorato lì fino al 4 novembre”.
Doudu viene sentito dall’avvocato Vittoria Bossio il giorno 27 gennaio 2017 per indagini difensive perché il 25enne si è costituito parte civile e alla difesa ha dichiarato di essere andato via non a metà ottobre come aveva dichiarato ai carabinieri ma il 15 dicembre. In aula dichiara al Gip Santese che dopo il 4 novembre alla fattoria è ancora tornato e spiega che alla data dichiarata all’avvocato Bossio in realtà avevano continuato a lavorare i suoi compagni perchè lui era già lui era già andato via. Spiega ancora Doudu in aula che quando lavoravano presso la fattoria oltre alla raccolta delle fragole e fragoline, tagliavano la legna, l’erba, si prendevano cura delle pecore e pulivano le stalle. In particolare ricorda che la raccolta delle fragole e fragoline continuava fino alle due e poi andavano a tagliare la legna. Dichiara ancora che dal 4 novembre fino al 15 dicembre, sette amici suoi erano alla fattoria e continuavano a lamentarsi perché gli veniva dato da mangiare una sola volta al giorno. Non venivano pagati regolarmente e accadeva più volte. Loro, dal 7 dicembre continuavano a chiamare Luciano a San Giovanni in Fiore perché li venisse a prendere perché non volevano stare più nella fattoria. “Faceva freddo e non avevamo abiti pesanti da indossare. Chiesi alla fattoria se ne avevano, ma erano tutti sporchi e usati, alcuni li lavammo, poi provammo a riscaldarci almeno con la legna”
Il pubblico minisetro Manzini focalizza le domande sui documenti di soggiorno e sul registro presenza. Il 25enne racconta che dei documenti si occupava il signor Eugenio. All’arrivo in Italia non aveva documenti con se. Dalla fermata di Cosenza Nord furono presi da Fulvio su un furgoncino e accompagnati a Camigliatello. Per il permesso di soggiorno racconta “a spese proprie sono arrivati a Cosenza dove Eugenio li ha accompagnati in questura per la foto segnalazione. E hanno rilasciato il permesso di soggiorno”. Ancora Doudu spiega che nessuno, “ne Fulvio, né Luciano, né il padre di Giampaolo e Fulvio hanno preso il suo permesso di soggiorno; che per iniziare a lavorare non aveva mai firmato nessun documento ma che solo una volta si ricorda di aver firmato una carta in cui diceva di non avere mai lavorato.
Per il registro di presenza il 25enne ha dichiarato che al cas a Santa Lucia, a Camigliatello (la casa picola), “Firmava ma non tutti i giorni. L’uomo non stava lì tutti i giorni. Quindi quando veniva firmava per tutti i giorni passati. Quest’uomo era Eugenio”. Infine ha descritto la casa nella fattoria di San Giovanni in Fiore e spiega che nella casa c’era il bagno, la cucina e il gas, e cucinava lui per i compagni
Ha risposto poi alle domande del collegio difensivo spiegando che “Quando gli amici l’hanno chiamato era il 7 dicembre e cominciavano a lamentarsi e gli chiedevano di dire a Luciano di andare a prenderli. Però io non ho chiesto se stavano lavorando – sottolinea il 25enne – e cosa stavano facendo perché io sapevo la situazione. Io ho deciso di andare a trovare Luciano ma non l’ho incontrato. Ho incontrato la moglie e gli operai, uno dei quali parlava inglese e gli ho detto di spiegare a Luciano che siamo esseri umani e non animali. Dato che la moglie aveva la bambina, gli ho chiesto come si sentirebbe se suo figlio si trovasse in queste condizioni”. Sulle modalità del pranzo ha poi spiegato “Pranzavano con pasta e riso. Fulvio – sottolinea Doudu – gli disse che dovevano lavorare la mattina; poi uno di loro doveva cucinare, portare il mangiare agli altri e poi ricominciare a lavorare. Alle 11 del mattino c’era la colazione con i biscotti e continuavano a lavorare fino all’una dove lui andava a cucinare e poteva anche cucinare alle due, alle tre. Per cucinare non c’era orario, solo per mangiare c’erano trenta minuti di pausa. Qualunque fosse l’orario di cucina erano trenta minuti di pausa per mangiare e poi riprendere a lavorare”. Dudu anche se cucinava doveva farlo in un tempo breve perché gli altri dovevano mangiare e procedere. Mentre a Santa Lucia portavano il cibo dal ristorante. “Nel periodo in cui lavorava da ottobre a novembre a San Giovanni in Fiore la mattina era notte e quando finivano era sempre buio. Fulvio in ottobre ci diceva di finire perché alle sei inizia a fare buio prima”.
Ha spiegato ancora che il 4 novembre andò via verso l’una. Non mangiava da quattro giorni e si era accusato il furto dei pomodori all’interno della struttura, serviti per mangiare insieme ai compagni, “nonostante ci avessero detto che potevamo prendere quello che volevamo”. Per questa motivazione dalla fattoria di San Giovanni in fiore fu rispedito a Camigliatello. Spiega di averlo detto ai carabinieri ma non sa se lo hanno scritto nel verbale (nel verbale questa dichiarazione non è riportata va notare la difesa di Serra Fulvio e Giampaolo). Doudu poi sottolinea che “Forse non si sono capiti” con i carabinieri quando hanno scritto nel verbale che aveva lavorato fino ametà ottobre.
LE ACCUSE
