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Annunziata, muore dopo quasi 72 ore di totale abbandono

Il dolore della famiglia. L’impotenza dei figli mentre assistevano all’agonia della madre che lamentava dolori atroci. E’ stata sottoposta solo a dialisi

 

COSENZA – Quando Rachele Funaro viene trasportata al Pronto soccorso il pomeriggio tardi di domenica scorsa, 18 febbraio, lamentava fortissimi dolori all’addome e alla gamba. La gravità della situazione è che per 21 ore è “stata abbandonata” su una barella del pronto soccorso. Una storia probabilmente di malasanità, questo potrà stabilirlo solo la giustizia, in cui non si è trovato un posto letto in dialisi, ma anche negli altri reparti. Dove non sono stati effettuati accertamenti, dove il paziente è triste dirlo, sembra non esistesse materialmente. Da un punto di vista medico, per la famiglia “è stata trattata nel peggior modo possibile”. Queste le parole di una famiglia dilaniata dal dolore, che si è vista sottrarre il bene prezioso di una madre senza poter far nulla per evitarlo. «Era un paziente complesso, legato all’età, al diabete, ma aveva delle energie vitali incredibili» sottolineano i figli. “C’è un vuoto di 48 ore dove non è stato fatto nessun accertamento – raccontano i familiari-. E’ stata solo mandata in dialisi per poi essere rispedita prima al pronto soccorso domenica sera e poi lunedì pomeriggio al reparto di medicina d’urgenza”.

Mercoledì pomeriggio si spegne dopo un’agonia di tre giorni una donna di 68 anni, madre del consigliere comunale Gisberto Spadafora. Le indiscrezioni corrono in fretta per i corridoi dell’Annunziata e per quelli della Procura. Da quest’ultima arriva la richiesta del sequestro della salma e delle cartelle cliniche. Cartelle cliniche che sono state acquisite dalla polizia giudiziaria nella mattinata odierna. La salma invece è stata posta sotto sequestro nell’immediatezza della sopravvenuta morte. In un primo momento le notizie sono molto approssimate: la donna giunge al pronto soccorso intorno alle 19 trasportata dall’ambulanza del 118 in codice rosso. Per i protocolli del triage il codice rosso è rischio imminente vita.

I familiari raccontano in sede di denuncia che la paziente è stata tenuta su una barella per 24 ore senza essere sottoposta ad una tac addome, una ecografia, senza che sia stato interpellato un gastroenterologo. Tanto è che muore dopo due giorni. Era una paziente da trasferire d’urgenza in terapia intensiva. Invece, in rianimazione viene trasferita nelle ultime ore prima dell’arresto cardiocircolatorio. «Dalle 19 di domenica fino alle 14.30 – 15 di lunedì. Quasi 21 ore senza nessun trattamento – ribadiscono i familiari-. Unico trattamento una sacca di sangue perché aveva l’emoglobina bassa. Lei era una dializzata. L’hanno mandata in dialisi d’urgenza alle 19 di domenica. L’operatore sanitario che era di turno ha dichiarato che i parametri erano tutti nella norma, ma non era così».

La paziente viene “rispedita” in pronto soccorso fino alle 14.30 del giorno dove viene riportata in dialisi. Termina la dialisi e si rendono conto che la situazione stava precipitando e viene trasferita in medicina d’urgenza. In medicina d’urgenza viene sottoposta solo ad un trattamento con antibiotici. «Martedì arrivano cinque primari tutti insieme con un numero non impreciso di infermieri che uscivano ed entravano dalla stanza, a porte chiuse, per circa due ore, fino a quando la sottopongono d’urgenza ad una tac (e la paziente era già in uno stato comatoso, anche se i medici hanno dichiarato ai familiari che l’avessero sedata), entra in sala operatoria, dalla sala operatoria alla rianimazione dove sopraggiunge la morte».

 

CODICE ROSSO: emergenza – indica un soggetto con almeno una delle funzioni vitali compromessa, che si trova in immediato pericolo di vita. Stato di shock, perdita di coscienza, respirazione interrotta, arresto cardiaco, emorragie e traumi molto gravi. Il Codice colore assegnato in fase di triage stabilisce la priorità da dare al paziente, in base alle sue condizioni. Ma queste priorità probabilmente non sono state rispettate perché una 68enne ha avuto solo il conforto dei figli, per 21 ore, tenendole la mano.

 

Ripercorriamo i fatti delle ultime 72 ore di vita della 68enne dopo la sua accettazione al Pronto soccorso per come hanno dichiarato i familiari in sede di denuncia

La donna entra in Pronto soccorso alle 19 con codice rosso, entra già gravissima lamentando forti dolori all’addome e all’inguine (successivamente scopriranno che all’inguine era presente una sacca di sangue di sette centimetri). Doveva andare d’urgenza alla dialisi. Alle 19.30 – 20 inizia la dialisi di domenica e dura due ore e mezzo. Il familiari parlano con il medico del reparto dialisi rappresentando che, secondo loro, la situazione non era delle migliori. Ma il medico respinge la teoria asserendo che i parametri fossero in via di recupero. Nonostante l’insistenza dei familiari di non far rientrare la madre in Pronto soccorso data la gravità della situazione, il medico ancora una volta risponde che doveva tornare in pronto soccorso anche perché non c’erano posti in dialisi. La donna viene “rispedita” in Pronto soccorso verso le 22 –  22.30 e ci rimane fino alle 14.30 del giorno dopo senza che le fosse praticato alcun trattamento. Il lunedì la rimandano di nuovo in dialisi dove rimane per circa altre due ore e mezzo. Qui si rendono conto che la situazione era già grave e viene trasferita in medicina d’urgenza. Qui la sottopongono ad un trattamento di antibiotici e plasma e si giunge alla sera del lunedì e fino al mattino seguente non le viene più praticato alcun trattamento sanitario.

Il martedì mattina i familiari arrivano alle 9. La situazione era ancora grave. E’ il figlio che, nel momento in cui entra in reparto, intorno alle 11 capisce che deve sollecitare i medici prima che la madre muoia. Richiama l’attenzione dei medici chiedendo il perché la madre fosse stata abbandonata in un letto senza che nessuno riuscisse ad aiutarla e soprattutto a capire cosa avesse. Dal reparto di medicina d’urgenza avevano richiesto un consulto da parte dello specialista di chirurgia vascolare. Consulto che ritardava ad arrivare. Il figlio, determinato a salvare la madre decide di andare direttamente dal primario della chirurgia vascolare. Al quale domanda anche il perché non fosse stato chiamato un gastroenterologo. Ed è in quel momento che il primario della chirurgia vascolare e quello della medicina d’urgenza entrano finalmente nella stanza della 68enne. Insieme a loro un gastroenterologo e una numero indefinito di infermieri.

La stanza rimane chiusa per circa due ore in cui c’è un andirivieni con sacche di sangue ed altro. La situazione stava precipitando. Arriva anche un anestesista, una rianimatrice e sedano la 68enne. Viene trasferita alla tac il martedì alle 14, 14.30. Quasi certamente, la 69enne stava scivolando verso la morte. Alle 15 esce dalla tac e la trasferiscono d’urgenza in sala operatoria. Alle 16 dalla sala operatoria la trasferiscono in rianimazione. Alle 18.30 – 19 un medico comunica ai familiari che la situazione è grave e sarà quasi impossibile che la paziente riesca a sopravvivere. Ha una gamba ischemica e la situazione è precipitata. Il giorno dopo (ieri ndc) muore con tre arresti cardiaci.

 

Entrata in codice rosso e abbandonata su una barella

«Ma il dato oggettivo è che ti entra una paziente in codice rosso in pronto soccorso che lamenta forti dolori all’addome e all’inguine una ecografia la devi fare? Una tac la devi fare? Un gastroenterologo lo vuoi chiamare?» Non ci è dato sapere se in ogni caso la donna si trovasse in uno stato sanitario che l’avrebbe portata in ogni caso alla morte, ma sarebbe dovuta essere stata comunque sottoposta ad una serie di analisi che di fatto non sono state avviate. Il nulla. «Mandata in dialisi, l’unica cosa che è stata eseguita. C’è un protocollo che anche quando la paziente è grave anche se non c’è posto nel reparto di dialisi deve essere trasferita in ogni caso in un reparto che possa garantire la presa in carico del paziente e le conseguenti applicazioni delle cure primarie che il Pronto soccorso non è stato in grado di garantire».

La paziente è rimasta in una stanza con 20 persone con le luce accese dove l’unico conforto che le è stato dato era la presenza dei figli che l’hanno tenuta sempre per mano. Il senso di impotenza più totale. E i figli sono testimoni oculari di un dato oggettivo: la paziente è entrato in codice rosso, di domenica senza fare nessun tipo di accertamento fino alle 14.30 dove è stata rinviata di nuovo in dialisi senza continuare a sottoporla a nessun tipo di accertamento. Il primo accertamento tac senza mezzi di contrasto è stata eseguita martedì alle 14 – 14.30. Due giorni per avere un accertamento che andava fatto immediatamente. A rappresentare il consigliere Spadafora è l’avvocato Massimiliano Coppa. Nella giornata di domani il pm dovrebbe affidare l’incarico al medico legale per eseguire l’autopsia sulla salma.

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