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“Laqueo”, i retroscena delle cosche svelati dal pentito Violetta

I sodalizi, la bacinella comune, l’usura e le estorsioni, i tassi d’interessi. Il collaboratore di giustizia racconta le unioni dei gruppi ‘ndranghetistici di Cosenza

 

COSENZA – Parla il pentito Roberto Violetta Calabrese, il collaboratore di giustizia che scoperchiò con le sue dichiarazioni un giro di estorsione ed usura a Cosenza, nel processo Laqueo in cui sono imputati Luisiano Castiglia, Giovanni Guarasci, Danilo Magurno, Francesco Magurno, Ariosto Francersco Mantuano, William Sacco. Rito abbreviato per sei imputati, mentre quattro posizioni, Francesco Modesto, Ermanna Costanzo, Domenico Fusinato e Gianfranco Bevilacqua, ancora sono in corso di approfondimenti Per gli inquirenti si tratta di un’organizzazione criminale responsabile di usura ed estorsione aggravate dalle modalità mafiose. Il provvedimento scaturì dall’esito delle risultanze investigative incentrate principalmente sulla raccolta e analisi delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Calabrese, grazie alle quali avrebbero documentato l’esistenza di un collaudato sistema usurario posto in essere da alcuni affiliati alle citate consorterie che, in totale accordo, utilizzando denaro della “bacinella” della ‘ndrangheta cosentina, avrebbero elargito rilevanti prestiti ad imprenditori in difficoltà economiche, prevalentemente del settore edile, con l’imposizione di tassi d’interesse sino al 30% mensile.

 

I rapporti delle cosche

In aula il pubblico ministero della Distrettuale De Bernardo ha posto una serie di domande al collaboratore di giustizia in collegamento da località protetta che ha redatto un primo quadro sui rapporti delle cosche all’epoca dei fatti. «Inizialmente (1999) ero vicino al gruppo Michele Bruni – “Bella bella”; successivamente, in tempo di guerra, io sono andato vicino a Luisiano Castiglia (2001 – 2002, il fratello Tonino, dal 2003 Luisiano). In quegli anni lavoravo, avevo qualche azienda di mia proprietà, una vetreria, ed ero vicino come amicizia con Michele. Successo l’omicidio del papà, ognuno ha preso la sua strada. Io sono andato al nord perché mi volevano uccidere insieme a Michele, perché pensavano che fossi con loro.

L’anno che sono andato via era il 1999 – 2000. Michele Bruni su Cosenza era con gli zingari dopo l’omicidio del padre. Inizialmente gli zingari erano con Patitucci, Lanzino e gli altri. Poi con gli zingari hanno rotto per via di soldi ecc., e si sono uniti con Bruni per fare un gruppo mafioso più forte a livello di estorsioni. Castiglia fine 2002, inizio 2003, fino ad un certo punto siamo stati insieme, collaboravamo con l’usura. Dal 2006 entrò a far parte con il gruppo Michele Bruni, Patitucci – Castiglia e poi Musacco. Castiglia Luisiano e Mario Musacco erano il nuovo gruppo. Precedentemente erano Castiglia Pezzullo. Si operava su tutta la città di Cosenza e si operava insieme. Tutti portavano nella bacinella comune. Ognuno utilizzava la propria bacinella; non si potevano vedere tutti i giorni per portare gli incassi che avevano fatto. Si vedevamo una volta al mese e portavano quello che avevano già incassato.

 

La bacinella comune.

Il gruppo era composto da Tonino e Luisiano Castiglia, Pezzullo, i fratelli Chiodo, il genero di Franchino Perna, Falvo, quello di San Vito, Patitucci, erano una marea, tutti i nomi non me li ricordo. La loro storia dovevano accaparrarsi tuti gli zingari e avevano paura che Michele Bruni e il padre “Bella, bella”, Antonio Senza potevano mettersi vicino. Allora Lanzino e company questo gruppo se lo sono portato verso di loro perché in quel periodo c’erano le estorsioni sull’autostrada. Questa bacinella viveva con i soldi dell’estorsione che facevano il gruppo di Castiglia, di Patitucci e quello degli ultimi tempi di Michele Bruni. Raccolto tutti i soldi ogni fine mese si incontravano per portare quello che era l’incasso avuto, i soldi dell’estorsione e dell’usura.

I soldi che aveva incassato Castiglia portava quello che erano gli assegno cambiati e i contanti che aveva raccolta. Così lo stesso Patitucci e Michele Bruni. Si toglievano tutte le spese e venivano pagati tutti i soldi che restavano erano gli assegni che magari Castiglia o Patitucci avevano prestato ad altre persone. Erano tutti a conoscenza dei soldi che venivano prestati. Eravamo nel 2006 nel mese di agosto mi fermò Michele Bruni chiedendomi una cortesia. Rimproverandomi che ero vicino a Luisiano Castiglia “T’ho sempre voluto bene, avissa dovutu rimana vicinu a mia” ed io “Michè s’era rimastu vicina a tia era mortu puru iu”, parlandoci con chiarezza. Oltre tuo padre a Tonino Sena e a te volevano pure a me. Dimmi che ti serve. “M’ha di fa na cortesia. Tu non lo sai, Castiglia chi ta dittu di sordi cà pristatu a tia” “Castiglia m ha dittu: ogni qualvolta ca vena nu cliente da te, me lo devi far conoscere che partecipo pure io e viceversa”.

Dal 2003 mi ha avvicinato Luisiano Castiglia perché lui sapeva che ero amico di Tonino, del fratello. Mi ha avvicinato con l’intento di potere fare operazioni ad usura. Nulla togliendo agli altri e l’ho pure dichiarato ai pm, me la cavo bene con l’usura, non ho mai maltrattato. Quando mi accorgevo che la persona non poteva pagare più, io lo mettevo a rientro del capitale senza fargli pagare più interessi. Io a Castiglia l’avevo detto. Il denaro era mio quando li mettevo di tasca mia e Castiglia metteva i suoi. Con Michele Bruni eravamo rimasti d’accordo nel 2006 che gli dovevo annotare i soldi che lui prestava ad usura. Quello che tu fai con lui e i soldi che presti tu non mi interessa niente, ma quelli che lui presta a chiunque con te me li devi annotare perché dalla bacinella sono mancati soldi e non vorrei che spariscono di nuovo soldi, che mi dicono che abbiamo perso soldi con qualche cliente. Invece tu me li segni. Quando Castiglia ha saputo questo, verso l’ultimo, lui voleva che alcuni nomi andavano tolti dalla rubrica. Per questo motivo lui ha iniziato a farmi la guerra.

La bacinella andò in vigore dal 2003 – 2004 quando venne Patitucci, precisa la data non me la ricordo. Patitucci andò alla lavanderia di Luisiano Castiglia, ad invitarlo a mettersi insieme nel gruppo “riuniamoci e quello che intaschiamo e quello che possiamo fare ancora a livello di estorsione lo facciamo tutti insieme”. Castiglia mi chiese se ne volessi far parte. Io risposi che “non volevo far parte di niente. La mia mano me la sono sempre guardata bene”.

 

La contabilità

Io ho iniziato nel 2006 a tenergli la contabilità a Michele. Tutte le operazioni che facevano loro. Per non sbagliare scrivevo le cifre e le persone che eravamo. Poi Castiglia da questa rubrica voleva che tirassi fuori alcuni nomi. La bacinella la teneva Castiglia lui era il responsabile di questi soldi. Non c’era uno che decideva, non c’era una logica. C’era una decisione in comune, al bisogno!

Cannella è stato il primo episodio che ho fatto con Castiglia. Era il 2003, 2004, 2005. Ci siamo incontrati al campo del Cosenza Calcio. Mi è stato presentato da S.F. e A.A. Lo conoscevo di vista. Poi S.F. mi dice che cannella aveva bisogno di soldi. Nel contempo mi chiamava E.R. per andare ad un esercizio commerciale perché c’era un suo amico che aveva bisogno di un intervento. E lì trovai Francesco Cannella. Io dissi “io la posso fare l’operazione però c’è l’altra persona che devi conoscere” e l’ho portato a far conoscere a Castiglia alla lavanderia. Da lì è iniziata l’operazione con tutti, sempre in collegamento Castiglia –  bacinella – e genero e io.

Nel verbale del 5 giugno 2013 a memoria: “ho continuato a consegnare danaro in prestito a E.R., fino al giugno 2004; dal 2002 in poi E.R. fungeva da intermediario usuraio nei confronti di Francesco Cannella, nel senso che consegnavo del denaro a 7.5% al mese che a sua volta lo consegnava a Cannella al tasso del 10% al mese. “Con Cannella ci sono stati più episodi e con tutti quanti gli altri”.  E.R. guadagnava e lo stesso rispondeva se Cannella non me li avesse dati. 100 euro andavano a E.R. e il resto io.

Sempre nel verbale del 5 giugno: Nel 2004 si decide che l’usura si doveva gestire dalla bacinella. All’epoca vantavo da E.R. un credito di 65mila euro, il cui capitale era stato erogato da me e da un’altra persona. La prima cosa che faccio è dichiarare alla bacinella l’ammontare del credito. “Tutti i soldi che iniziano a prestarsi sono stati con Luisiano Castiglia e tutto il gruppo; significa che Castiglia di quei soldi che teneva nella bacinella doveva portare l’utile ai suoi amici. Come io mi prendevo il mio utile, lui si prendeva il suo”. “Sui soldi che davamo c’era una corrispondenza su 50 mila euro, 4 mila euro al mese che poi venivano ripartiti a secondo di chi ne aveva messo di più e chi in meno”. “Io partecipavo per me. Veniva la persona X, 10mila euro. Io davo 2500 euro e 7500 glieli dava Castiglia. La persona X doveva restituire al mese mille. A me ne tornavano 250 e 750 a Castiglia”.

 

Le minacce di Castiglia

Castiglia non poteva dire più niente. Perché era stato estromesso dalla così detta malavita. Li hanno messi da parte. Non si trovavano mai con i soldi, parliamoci chiaro, Non trovandosi con i soldi lo hanno estromesso. Patitucci ha preso il sopravvento e volle entrare perché sapeva benissimo che Modesto faceva parte dell’usura e mi diceva “chissu tena contratti a novi zeri e si piglia l’usura c’avissa di toccari a nua. Parlatici vui”. Se iddru mi dicia a s’operazioni mintimuci puru a Francescu non potevo esimermi a dire no – riprende Calabrese-. Pure che guadagnavo di meno non mi interessava perché potevo stare tranquillo.

Le minacce sono subentrate quando il –Castiglia non volendo dire che i soldi che mancavano all’incasso del palazzo (…) se li era spesi a casa sua ha detto che me li ero rubati io. Tenendo presente che contabilità e soldi li aveva l’ingegnere X. Le minacce erano velate, mi diceva che non se la sarebbe presa con me ma con i miei familiari, perché lui voleva che io mettessi le mani in tasca e pagare quei soldi che lui si era preso per casa sua. Le minacce velate sono arrivate una prima sera quando hanno sparato a mio fratello al negozio di via XXIV maggio e la seconda quando hanno tentato di uccidere mio fratello a via XXIV maggio insieme a mio padre. Le minacce velate sono avvenute prima e le sparatorie dopo.

Una sparatoria avvenne nel 2012 e poi quando ero in presenza del magistrato il 4 marzo del 2013 bloccarono tutto per dirmi che avevano sparato a mio fratello. Dissi “Andiamo avanti, ormai sono venuto per questo. Hai iniziato, come inizio finisco”. Ho iniziato a collaborare con la giustizia quando Luisiano Castiglia mi mandò il genero di franchino Perna e altre persone perché voleva che io pagassi alcuni debito che non avevo fatto, ne soldi avevo preso. Gli spiegai chi si era preso i soldi, gli facevo osservare che i soldi che lui diceva mancassero erano soldi spesi a casa sua. Nel verbale dichiara: “Sono arrivato a intraprendere questa scelta perché a mia volta sono sotto usura e ho subito sopprusi da parte di Castiglia.

A dicembre dell’anno scorso qualcuno ha sparato alla saracinesca di mio fratello per cui ho preso questa decisione.”. Mi sono rivolto a un amico di allora, a zio Renato che mi disse che erano andati a sparare per ordine di Castiglia. Allorchè le minacce velate cominciano ad avere un’altra risposta. Se minacciava me da un orecchio mi entrava e dall’altro mi usciva. Quando ho sentito che le minacce erano dirette ai miei familiari, a quel punto non potevo combattere una guerra con lui, mi dovevo guardare da più fronti.

 

La conoscenza dell’imprenditore Cannella

Erano rapporti amichevoli e di usura che sono iniziati. Castiglia lo chiamò una mattina per farsi fare un preventivo dei lavori da eseguire alla lavanderia. Cannella ha iniziato i lavori con lo sbancamento e adoperando tutto quello che era in suo possesso, ruspe, camion, cemento, mattoni, che mandava E.R.. Franco Cannella per tutto il lavoro svolto, compreso la copertura del tetto, non ha percepito neanche una lira; ha percepito solo che ha fatto tutto il lavoro gratis. Cannella mi fece osservare se doveva pagare l’interesse più il capitale; risponde Castiglia che era vicino a me “ohi Fra se ti servono soldi in prestito siccome non sono tutti miei ci sono altre persone, chiri su na cosa, u lavuru e n’atro. E il lavoro, mo che ho fatto una pratica per un finanziamento ti pago”.

Stesso discorso lo ha fatto a chi ha lavorato sull’impianto elettrico. E in questo caso ha preteso la fattura. Intorno 2004 – 2005 Cannella pagava 2300 euro al mese (per 12, 13 mesi) per un credito di 23mila euro e Cannella si adoperò all’ampiamento della lavanderia. Per gli scarichi delle acque ho chiamato le persone che erano anche sotto usura. Dopo di chè A.A. chiese un prestito di 25mila euro lo chiese in presenza mia e di Luisiano Castiglia. Mi disse “Robè, mi servirebbe un prestito di 25mila euro”. Luisiano fece cenno con la testa che andava bene e facemmo l’operazione. Tutti pensavano di essere pagati a fine lavoro, ma nessuno vide i soldi. Cannella aveva timore di Castoiglia perché sapeva che era dell’ambiente. Luisiano Castiglia quando si rapportava con Cannella non lo faceva mai con il sorriso. Camminava sempre mantenendolo rigido, un po’ distante per non fare riunione.

Lui diceva “si piglianu cunfidenza e ritardano nei pagamenti che devono fare quando nasce troppa amicizia”. E in questo non aveva torto. Nel 2008 – 2009, non ricordo, quando Modesto è stato comprato dalla Regina (per far capire l’episodio) Luisiano Castiglia mi chiamò per parlare con Cannella. Siccome ho dato questi scantinati a Francesco e deve realizzare un appartamento per casa sua. Sono andato da Cannella “Se Francesco deve fare l’appartamento non ci sono problemi, vado io”. Cannella mi voleva mangiare perché ancora doveva essere pagato da Castiglia. Gli dissi deve fare casa Modesto. E siccome mi disse che se la vedeva Francesco, non c’erano problemi. Quindi con Cannella siamo andati sul posto. Da lì a 4 giorni manda una squadra a demolire tutti i muri di quelli che dovevano essere demoliti e in più c’era umidità e ha messo il vespaio quasi vicino le fondamenta. Sempre tutto questo a spese di Cannella. Però non si parlava di soldi.

Un giorno c’era persino Modesto che era venuto da Reggio. A.A. che era sotto di svariati milioni di euro non ha potuto dire di no. E come Cannella anche lui non era stato pagato per i lavori alla lavanderia. E’ venuto a casa di Modesto ha eseguito i lavori di scarico, caldaia e quant’altro, materiale tipo intonaco. Dopo i lavori, A.A. e Cannella vengono alla carica. Il primo vuole prestato 20 o 25 mila euro che glieli ha dati solo Castiglia a titolo di usura. Questi soldi sono stati prelevati da un conto corrente di Francesco Modesto alla Banca popolare di Rende e 25mila euro a Cannella e rientra di nuovo nell’operazione usura Castiglia e Modesto. Mi ricordo che è andato il figlio di Castiglia a prelevare questi soldi e li ha portati al padre e il padre li ha dati ai due richiedenti. I soldi sono stati consegnati davanti a me, eravamo alle spalle della porta d’ingresso della casa di Modesto. L’ha chiamato da parte e Castiglia ha dato i soldi. Eravamo invia Gergeri a casa di Castiglia. Io ero a fianco a lui. Doveva restituirli a duemila euro al mese. Gli aveva fatto un trattamento speciale visti i lavori fatti a casa di Modesto.

 

La conoscenza di Modesto

Modesto l’ho conosciuto a casa di Luisiano Castiglia dove aveva la residenza personale da Crotone in via –Gergeri. Lui era fidanzato con la figlia di Castiglia. Sono stato all’addio al celibato, al loro matrimonio, al battesimo dei figli». Alla domanda dell’accusa di spiegare la consapevolezza da parte del Calabrese sui soldi che Modesto avrebbe utilizzato. «I soldi che venivano erogati da Modesto Francesco erano soldi che lui era a conoscenza che questi soldi venivano investiti anche da parte sua; li investiva il suocero Luisiano Castiglia». Che cosa sapeva Modesto domanda l’accusa. «Sapeva tutto Francesco, era a conoscenza di tutto. Non ha mai chiesto. C’è un documento che parla chiaro scritto dall’ingegnere X. Avevamo due contabilità, quella a nero e quella normale. E a nero è scritto Castiglia  – Modesto, con bonifico fatto in precedenza». Quindi questa consapevolezza era riferita agli episodi dei tre “clienti”? -continua l’accusa- «quando è stata fatta questa operazioni sono stati prelevati dal conto di Modesto dalla Banca popolare di Bari sono stati erogati 35mila euro per uno dei tre clienti. Era tutto segnato nella contabilità che tenevo. C’erano due contabilità anche in questo. Oltre alla contabilità che mi chiedeva Michelle Bruni c’era quella che avevo con Castiglia. Lui stesso mi chiedeva di tenere la contabilità perché molte volte non si ricordava tutti i movimenti fatti. Siccome c’ero pure io in quei clienti. Dove lui perdeva la persona e i soldi investiti, siccome c’ero anche io con altri soldi miei glielo ricordavo. E glieli segnavo a lui e li segnavo per me. C’erano i soldi che andavano pure a Modesto. Castiglia voleva che il nome del genero venisse tolto dalla rubrica. Un nome del genere non doveva andare avanti perché Francesco era un giocatore e doveva giocare. E allora gli ho detto io: se era un giocatore che doveva giocare non lo dovevi inserire in questa operazione». Qualcuno le ha mai chiesto di visionare la contabilità in cui c’era scritto il nome di Modesto? – rincalza l’accusa «Solo Michele Bruni me l’aveva chiesto prima che l’arrestassero nel 2008 – 2009. “Non gli bastano i soldi che guadagna giocando, pure questi devono guadagnare – diceva Bruni”. Patitucci me lo chiese in modo diverso, eravamo in ufficio da lui a città 2000 “Compà però i sordi Modesto sa di guadagnari curu palluni, no cu l’usura. All’usura ci simu nua, aru palluni c’è lui”. Modesto non può guadagnare due volte ma una sola volta. Già guadagna bene, una cifra a nove zeri per come ne sento parlare al suocero».

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