Apocalisse, controesame del pentito Pellicori. racconta della fuga, della droga proveniente dall’Albania e da Milano e di quella che entrava in carcere
COSENZA – Ho partecipato a vari atti intimidatori tra cui l’autocompattatore di Ecologia Oggi. L’udienza del processo Apocalisse termina con il controesame del collegio difensivo del pentito Luca Pellicori, uno degli ultimi collaboratori di giustizia che ha puntato il dito contro il “capo” Marco Perna, secondo gli inquirenti boss della cosca dominante in città per lo spaccio dello stupefacente. Il collaboratore di giustizia ha risposto alle domande della difesa sulla base delle dichiarazioni rilasciate al momento dell’inizio della sua collaborazione con la Dda e riportati nei verbali e anche sulla scorta dell’esame sostenuto in aula nella scorsa udienza. Durante il controesame racconta dell’incendio dell’autocompattatore di Ecologia Oggi. “Sono stati usati dei fucili a pompa, un mitra e due pistole. Non è stato esploso nessun colpo. Sull’autocompattatore c erano due persone. Hanno lasciato l’autocompattatore e sono andati via. Abbiamo intimato di scendere. Le modalità dell’incendio con una tanica di 5 litri di benzina messa dietro e nella cabina davanti e l’abbiamo incendiata”
La fuga e il timore di essere in pericolo di vita
Pellicori risponde alle domande della difesa di Perna, gli avvocati Cinnante e Quintieri. Racconta della sua decisione di consegnarsi ai carabinieri. Pellicori prese la decisione la sera del 13 aprile del 2014 dopo una lite con la compagna. La donna aveva dimenticato il telefono e Pellicori aveva scoperto qualcosa che lo ha fatto temere per la propria vita. Nonostante questo avrebbe provato l’approccio con la compagna ma il suo comportamento ostile lo ha convinto ad andare via. Racconta di un morso ricevuto alla mano dove stringeva il cellulare e di una busta di droga che qualcuno aveva lasciato a casa sua e che aveva deciso di portare via per non essere incastrato. La busta la nascoste nel giardino di uno dei presunti affiliati alla cosca, per poi correre a casa di Tripodi e farsi aiutare a distruggere il braccialetto elettronico che teneva a casa. Successivamente ha deciso di costituirsi e parlare con il maresciallo Parisi.
Droga dall’Albania e da Milano
Parla poi della droga che dall’Albania arrivava sulle coste di Cirò marina e su quella che entrava in carcere durante il periodo di detenzione. “Arrivavano dei gommoni a Cirò Marina. Poi si spostavano sempre di zona. Noi aspettavamo con dei furgoni. Loro la lasciavano in mare. Un giorno c’era il mare agitato e abbiamo perso lo stupefacente. Abbiamo lasciato perdere una balla, 50 chili di erba. Avevamo un furgono. O c’ero io, o pasquale Francavilla, o Giuseppe Chiappetta ritiravano mano mano. Lo stupefacente arrivava di notte. Scaricavano e lo prendevamo quasi dalla riva. A quindi metri di distanza dalla riva. Io andavo, caricavo, l’erba era tutta pressata, sottovuoto. Era un carico di 200 chili diviso in balle da 50 chili. Portavamo anche delle cambiate e ci cambiavamo nel furgone. Più o meno l’ultimo periodo dello sbarco era fine agosto, i primi di settembre 2014, poi c’hanno arrestato e sono rimasti solo 100 chili di erba. Io in Albania non sono mai stato”. E poi c’era la droga che arrivava da Milano. “Pullman di linea da Milano. Facevamo partire Ernesto Mele da Cosenza e da Milano se ne scendeva di nuovo a Cosenza, alle autolinee. Io non sono mai andato in pullman a Milano. Non ho fatto mai viaggi per il trasporto di stupefacente ma sono andato a recuperarla all’autostazione e recuperavo anche Mele. Con l’autobus c’era una portata di due borsone di 40 chili ognuno di marijuana”.
