Il perito della Procura ricostruisce i momenti caldi della morte di Edda Costabile e la figlia Ida Attanasio. A sparare la quasi certezza di una Beretta 84 BB o F calibro 9.
COSENZA – Ancora un altro perito da parte della Procura per analizzare le parti salienti dell‘omicidio di due donne Edda Costabile e la figlia Ida Attanasio, rispettivamente mamma e sorella di Francesco Attanasio trucidate a colpi di pistola, il 30 ottobre 2016 mentre erano al cimitero di San Lorenzo del Vallo. Ad essere accusato Luigi Galizia, fratello di Damiano, 31 anni, ucciso da Francesco Attanasio il 26aprile del 2016. Galizia deve rispondere di duplice omicidio aggravato da futili motivi, porto e detenzione illegale di arma. L’imputato è difeso dagli avvocati Francesco Boccia e Cesare Badolato. Francesco Attanasio costituitosi parte civile è rappresentato dall’avvocato Giuseppe Francesco Formica, mentre l’avvocato Antonio Ingrosso rappresenta i familiari delle vittime
La Corte presieduta dal giudice Giovanni Garofalo ha ascoltato il consulente tecnico Barbaro, chiamato dalla Procura di Castrovillari nelle primissime ore del 30 ottobre per effettuare un sopralluogo dopo l’omicidio delle due donne all’interno del cimitero di San Lorenzo del Vallo. Alle 14 dello stesso giorno sottopose i due corpi ad esame autoptico. Subito dopo gli è stato conferito l’incarico di periziare le tre autovetture in uso alla famiglia Galizia, l’abitazione nella quale Luigi si è nascosto per alcuni giorni, la compatibilità dei bossoli ritrovati sul luogo dell’omicidio con le armi rinvenute ad aprile del 2016. Il perito anche con l’aiuto di un video ha illustrato i movimenti che avrebbe compiuto l’assassino durante l’omicidio; una proiezione con il percorso effettuato dalle vittime. La Costabile rimane all’esterno, la figli cerca di fuggire scavalcando il muretto. Ed è lì che perde una scarpa. Quattro i colpi esplosi verso di lei: uno al capotto che indossava, due alla spalla e uno alla testa.
Durante la sparatoria l’assassino avrebbe scarrellato l’arma, 12 cartucce. Da un attenta perizia per il consulente tecnico l’arma utilizzata potrebbe essere una Beretta calibro 9 corta o 9×17 . Questo sulla base delle caratteristiche dei proiettili. Uno di questi era conficcato nella cappella difronte a quella della famiglia Attanasio. La vittima aveva una ferita di difesa alla mano destra perchè aveva cercato di parare il colpo. La madre Costabile aveva la dentiera che,cadendo, si è profusa. Una volta uccisa la Costabile l’assassino gira attorno alla cappella e vede l’altra vittima, l’Attanasio passare e spara, colpendo l’ingresso. Vicino alla cappello ha esploso tre colpi e poi quello di grazia. Il perito ha realizzato due percorsi, uno fatto dall’omicida e l’altro dall’Attanasio nel tentativo di fuga. Entrambi portano nel punto dove è stato trovato il cadavere della Costabile raggiunta da sette proiettili di cui uno al collo, uno al polmone, cinque non vitali ma sufficienti per provocare la morte per shock emorragico. Anche la Costabile ha sollevato la mano destra per difendersi. Il proiettile le ha attraversato la mano. Un proiettile è stato trovato nell’avambraccio sinistro; quello mortale al collo, ha reciso la carotide. La donna non è morta nell’immediato, ma in poco tempo.
Stub, perizia sulle vetture e l’abitazione in cui rimase nascosto per giorni
Per quanto riguarda lo stub effettuato sui parenti di Luigi Galizia, questo sarebbe risultato negativo. Mentre sulle tre autovetture sarebbero state trovate particelle di bario e antimonio corrispondenti, nella parte posteriore dell’auto, in corrispondenza delle cintura, sul volante, sul cruscotto e sul cambio. anche sugli indumenti rinvenuti all’intreno dell’Alfa Romeo 153 sono stati rinvenute particelle tipiche dello sparo.
Nell’abitazione il perito ha trovato un posacenere pieno di cicche di sigarette con solo due rispondenti alla marca Merit, Il perito ha aggiunto che i bagni erano abbastanza in ordine, “Non era un appartamento usato abitualmente” . Ha escusso sulle cartucce comparate con le munizioni ritrovate nel box a Rende, in uso a Damiano Galizia. “Questo calibro è usato prevalentemente dalla Guardia di Finanza. Non ha attinenza con l’arsenale. Posso affermare che potrebbe trattarsi di una Beretta 84 BB o F . I colpi sono stati esplosi dalla stessa arma utilizzata in altre circostanti. C’è un particolare, l’arma deve essersi inceppata perchè ha “scarrellato”. Anche la perizia sull’auto di Galizia ha dato esito positivo allo stub. Una minima quantità di particelle sono state rinvenuto anche sul cappellino. Il perito le ha catalogate come particelle da contatto perchè provenienti da una superficie inquinata, ad esempio la mano, una maglia.
La difesa si e’ soffermata molto sullo stub effettuato, sui mozziconi di sigaretta, su una possibile arma nascosta, sul berrettino e il Dna eventualmente estratto, sulla distanza in cui sono stati sparate le due donne e sullo scarrellamento dell’arma. Il tempo per effettuarlo è brevissino. Noi abbiamo trovato due cartucce. Se ricordo bene c’era il segno superficiale di ripercussione Quindi c’era una problematica e non era esploso. E’ necessario saperla usare e avere dimestichezza.
La polizia di Stato, il ritrovamento dell’Alfa 156, gli indumenti rinvenuti in macchina
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Il teste Fabio Falcone, commissario capo della mobile di Cosenza che ha risposto alle domande del pubblico ministero. «Il 31 ottobre 2016 abbiamo perquisito casa di Morena Rubino prelevata a Cassano. Ha assistito il fratello di Morena e successivamente il papà di Luigi chiamato Franco. Successivamente insieme ad altri due investigatori siamo andati a effettuare un sopralluogo al cimitero in quanto non ero presente alle prime fasi investigative e, subito dopo abbiamo raggiunto l’autovettura in piazza largo Santa Maria, già individuata il giorno stesso dell’omicidio alle 17:13, tramite un Gps che era installato sull’autovettura precedentemente per via di un altro procedimento penale della Dda in riferimento al ritrovamento dell’arsenale nell’aprile del 2016, nel magazzino in uso al fratello Damiano Galizia, poi rimasto ucciso per mano di Francesco Attanasio. L’ambientale da allora non era stato poi rimosso.
Avevamo inviato la mattina stessa due investigatori a controllare e monitorare la situazione. Noi lo abbiamo letto sul sistema la mattina del 31 ottobre alle 8.05 in largo Santa Maria, un parcheggio su viale Ionio, vicinissimo al santuario della Madonna delle Grazie. Gli investigatori al ritorno hanno comunicato che il finestrino lato guida era completamente aperto e le chiavi erano inserite nel quadro. La speranza, per noi, era che nell’arco della giornata trovassimo Luigi Galizia. Premetto che durante la perquisizione effettuata a casa di Morena Rubino avevamo detto al padre di Luigi Galizia “dite a vostro figlio di venire alla polizia”. Siamo stati nell’abitazione di Morena posta su tre livelli nella speranza di trovare l’arma. L’abitazione è molto vicino al cimitero. Dopo la perquisizione nel pomeriggio siamo andati sul posto in cui il Gps ci segnalava la macchina che effettivamente abbiamo ritrovato. Era l’unica macchina presente nel parcheggio, vicino solo ad un carrettino. Noi andavamo e venivamo dal veicolo per non destare sospetti. La nostra speranza è che l’auto venisse riutilizzata anche perché non era sotto sequestro da parte della Procura.
Solo verso le 19 di sera o comunque in quella fascia d’orario decidiamo di informare i familiari del rinvenimento dell’auto di Luigi Galizia. Sul posto intorno alle 19:55 si presentano il fratello di Luigi, il padre e lo zio. Sul sedile posteriore c’erano degli indumenti, un giubbotto di colore blu, un cappellino con la scritta Firenze e una scatola bianca. Quando sono arrivati i familiari abbiamo fatto notare al padre il finestrino e le chiavi inserite nel quadro. Franco, così lo chiamano, ha risposto “mio figlio è solito lasciare le chiavi inserite”. Poi quando abbiamo chiesto di aprire il cofano per capire se all’interno potesse esserci qualcosa il fratello di Luigi, riferendosi al precedente omicidio del fratello Damiano ha risposto “noi ci siamo già passati””.
Il commissario capo parla poi degli indumenti ritrovati e delle foto scattate da uno dei poliziotti in via ufficiosa, senza far capire ai familiari che stessero immortalando quei capi. Un paio di scarpe da tennis blu con le strisce viola e bianche, un cappello con la scritta Firenze, un giubbotto leggero blu. Ogni scatto in realtà immortala una diversa sequenza come per esempio nel caso delle scarpe: una foto riprende le scarpe in una posizione, la successiva in un’altra. La scatola all’arrivo dei familiari risultava essere chiusa e posta nella parte posteriore del sedile. Queste e altre incongruenze sono state incalzate dalla difesa, in particolare dall’avvocato Francesco Boccia che ha chiesto più volte come mai le scarpe nelle foto avessero posizioni diverse.
L’avvocato Cesare Badolato, co-difensore per l’imputato Luigi Galizia, si è soffermato sull’attivazione del Gps immesso nell’auto precedentemente, in riferimento al ritrovamento delle armi nel box in uso al fratello Damiano nell’aprile del 2016 e allo stato di preoccupazione in cui versava la famiglia. Anche il presidente della Corte d’Assise ha posto qualche domanda al teste. Il commissario Capo Falcone racconta ancora di una intercettazione in cui si sentono discorrere Luigi Galizia e Morena successivamente al sequestro da parte dei carabinieri dell’Alfa 156 in cui racconta alla cognata che i militari gli avevano comunicato di presentarsi munito di patente per ritirare la macchina, ma di fatto non era in possesso della patente ma solo del passaporto. Al consiglio della ragazza di sporgere denuncia di smarrimento, il giovane avrebbe confessato di averla buttata. Il pubblico ministero ha poi chiesto al commissario capo se lui insieme agli investigatori se, prima di quel giorno in cui entrarono in contratto con l’auto del Galizia avessero sparato per via delle prove stub effettuate dal consulente. Il poliziotto ha dichiarato che tutti non sparavano da tempo. Sentiti poi gli altri due operatori di polizia giudiziaria che hanno svolto le indagini sempre sulle foto e sul ritrovamento della macchina, degli indumenti e delle fotografie. Ognuno ha raccontato la propria versione dei fatti, ripetendo che gli scatti furono fatti ufficiosamente mentre i familiari mostravano gli indumenti
