ROMA – La I Sezione Penale della Suprema Corte si è riservata la decisione: la sentenza verrà comunicata il 18 dicembre.
La conferma delle condanne d’appello per l’omicidio di Lea Garofalo, sono state chieste dal sostituto pg della Cassazione, Massimo Galli. La Corte d’assise d’appello di Milano, il 29 maggio 2013, aveva condannato all’ergastolo l’ex compagno della donna, Carlo Cosco, il fratello, Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Carmine Venturino, ex fidanzato della figlia di Lea, fu condannato a 25 anni, mentre venne assolto Giuseppe Cosco, un altro fratello del compagno. Condanne da confermare dunque, per il sostituto pg della Cassazione.
In particolare, la procura generale ha chiesto al collegio della sezione penale presieduto da Maria Cristina Siotto il rigetto del ricorso per i due Cosco, Sabatino e Curcio, mentre per Venturino, cui l’appello aveva riconosciuto uno sconto di pena per le attenuanti generiche per le sue dichiarazioni, la richiesta è stata l’inammissibilità del ricorso. Attraverso il suo legale, Carlo Cosco ha chiesto nuovamente di escludere l’aggravante della premeditazione. Nel corso dell’appello in una parziale confessione aveva parlato di un “raptus, perché Lea mi aveva fatto impazzire”, chiedendo pertanto di scagionare anche i fratelli. Le dichiarazioni di Venturino avevano indotto i giudici di appello nel maggio dello scorso anno, a pronunciarsi per l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” nei confronti del solo Giuseppe Cosco. Per Sabatino l’appello aveva confermato l’ergastolo nonostante Venturino lo scagionasse e nonostante l’accusa avesse chiesto per lui l’assoluzione.
Lea fu uccisa a Milano il 24 novembre del 2009, e il suo corpo fu bruciato in un magazzino a Monza dopo aver subito a Campobasso un tentativo di rapimento, fallito anche grazie all’intervento della figlia Denise che era in casa con lei. La testimone di giustizia di Petilia Policastro, aveva raccontato agli inquirenti calabresi fatti di una faida di ‘ndrangheta. Nel processo di primo grado l’ipotesi era che la donna, di cui non è stato rinvenuto il cadavere, fosse stata sciolta nell’acido, ma poi Venturino dopo la condanna in primo grado ha raccontato che il corpo venne bruciato. I suoi pochi resti sono stati ritrovati in un tombino tre anni dopo la sua sparizione.

