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E’ arrivato a Reggio Calabria Scajola per il processo sul caso Matacena

REGGIO CALABRIA – E’ arrivato a Reggio Calabria, accompagnato dal suo avvocato, l’ex ministro Claudio Scajola.

Al tribunale di Reggio infatti, inizia oggi il processo per la vicenda Matacena. Scajola, accompagnato dal legale Giorgio Perroni, è accusati di aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente latitante a Dubai. Scajola si è limitato a salutare i cronisti con un ‘buon giorno’, anche perché, ha spiegato Perroni, è in regime di arresti domiciliari e non può parlare. Scajola è imputato per procurata inosservanza della pena nei confronti di Matacena in quanto, secondo i magistrati della Dda reggina che hanno coordinato le indagini, si sarebbe attivato per far trasferire l’ex deputato di Fi da Dubai, dove si trova attualmente, in Libano, ritenuto un Paese più sicuro per evitare l’estradizione. Insieme a Scajola sarà processata con rito ordinario la segretaria di Matacena, Maria Grazia Fiordalisi. Non ci sarà, invece, la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, che sarà processata in abbreviato insieme all’ex segretaria di Scajola, Roberta Sacco, e il factotum di Matacena, Martino Politi. Per la Rizzo, l’udienza è stata fissata per il prossimo 13 novembre. Claudio Scajola e la Fiordalisi, siedono oggi dunque come imputati nella prima udienza in dibattimento che si celebra a Reggio Calabria scaturita dall’operazione “Breakfast”, condotta dalla Dia di Reggio.

IL PROCESSO

E’ iniziato con la presentazione da parte dei difensori degli imputati di una serie di eccezioni il processo a carico di Claudio Scajola e della segretaria dell’imprenditore Matacena, Maria Grazia Fiordalisi. In particolare gli avvocati Cristina Dello Siesto – legale della Fiordalisi – e Giorgio Perroni e Patrizia Morelli – difensori di Scajola – hanno eccepito ai giudici del Tribunale reggino la nullità del decreto che ha disposto il giudizio immediato. A fondamento della loro richiesta, i legali hanno posto essenzialmente il mancato interrogatorio di Scajola in relazione alla contestazione dell’aggravante dell’avere favorito la ‘ndrangheta, contestazione che comunque non è approdata in dibattimento essendo stata rigettata dal gip in sede di emissione delle misure cautelari, decisione contro la quale la Dda ha presentato appello al Tribunale del riesame che non ha ancora deciso. I legali hanno anche lamentato il mancato rispetto dei termini di 90 giorni dalla data di emissione dei provvedimenti per la richiesta del rito immediato da parte del pm ed il fatto che la pubblica accusa prima di giungere alla richiesta definitiva abbia presentato e poi revocato altre richieste. Il pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha chiesto il rigetto delle istanze difensive presentate nel processo all’ex Ministro Claudio Scajola evidenziando come la Cassazione a sezioni unite, abbia stabilito che la decisione del gup sui presupposti a base della concessione del rito immediato non possa essere oggetto di ulteriore sindacato da parte del giudice del dibattimento che sarebbe altrimenti portato ad un provvedimento abnorme. Lombardo ha anche escluso che siano intervenute modifiche nelle contestazioni agli imputati sottolineando che le imputazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare e quelle per cui Scajola e la Fiordalisi sono processati siano “sovrapponibili. Non c’è stata – ha aggiunto il pm – alcuna lesione del diritto della difesa. E’ la prima volta che mi sento rimproverare di essere stato celere, tempestivo e di non avere sperperato risorse pubbliche. Ma in un sistema come il nostro può succedere anche questo”. Dopo l’intervento del pm i giudici del Tribunale, presieduto da Natina Pratticò, si sono ritirati in camera di consiglio per decidere. Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile “per carenza di interesse” il ricorso della Dda contro la decisione del gup che aveva escluso l’aggravante mafiosa nei confronti di Scajola e degli altri coimputati. La Dda potrà fare ricorso in Cassazione. L’accusa sosteneva che Scajola e gli altri imputati nel procedimento, avendo aiutato Matacena a evitare l’espiazione della pena inflittagli per concorso esterno in associazione mafiosa avevano anche agevolato la ‘ndrangheta di cui Matacena, secondo la Dda, era un punto di riferimento. Secondo quanto appreso in Tribunale, in teoria la Procura potrebbe comunque contestare l’aggravante nel corso del dibattimento nei confronti di Scajola e della segretaria di Matacena, Maria Grazia Fiordalisi, iniziata stamane. “Si tratta di una decisione molto importante – ha dichiarato il legale di Sacajola – perché per il momento mette la parola fine al discorso dell’aggravante mafiosa”.

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