ROMA – Il latitante Pasquale Bifulco, ritenuto appartenente alla coscaIetto-Cua-Pipicella di Natile di Careri, è stato arrestato dalla polizia in Perù.
Bifulco, 41 anni, era ricercato da febbraio scorso con l’accusa di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di droga, ed era destinatario di due provvedimenti restrittivi emessi dai magistrati di Reggio Calabria e dalle autorità brasiliane. Bifulco è stato arrestato dagli uomini dell’Interpol, della Squadra mobile di Reggio e Servizio centrale operativo a San Isidro. Secondo gli investigatori di Reggio, Bifulco, era il capo indiscusso di un potente sodalizio criminale, operante sulla fascia ionica reggina, che acquistava e importava dal Sud America enormi quantitativi di cocaina trasportata a bordo di navi mercantili provenienti principalmente dal Brasile e dal Perù. Il nome di Bifulco, soprannominato Julio o Francesco, era inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi. Legato al clan Ietto-Cua-Pipicella di Natile di Careri era sfuggito all’arresto nell’ambito dell’operazione “Buongustaio” condotta nel febbraio scorso. Poliglotta, Bifulco, secondo quanto emerso dalle indagini, si muoveva rapidamente e chiudeva accordi in mezzo mondo, pagando sempre in contanti le partite di droga contrattate. Alle sue spalle agiva un’organizzazione agguerrita e ramificata, con punti di riferimento sia in Italia, dove contava su appoggi logistici nella provincia di Napoli ed in quella di Torino, oltre che in Calabria. La Polizia ha anche individuato uno dei suoi più stretti collaboratori di Bifulco in Vito Francesco Zinghinì, attualmente detenuto, destinatario del medesimo provvedimento restrittivo emesso dal gip di Reggio Calabria. Bifulco ed il suo complice, prima dell’arresto, secondo gli investigatori, si spostavano in Sud America restandovi anche per lunghi periodi. Quando rientrava in Calabria, Bifulco incontrava gli esponenti di spicco della propria ‘ndrina di appartenenza, riferendo gli esiti delle trattative con i narcos sudamericani. Per quanto riguarda il trasporto dello stupefacente, il gruppo capeggiato da Bifulco aveva accantonato il sistema della “nave madre”, una nave, cioè, di grandi dimensioni che scaricava la droga in imbarcazioni più piccole, per utilizzare la più sicura spedizione di container imbarcati su navi mercantili ed evitando anche di nasconderla tra la merce lecita spedita preferendo la tecnica cosiddetta “rip off”, ovvero rendendo la droga facilmente accessibile nel container al personale portuale contiguo all’organizzazione o corrotto dalla ‘ndrangheta.
