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‘Ndrangheta: imponevano la “guardia” sui terreni agricoli, 6 arresti

REGGIO CALABRIA – Per lunghi anni si sono imposti come “guardiani” dei terreni.

La Squadra mobile di Reggio Calabria, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip, ha arrestato sei presunti esponenti di vertice delle cosche di ‘ndrangheta Zappia e Cianci-Maio-Hanoman, operanti nel territorio di San Martino di Taurianova (Rc). Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Al termine delle indagini, coordinate dalla Dda di Reggio Calabria, la Polizia ha accertato una pressante attività di taglieggiamento ai danni di alcuni imprenditori agricoli posta in essere, per lunghi anni, dagli arrestati che imponevano la guardia ai terreni. Le indagini dell’operazione “Vecchia Guardia”, dirette dal sostituto procuratore della Dda Giulia Pantano col coordinamento del procuratore Federico Cafiero De Raho, hanno messo in evidenza il metodo di oppressione dei clan per trarre risorse economiche in favore della cosca di appartenenza. Le sei ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite a Taurianova, nel Reggino, e a Brescia, con l’ausilio della polizia lombarda. Tra gli arrestati figurano alcuni presunti componenti della storica famiglia di ‘ndrangheta degli Zappia, una volta diretta dal capobastone Giuseppe Zappia, nato nel 1912 e ucciso nel 1993 in un agguato, definito “il presidente” per avere presieduto il “summit di Montalto” del 26 ottobre 1969, interrotto dalle forze dell’ordine.

 

Le sorelle che riscuotevano le tangenti

Erano tre “sorelle d’omertà” a riscuotere direttamente la tangente che i capi della cosca Zappia-Cianci imponevano agli agricoltori di San Martino di Taurianova, centro della Piana di Gioia Tauro. Sorelle anche all’anagrafe, Maria, Teresa e Rosetta Zappia, rispettivamente di 52, 44 e 37 anni, nipoti del vecchio capo bastone don Giuseppe Zappia, ucciso in un agguato nel 1993 e definito “il presidente” per aver presieduto il cosiddetto “Summit di Montalto” del 26 ottobre 1969, interrotto dal tempestivo intervento dai poliziotti di Reggio Calabria diretti allora da Alberto Sabatino e dal questore Emilio Santillo.Gli altri tre arrestati oltre alle donne sono Vincenzo Giuseppe Zappia, di 49 anni; Giuseppe Zappia, di 45, e Domenico Cianci di 67 anni, tutti nati a Taurianova.

 

“Solo quando si romperà l’omertà la ‘ndrangheta svanirà”
“Il potere mafioso in Calabria – ha detto il capo della Dda di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho – dopo anni di indagini, operazioni ed arresti, è sempre nelle stesse mani. Nelle mani degli eredi di Giuseppe Zappia e di Domenico Cianci, il quale, appena messo fuori i piedi dalla galera, ha iniziato da subito, con minacce e danneggiamenti, a perseguire l’attività estorsiva dopo alcuni anni di prigione. E’ grave però rimanere immobili e silenti e solo quando si romperà l’omertà la ‘ndrangheta davvero sparirà nel nulla”. “Le indagini – ha detto il questore Guido Longo – sono iniziate grazie al collaboratore di giustizia Antonio Russo il quale svolgeva inizialmente il ruolo di ‘mediatore’ tra i proprietari terrieri e la ‘ndrangheta, dopo una serie di atti di intimidazione e danneggiamenti alle coltivazioni. La ‘ndrangheta puntava ad imporre la ‘guardiania’, una sorte di protezione mascherata, pena gravi ritorsioni. Ma Russo è stato scoperto ed ha iniziato a raccontare quanto già eravamo riusciti a scoprire”. Il dirigente della squadra mobile, Gennaro Semeraro, che ha diretto l’operazione coordinando l’attività degli agenti del commissariato di Taurianova, ha detto che “al di là dell’entità delle somme richieste, la cosca Zappia-Cianci esercitava un asfissiante controllo del territorio, una connotazione tipica della ndrangheta e che caratterizza la suddivisione dei singoli ‘locali’ nel più vasto ‘mandamento'”.

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