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Appalti e ‘ndrangheta: fermati 35 imprenditori. Sigilli al parcheggio di Piazza Bilotti (FOTO e VIDEO)

Appalti pubblici finivano nelle mani delle cosche grazie ai rapporti tra imprenditori e boss: 35 imprenditori fermati e 54 imprese sequestrate a titolo preventivo in tutta Italia. Tra gli imprenditori coinvolti figurano il gruppo Bagalà di Gioia Tauro e quello Barbieri di Cosenza. Fiamme gialle a Piazza Bilotti. Sotto sequestro il parcheggio e le società che gestiscono l’avio superficie di Scalea e la LORICA SKI per gli impianti di risalita di Lorica. Gratteri: “Tra il Tirreno cosentino e Cosenza tutta una combine, come nel calcio”

 

REGGIO CALABRIA – E’ scattata all’alba un’operazione della Guardia di Finanza che sta interessando i territori di Reggio Calabria e Cosenza e che ha portato al sequestro di 54 imprese in tutta Italia. Sono in corso di esecuzione 35 provvedimenti di fermo, emessi dalle direzioni distrettuali antimafia di Reggio e Catanzaro, nei confronti di altrettanti imprenditori. Gli indagati sono accusati di essere riusciti grazie ai rapporti con boss della ‘ndrangheta del Reggino e del Cosentino ad aggiudicarsi decine di appalti pubblici nelle due province. Le 35 persone coinvolte sono responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’art. 7 L.203/1991, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici nonché al sequestro preventivo di n. 54 imprese aventi sede su tutto il territorio nazionale.

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I provvedimenti rappresentano l’epilogo di un’articolata attività investigativa che ha consentito di accertare, da un lato, come un importante gruppo imprenditoriale operante nella piana di Gioia Tauro, si era posto come punto di riferimento della cosca “Piromalli” al fine di turbare almeno 27 gare indette da diverse stazioni appaltanti calabresi (nel periodo 2012/2015) riguardanti l’esecuzione di importanti lavori pubblici nel territorio gioiese: dall’altro, l’esistenza di un noto imprenditore che, grazie alle relazioni con il “clan Muto” (attivo sul tirreno Cosentino) nonché con il reggente della cosca cosentina
“Lanzino – Patitucci”, si è aggiudicato i più importanti appalti della Provincia di Cosenza nel periodo 2013/2015.

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Le imprese al servizio dei clan condizionavano gare d’appalto

L’illecito modus operandi, posto in essere grazie anche ai rapporti corruttivi con funzionari appartenenti alle medesime stazioni appaltanti nonché all’operato di diversi professionisti collusi, ha consentito di sviare il regolare svolgimento delle gare pubbliche mediante la costituzione di un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, è stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata. Proprio sotto tale profilo, nel corso delle indagini è stata individuata una cerchia di soggetti risultati pienamente inseriti in quella organizzazione che gli indagati, negli stessi dialoghi intercettati, hanno definito la “cumbertazione” (termine dialettale reggino utilizzato per indicare un’associazione “chiusa”).

 

In taluni casi, le predette imprese, scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici (come nel caso dei gruppi Cittadini e Barbieri), si sono prestate a partecipare fittiziamente alle gare, singolarmente o in ATI o RTI, per conto dell’organizzazione (ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso), in altri casi, le stesse hanno presentato offerte fittizie, ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare.

Fiamme Gialle a Piazza Bilotti sequestrano parcheggio sotterraneo

Nel frattempo questa mattina le fiamme gialle hanno effettuato una perquisizione a Piazza Bilotti a Cosenza mettendo sotto sequestro il parcheggio sotterraneo. Diversi militari hanno recuperato documenti e faldoni riguardanti il cantiere (operai e mezzi utilizzati) che dovrebbe essere ultimato per fine febbraio, mentre la Piazza è stata inaugurata soltanto poche settimane fa. Ricordiamo che i lavori per la realizzazione della nuova Piazza sono stati effettuati dal Gruppo Barbieri operante sul Tirreno cosentino, lo stesso che si è occupato della realizzazione del nuovo impianto sciistico in Sila. Proprio il gruppo sarebbe finito nel mirino della Guarda di Finanza che ha provveduto a sequestrarne alcune quote societarie. Nel frattempo continuano i lavori di ultimazione del parcheggio da parte della ditta Sigea che sembrerebbe destinata ad apporre l’ultima pietra sull’opera dato che il contratto con la Barbieri group era stato già rescisso.

Il parcheggio sotterraneo di Piazza Bilotti – Cosenza

Le principali gare turbate dai clan:

Una fitta rete di rapporti di carattere finanziario/economico, che legava un importante gruppo imprenditoriale cosentino con gli esponenti di spicco di alcuni clan, quello dei “Muto” (operante sulla costa dell’alto Tirreno), quello bruzio “Lanzino – Patitucci” e quello reggino dei “Piromalli”. Nello specifico, seguendo gli spostamenti di un dipendente fidato dell’imprenditore intraneo alla cosca, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza hanno ricostruito le dinamiche, le relazioni e gli accordi con gli altri gruppi criminali operanti sul territorio calabrese.  Grazie a questi solidi intrecci, 10 aziende riconducibili allo stesso imprenditore sono riuscite ad aggiudicarsi i più importanti appalti (costruzione e gestione) nella provincia di Cosenza nel triennio 2013/2015. Il valore complessivo degli appalti ammonta ad oltre 100 milioni di euro derivanti dalla costruzione, riqualificazione e gestione venticinquennale (da qui il nome dell’operazione) degli impianti e dei servizi annessi. I cantieri interessati sono:

Riqualificazione e rifunzionalizzazione ricreativo-culturale di piazza “Carlo Bilotti e realizzazione di un parcheggio interrato, nonché relativa gestione per 28 anni del parcheggio multipiano, della struttura polifunzionale (ivi compreso il museo) e del MAB.

Comprensorio sport-natura di Lorica (CS) e relativa gestione degli impianti da parte della LORICA SKI per 25 anni

Riqualificazione delle aree prospicienti l’aviosuperficie di Scalea (CS) ai fini della realizzazione di servizi turistici e della riduzione dell’impatto ambientale, nonché relativa gestione per 25 anni da parte della società AEROPORTO DI SCALEA Srl,.

Per questi motivi, appurata la connotazione “mafiosa” dell’imprenditore e delle imprese a lui facenti capo, la DDA di Catanzaro ha disposto mirati provvedimenti cautelari reali puntando al sequestro dei cantieri sopracitati, delle 10 società coinvolte, dei relativi conti correnti, dei numerosissimi beni ad esse intestate: 38 immobili (ville, box, locali commerciali), 1 struttura alberghiera, munita di 144 camere e con annessa spiaggia, piscina, ristorante e impianti sportivi, 1 locale notturno (discoteca), 1 sala slot e videolottery, 5 automezzi. Il tutto per un valore di oltre 10 milioni di euro.

 

 Tra gli arrestati anche un Funzionario dell’Anas

C’è anche un funzionario  dell’Anas ed alcuni dipendenti di uffici tecnici dei Comuni della Piana di Gioia Tauro tra le 35 persone sottoposte a fermo nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalle Direzioni distrettuali di Reggio Calabria e Cosenza.  Al centro delle indagini ci sono 27 gare d’appalto nel reggino, per un importo di oltre 90 milioni di euro, ed altre decine nel Cosentino. Gli appalti edili in questione riguardavano i lavori più disparati, tra i quali figurano anche la realizzazione di uno svincolo nel tratto reggino dell’autostrada A2, la vecchia A3 Salerno-Reggio Calabria.  Tra gli imprenditori coinvolti figurano il gruppo Bagalà di Gioia Tauro e quello Barbieri di Cosenza.

 

Federico Cafiero de Raho: “Fermi solo parte indagine piu’ ampia”

Si sono aggiudicati appalti nei settori più diversi e con la copertura delle società più diverse. Si tratta in larga parte di imprese calabresi, ma ci sono anche importanti realtà del Centro-nord Italia. Lo afferma il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, a margine della maxioperazione che questa mattina ha portato al fermo di 35 imprenditori ed al sequestro preventivo di 54 imprese in tutta Italia. “Per quanto cambiassero le realtà societarie di volta in volta chiamate a partecipare, il metodo pero’ – spiega il procuratore – era sempre lo stesso. Nella maggior parte dei casi si creava un vero e proprio cartello di imprese, spesso riunite in associazione temporanea, che quando si presentano ad una gara presentano le offerte in bianco. Poi chi di dovere si occupa di riempirle in modo che il cartello si aggiudichi i lavori. Ecco perché – lascia intendere il procuratore – i fermi eseguiti oggi non sono che una parte di un’indagine più ampia mirata a ricostruire l’infezione che ha contaminato l’economia della provincia tirrenica reggina”.

 

Procuratore Gratteri: “Dopo l’arresto di Muto a prendere le redini è stata sua moglie. L’imprenditore Barbieri, d’accordo con i colletti bianchi dei Muto”

“Tra il Tirreno cosentino e Cosenza invece era tutta una combine, come nel calcio”. Lo dice il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, commentando la maxioperazione che questa mattina ha portato al fermo di 35 imprenditori e al sequestro preventivo di 54 imprese in tutta Italia. Gli indagati sono accusati di essere riusciti grazie ai rapporti con boss della ‘ndrangheta del Reggino e del Cosentino ad aggiudicarsi decine di appalti pubblici nelle due province. “Questa e’ una costola – spiega ancora Gratteri dell’indagine sul clan Muto di Cetraro eseguita a luglio. All’epoca, in manette era finito il capoclan Franco Muto, insieme a molti dei suoi luogotenenti. A prendere le redini e’ stata la moglie, Angelina Corsanto, che per conto del marito ha continuato ad amministrare gli affari e gli imprenditori del clan. Approfondendo – conclude Gratteri – abbiamo scoperto che il maggior imprenditore del cosentino, Barbieri, era d’accordo con i colletti bianchi dei Muto. Lavoravano sempre in cordata, a Cosenza come a Cetraro”.

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