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(FOTO-VIDEO) Finita la latitanza del boss Marcello Pesce. “U ballerinu” arrestato a Rosarno

E’ stata la Polizia di Stato a comunicare la cattura del latitante con un messaggio sul profilo Twitter. Pesce era ricercato da 6 anni. Quando alle 5 di stamattina gli uomini della polizia hanno fatto irruzione, il boss non ha opposto resistenza

 

ROSARNO (RC) – Con un blitz alle 5 di questa mattina è stato catturato dalla Polizia di Stato a Rosarno il latitante Marcello Pesce, boss della ‘ndrangheta ricercato per associazione di stampo mafioso. Marcello Pesce, detto ”U ballerinu”, fa parte dell’omonima cosca guidata da Antonino Pesce, operativa nella Piana di Gioia Tauro e con ramificazioni in Lombardia e tutto il Nord Italia. Marcello Pesce, classe 1964, risulta essere l’ultimo grande latitante della potente dinastia ‘ndranghetista, regina assoluta di Gioia Tauro. Pesce era inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi e dal 2015 era destinatario anche di un mandato di arresto europeo, emesso dalla Corte d’appello di Reggio Calabria. Si occupava di traffico di droga, concludendo anche accordi con i broker del narcotraffico di cocaina.  Pesce era ricercato da sei anni. Dalle indagini è emerso che ha frequentato per qualche anno l’università ed ha girato il mondo, soprattutto in Sudamerica sulle rotte della droga. Appassionato di discoteche e della movida,

IL VIDEO COMPLETO DELLA SUA CATTURA

Pesce ama il calcio tanto da aver ricoperto addirittura incarichi in società dei campionati minori. Quando i poliziotti lo hanno scovato in un appartamento del centro storico di Rosarno, facendo irruzione nell’abitazione, il boss si trovava in camera da letto e non era armato. Non ha opposto resistenza e si è subito reso conto della situazione. Rivolgendosi al dirigente della Squadra mobile Francesco Rattà, gli ha detto “Io la conosco, l’ho già vista in TV”. Insieme al boss nell’appartamento c’erano altri due uomini, padre e figlio, anch’essi arrestati dalla polizia.

L’annuncio dell’arresto è stato dato dalla stessa Polizia, attraverso un messaggio sul canale social twitter. In mattinata sono arrivati anche i complimenti del ministro degli interni Agelino Alfano che ha dichiarato con un posto sempre su twitter: “Oggi è una bella giornata per l’Italia: Marcello Pesce, latitante tra i più pericolosi, è stato assicurato alla giustizia“.

MARCELLO PESCE  E LA SUA ESCALATION MAFIOSA

Marcello Pesce, 52enne originario di Rosarno, detto “U ballerinu”, è figlio di Rocco e nipote del defunto boss Giuseppe Pesce. Inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi stilato dal Viminale, è destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 20 maggio 2010 dal Gip di Reggio Calabria per i delitti di associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beniPesce è ritenuto il capo indiscusso dell’omonima cosca, tra le più potenti dell’intera ‘ndrangheta calabrese e del nord Italia, ha precedenti di polizia per associazione mafiosa, omicidio doloso, reati legati agli stupefacenti e altro.

Il suo nome compare negli atti giudiziari degli anni ’90, quando alcuni rapporti di polizia ne ipotizzano l’appartenenza alla criminalità organizzata di Rosarno capeggiata da Giuseppe Pesce. Nel 2010, Marcello Pesce sfugge alla cattura nell’ambito dell’operazione di polizia “All Inside”: al termine del processo di primo grado, viene condannato a 15 anni e 6 mesi di reclusione, verdetto poi riformato in appello con una nuova condanna alla pena di 16 anni e 2 mesi. Nel 2015, in considerazione dei possibili appoggi su cui conta anche all’estero, le ricerche vengono estese anche in ambito comunitario con un mandato di arresto europeo della Corte di Appello di Reggio Calabria.

Numerosi, come detto, i precedenti: nel febbraio 1989, viene colpito da mandato di cattura emesso dal Tribunale di Palmi per associazione mafiosa, l’anno dopo viene sottoposto alla sorveglianza speciale con divieto di soggiorno in Calabria, Basilicata e Puglia, nel dicembre 91 e’ raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere di Reggio Calabria in quanto ritenuto appartenente ad un’associazione mafiosa. Assolto dai reati di associazione mafiosa e violazione delle leggi sugli stupefacenti in un procedimento nato dalle dichiarazioni di Giuseppe Scriva e Salvatore Marasco, e poi in un altro processo per rapina e detenzione di armi, nel 2002 viene arrestato nell’ambito dell’operazione “Gatto Persiano” per avere “promosso, organizzato e diretto la cosca Pesce, operante in federazione con la cosca Albano. Del ruolo di Pesce hanno parlato anche diversi collaboratori di giustizia, tra cui Salvatore Facchinetti e Giuseppina Pesce. Di Marcello Pesce parlò anche il suo ex avvocato Vittorio Pisani, nel corso del processo “All Inside”. Pisano fu arrestato e condannato a 4 anni e mezzo per violenza privata nei confronti di “Maria Concetta Cacciola” la giovane mamma avvelenata dai suoi parenti perché collaboratrice di giustizia. Marcello è stato fra quelli che più ha insistito per “diversificare” gli investimenti necessari a riciclare i milioni incassati con il traffico di droga, puntando alla ramificazione e al malaffare nel nord Italia.

Le prime immagini del covo dove si nascondeva il latitante 

Il blitz e l’arresto

 

La passione del boss per il calcio e quelle voci sul Cosenza Calcio

Tra le attività del boss, oltre a quello principale della droga, c’era il calcio, diventato negli anni un vero e proprio affare di famiglia. Nel 2015 c’era proprio Marcello Pesce, come esponente della società, a fare gli onori di casa ed essere anche intervistato dalla TV di stato e da diverse emittenti, all’inaugurazione del nuovo manto erboso in sintetico dello stadio Papa Giovanni Paolo II di Rosarno. Pesce allora ricopriva il ruolo di direttore generale della Libertas Rosarno, formazione che nel 2001/2002 arrivò fino al campionato di serie D, poi per lui incarico nella Nuova Rosarnese, che in due anni passò dalla Promozione all’Interregionale. Marcello Pesce avere grandi aspirazioni nel modo “pallonaro” e voleva arrivare a gestire squadre più blasonate.Nella stagione 2004/2005 lasciò la Rosarnese per assumere il ruolo di direttore generale del Sapri, squadra che militava allora sempre nei dilettanti. Di lui, come riporta anche una notizia del Corriere della Sera, si era addirittura vociferato per un possibile incarico dirigenziale nel Cosenza Calcio. Ma poi, fortunatamente, la trattativa non si concluse.

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