L’Associazione Route 106 ci porta alla scoperta dei luoghi, nella nostra terra, da visitare e vivere durante il periodo autunnale
COSENZA – Molti calabresi non conoscono aree e zone d’immenso valore storico, culturale e artistico, del loro stesso territorio. Scoprirle e visitarle, accompagnati nel viaggio da esperte e nello stesso da persone che guardano la Calabria con ‘i nostri occhi’, diventa un valore aggiunto per questa terra ormai dimenticata.
L’associazione prende il nome dalla statale ionica 106, la strada che ha accompagnato le sue fondatrici Patrizia Gallelli, Maria Angela Rotundo e Carmela Bilotto, fin qui; attraverso borghi, fiumare e coste alla riscoperta della Calabria. “Il nostro intento è quello di superare, tramite l’esperienza del viaggio, tutti i pregiudizi legati a questa strada e alla nostra Terra, consapevoli che, solo mediante il contatto diretto è possibile calarsi nella quotidianità della Calabria.
Una quotidianità che non è fatta solo di nduja e storie di mafia, ma di scorci di sole su gradini in pietra, di sedie di vimini adagiate su terrazze collinari vista mare e di mani rugose che affondano nell’impasto del pane. Che siate alla ricerca di informazioni dettagliate per un viaggio “fai da te” o che vogliate essere accompagnati a ritmo diverso nei “luoghi dello strummolo”, Route106 – your travel experience in Calabria – è pronta ad accogliervi e a farvi volteggiare come le trottola”.
E lo strummolo (storica piccola trottola di legno), oggi ci porta in quei luoghi calabresi dove si vive al meglio la stagione autunnale. Ecco nel dettaglio il racconto dell’Associazione.
Passeggiare per i boschi col profumo della terra bagnata, osservare il colore delle foglie che, prima di cadere, si ammantano di colori belli da commuoversi ( si parla tanto del cosiddetto “foliage”, un termine che per dovere di cronaca vi riportiamo, ma che lo Strummolo non preferisce utilizzare), giocare a calcio con le pigne trovate sui sentieri e ringraziare Madre Terra per l’abbondanza di meraviglie che ci regala in questo periodo dell’anno: pratiche terapeutiche che si riversano in toto nella definizione di turismo sensoriale.
Già alla fine di Agosto c’è un rito che segna la fine dell’estate e che ci introduce nella stagione autunnale, un profumo nel ricordo di molti di noi che, da bimbi, eravamo addetti a mettere la fogliolina di basilico nelle bottiglie: la conserva dei pomodori. Non è una tradizione solo calabrese, ma si mantiene ancora molto viva in diversi paesi della regione: conservare i prodotti dell’estate per il consumo dei mesi a venire.
Per non parlare degli abitanti dei boschi calabresi in questo periodo, tutti alla ricerca di funghi, tartufi e vermituri (lumache di terra): ognuno con il suo posto di fiducia e rigorosamente segreto, ognuno con bustoni, sacchi e panari al seguito.
Una pratica piacevole quanto gustosa è la raccolta delle castagne nei sottoboschi calabresi: raccogliere e mangiare questo frutto nelle sue mille varianti, da crude ad abbrustolite, celebra questo prodotto tipico dell’alimentazione del nostro passato, in quanto costituiva un alimento fondamentale anche per le farine. E tante sono le Sagre della Castagna in Calabria: da San Donato di Ninea (Cs) a Sant’Agata d’Esaro (Cs), da Angoli (Cz) a Fagnano Castello (Cs).
Un legame molto stretto tra terra e storia, tra uve e archeologia, si ha nella locride con il Greco di Bianco: Wikipedia lo definisce “il più antico vino d’Italia”, e sicuramente era apprezzato dai coloni di Locri Epizefirii e dai suoi sacerdoti. Tanti sono gli antichi palmenti ritrovati lungo la fascia ionica reggina, queste vasche di pietra usate fin dall’antichità per la vinificazione. E il legame della Calabria con il vino doveva essere profondo e sacro, sancito dai Baccanali e dalle celebrazioni dedicate a Dioniso se, nel 186 a. C. a Tiriolo una tavoletta in bronzo recava il Senatus consultum de Bacchanalibus che limitava fortemente le celebrazioni bacchiche.
Le Clementine di Calabria, agrume a metà tra mandarino e arancio amaro, che hanno la prestigiosa IGP, vi consigliamo di gustarle visitando due aree archeologiche che condividono la terra che li ospita entrambi: gli scavi di Sibari (ma dovete essere pazienti o avere doti di preveggenza, essendo ancora chiusi da ben due anni) e quelli di Medma a Rosarno (Rc).
Se si arriva a Reggio Calabria, magari per visitare il nuovo Museo Archeologico riaperto al pubblico ad Aprile di questo anno, è tempo di Annona: questo frutto esotico dal sapore molto dolce, originario degli altipiani andini, qui si guadagna una certificazione De.c.o. ( Denominazione Comunale di Origine) e viene chiamata in dialetto “u nonu”.
Venire in Calabria a fare esperienza di luoghi e visioni in questo periodo significa destagionalizzare il turismo nel modo più semplice e arcaico possibile: seguendo il ritmo della natura.”
(FOTO DI COPERTINA A CURA DI MARIA ANGELA ROTUNDO)

