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Morte sospetta al CIE, dopo la rivolta chiude il centro più grande d’Europa

CROTONE – Tutti fuori dal penitenziario per ‘clandestini’.

Gestito da Caritas e Misericordia, che incassano quotidianamente 30 euro per ogni migrante assistito, il centro di identificazione ed espulsione Sant’Anna è stato chiuso su disposizione della Prefettura di Crotone.  Alla base del provvedimento una violenta rivolta scoppiata a seguito della morte sospetta di un trentenne maghrebino ospitato nella struttura detentiva per migranti crotonese. Il centro, posto strategicamente nel cuore del Mediterraneo, con una capienza di circa 1.700 posti è attualmente il più grande d’Europa ed accoglie al suo interno i migranti privi di permesso di soggiorno. Un carcere per chi fugge senza aver fatto i conti con la burocrazia. La decisione e’ stata adottata dalla Prefettura di Crotone lo scorso 13 agosto dal momento che la struttura pare fosse  diventata inagibile; da quando 50 persone, avevano dato vita ad una rivolta danneggiando materassi, arredi e sistemi di videosorveglianza. La scintilla che ha acceso la protesta, sedata con violenza dai militari, è stata la morte improvvisa, avvenuta nella serata del 10 agosto, di un uomo marocchino di 31 anni per un malore cui cause non sono state ancora accertate dagli inquirenti. L’uomo deceduto in circostanze sospette era stato trasportato al pronto soccorso dell’ospedale civile di Crotone dove la Procura della Repubblica di Crotone ha disposto l’autopsia dalla quale e’ emerso che e’ stata una cardiopatia a causare la morte del giovane. Il medico legale comunque si e’ riservato l’esito finale, dopo aver riscontrato nel corpo dell’uomo la presenza di alcune sostanze, probabilmente farmaci, alle quali potrebbe essere ricondotta una concausa della morte. Un’anomalia che fa riflettere sugli episodi spesso denunciati dai migranti che sostengono che ‘nel cibo del Sant’Anna mettono psicofarmaci e sedativi per farci stare buoni’. L’uomo era recluso nel Cie da circa un mese perché immigrato irregolare in attesa del rimpatrio ed era stato trasferito nel centro calabrese dopo avere scontato una pena nel carcere di Salerno. Si trovava in Italia da sette anni. La notizia è trapelata dai familiari che vivono a Roma e in parte in Calabria. Nei giorni successivi agli incidenti, la Prefettura di Crotone ha disposto il trasferimento a piccoli scaglioni delle 50 persone trattenute nel Cie di Crotone ad altre strutture. Resta da capire a fronte dei numerosi nuovi sbarchi e del sovraffollamento dei CIE italiani dove saranno ospitati i migranti in fuga che approdano sulle coste italiane. Per ora si parla di chiusura temporanea, ma sulla riapertura del ‘lager’ del nuovo millennio non è ancora dato sapere.

 

Una situazione difficile con la quale si dovrà confrontare la ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge  in tour in Calabria per una tre giorni istituzionale che domani la porterà a visitare il Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Sulla struttura il ministro ha annunciato di voler fare il punto della situazione sui Centri di identificazione ed espulsione al termine del monitoraggio in corso. “Da tre mesi – ha detto Kyenge – faccio un censimento, un monitoraggio, per analizzare le problematiche e le proposte che verranno dai territori per riuscire a dare una soluzione. E’ chiaro che in questo momento se chiude il Cie di Bologna, chiude il Cie di Modena, vi sono problemi per Gorizia e in Calabria, questo vuol dire che un problema c’e’. Alla fine di tutto cio’, dunque, bisognera’ fare il punto della situazione e capire effettivamente qual e’ l’utilizzo e l’opportunità dei CIE. Per superare la crisi bisogna interrogarsi sulle cause degli sbarchi. Abbiamo parlato per tanti giorni di sbarchi e accoglienza, ma penso che il punto su cui dobbiamo centrare la nostra attenzione sia un altro, le cause di questi sbarchi, la possibilita’ che noi dovremmo ritornare a parlare dei diritti umani, del sostegno che l’Italia e tanti altri paesi e la comunita’ internazionale, devono avviare in tanti altri paesi per sostenere un processo di democrazia e di pace. Sulla riforma della legge Bossi Fini va fatto un percorso che deve coinvolgere tutti. Un percorso – ha aggiunto il ministro – che deve coinvolgere sia attori della societa’ civile, sia protagonisti della politica, ma anche all’interno stesso del Parlamento ci sono gia’ delle aperture da parte di diversi gruppi politici per andare verso una riforma della legge Bossi-Fini, io credo che vada rivista perche’ dobbiamo avere un approccio diverso, che metta al centro la persona”. Ai cronisti che le hanno fatto notare come la Prestigiacomo, sulla sponda Pdl, ha detto che la Bossi-Fini non si tocca, il ministro Kyenge ha replicato: “Abbiamo detto che il percorso si fa anche con chi la pensa diversamente e quindi ci sara’ la possibilita’ di sedersi allo stesso tavolo dove ognuno puo’ dire la sua, cosi’ come il percorso che e’ stato avviato per la cittadinanza e che felicemente sta andando avanti mettendo a confronto tutte le forze politiche, lo stesso si deve fare anche con la legge Bossi-Fini”. Nessuna risposta, invece, da parte del ministro per l’integrazione, alla provocazione del leghista Matteo Salvini, il quale ha detto che dovrebbe fare il ministro in Egitto: “Sicuramente – ha tagliato corto Kyenge – Salvini non e’ tra i miei pensieri”.”. “Abbiamo parlato – ha detto Scopelliti – dei temi che riguardano queste criticita’ che esistono nel nostro territorio. Ho voluto ricordare l’impegno della Regione di qualche anno fa quando abbiamo messo in campo risorse ingenti per Rosarno, Crotone e Corigliano, per la realizzazione di interventi mirati a ridurre questa problematica legata al tema dell’immigrazione. La chiusura di Isola Capo Rizzuto – ha concluso il presidente della giunta calabrese – e’ sicuramente un messaggio molto forte che va colto e che non va sottovalutato anche come motivo di preoccupazione legato a fermenti e disagi che si creano in quella parte di territorio”. Intanto Sinistra Ecologia Liberta’ chiede al Governo “l’immediata chiusura dei CIE, veri e propri lager moderni”. Lo afferma Marco Furfaro, responsabile nazionale immigrazione Sel, secondo cui “va cancellata la legge Bossi-Fini”. “Le immagini di Pachino e della catena umana che salva donne e bambini dall’annegamento – dice Furfaro – sono il simbolo di un’Italia che guarda all’accoglienza con speranza e che contrasta con le politiche scellerate sull’immigrazione di questi anni. Politiche che hanno causato tragedie e lasciato troppi corpi inermi nei nostri mari e creato strutture inadeguate come i CIE, irrispettose dei diritti umani basilari e oggetto di condanna delle principali organizzazioni umanitarie internazionali per i trattamenti disumani riservati ai migranti”. “Dopo quanto accaduto oggi in Calabria – prosegue l’esponente di SEL – su cui ci aspettiamo che al piu’ presto venga fatta luce, chiediamo al governo e alle istituzioni preposte di garantire permanentemente l’incolumita’ ai migranti e condizioni rispettose dei diritti umani fondamentali. Un Paese civile non puo’ piu’ tollerare altre tragedie”.  “E’ venuto il momento – conclude Furfaro – di rimettere in discussione le attuali norme e cancellare la Bossi Fini, come chiesto in queste ore anche da alcuni esponenti Pd e da tanti amministratori locali, per delineare nuove politiche basate sull’accoglienza e non sulla repressione. Le politiche fin qui adottate hanno portato solo morti, e’ ora di cambiare”. Il ministro dell’Interno Alfano intervenga immediatamente per porre rimedio all’ormai insostenibile situazione dei Cie. Anche al netto del grave episodio che si e’ registrato a Crotone, cosi’ come sono ora i Cie rappresentano una barbarie”. Lo afferma Livia Turco, presidente forum Immigrazione del Partito Democratico. “Premesso che il Partito Democratico e’, come gia’ illustrato nel programma, per il superamento dei Centri di identificazione e della Bossi-Fini – aggiunge la Turco – qui si tratta di intervenire subito per affrontare un’emergenza. L’intervento del ministro ministro Alfano dovrebbe a mio avviso ispirarsi all’accurato rapporto stilato dal precedente sottosegretario Ruperti, movendosi su tre linee guida: impedire il transito nei Cie a coloro che hanno gia’ scontato una pena in carcere, dal momento che sono gia’ stati identificati; cancellare il trattenimento fino a 18 mesi; fare il possibile per assicurare all’interno dei Cie condizioni di vita piu’ umane e civili”.

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