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Tracce di benzodiazepine trovate nel sangue del 21enne morto nel carcere di Paola

Giuseppe-Spolzino

PAOLA (CS) – Giuseppe Spolzino aveva 21 anni. È morto la scorsa estate nel carcere di Paola in circostanze attualmente oggetto di indagini. La Procura di Paola ha da subito aperto un fascicolo a carico di ignoti, per chiarire la dinamica del decesso. Oggetto di approfondimento iniziale sono state le incongruenze sui dettagli del ritrovamento del cadavere apparse nel documento redatto, il giorno dopo il decesso, dalla direttrice della casa circondariale: Emilia Boccaglia. L’autopsia sul corpo del ragazzo di Sala Consilina è stata eseguita nell’Ospedale di Cetraro dal medico legale Pietrantonio Ricci, noto per le dichiarazioni discordanti rese nel processo scaturito dal finto suicidio del calciatore del Cosenza Denis Bergamini, poi rivelatasi una morte per omicidio. La sua relazione finale sugli esami necroscopici non è stata ancora consegnata, manca l’esito completo delle analisi tossicologiche.

Le indagini, l’esame tossicologico

Il cuore di Giuseppe, ufficialmente, ha cessato di battere alle 22:00 di domenica 30 giugno 2024. Secondo la direzione del carcere il giovane si sarebbe suicidato con un lenzuolo nella cella d’isolamento. Nel sangue del ragazzo sono state di recente trovate tracce di psicofarmaci che non assumeva, che non gli sono mai stati prescritti da un medico e che non appaiono negli atti che ne descrivono lo stato clinico. L’esame tossicologico qualitativo ha rivelato la presenza di benzodiazepine. La prossima settimana dovrebbe essere consegnato l’esito dell’analisi tossicologica quantitativa che rileva in quale misura fossero concentrate le sostanze psicotrope rinvenute nei campioni ematici. Un dato che potrebbe aiutare a stabilire le condizioni psicofisiche del ragazzo al momento del decesso.

I ritardi nella consegna dei risultati sarebbero riconducibili a problemi interni ai laboratori dell’Università Magna Graecia di Catanzaro che hanno indotto a trasferire le analisi al servizio di Tossicologia Forense dell’Università degli Studi della Campania. Il 21enne era arrivato a Paola da 10 giorni, dopo aver violato gli arresti domiciliari ai quali era ristretto a Scalea in quanto ritenuto incompatibile con il regime carcerario. Si era già iscritto al programma per seguire un percorso di giustizia riparativa e aveva chiesto un appuntamento con la psicologa del penitenziario. Non era ancora stato condannato in via definitiva, attendeva di presentare ricorso alla Corte d’Appello di Potenza affinché potesse ridimensionare la pena di 3 anni e 6 mesi comminata con rito abbreviato dal gup del Tribunale di Lagonegro.

La cella di isolamento

La consulenza tecnica chiesta dal pm della Procura di Paola Mariolina Bannò ha fatto emergere l’esistenza di una sorta di sbarra nella cella di isolamento nella quale avrebbe perso la vita Giuseppe. Si tratta di una struttura che fungeva da porta del bagno, aperta in alto, dove il ragazzo alto 1 metro 88 centimetri, avrebbe incastrato il lenzuolo per impiccarsi, secondo la versione fornita dalla direzione della casa circondariale di Paola. La morte sarebbe avvenuta per semi impiccamento, da quanto scrive Ricci nella sua prima relazione depositata dove esclude segni di violenza sul corpo. Non ci sarebbe stata la rottura immediata delle vertebre cerebrali, ma il decesso sarebbe avvenuto per soffocamento, per un’azione di compressione esercitata sul collo forse dal lenzuolo usato, in teoria, come cappio.

L’ultima visita dell’associazione Antigone tra le celle della casa circondariale di Paola il 5 maggio 2025 ha portato alla denuncia di diverse criticità in quell’area del penitenziario. «Particolarmente preoccupante – si legge nel report di Antigone – la situazione degli spazi destinati all’isolamento i quali versano in stato di totale abbandono, nonostante in una delle celle fosse presente un detenuto. Due celle risultavano inagibili e una era sottoposta a sequestro per accertamenti giudiziari legati a un recente suicidio. Il pavimento del corridoio d’accesso era in parte occupato da materiali di scarto edile, rifiuti e cibo. Sebbene siano stati annunciati lavori di ristrutturazione per una parte del corridoio, l’area di isolamento non è inclusa nell’intervento».

I suicidi nel carcere di Paola

Dall’inizio dell’anno sono 3 le persone morte nel penitenziario di Paola. Il 10 marzo un 40enne di nazionalità rumena è stato trovato privo di vita in cella e sul caso la Procura ha aperto indagini. Il 7 gennaio a perdere la vita nella notte mentre era in isolamento è stato un altro 40enne, poche ore dopo il ritrovamento del suo cadavere, al mattino un impiegato della casa circondariale di 48 anni si è suicidato nella palestra del carcere. Tutti avrebbero posto in essere l’estremo gesto impiccandosi. Nel corso dell’ultimo anno i casi di autolesionismo registrati sono 47 e i tentativi di suicidio sventati ben 12.

Tragedie che lasciano immaginare che il clima detentivo del penitenziario paolano non sia cambiato rispetto a 10 anni fa quando a morire fu il 46enne Maurilio Morabito. Il detenuto, prima del suo decesso scrisse un biglietto custode di un macabro presagio: “Se dovesse accadere un mio eventuale decesso, facendo il tentativo di farlo passare per un suicidio, non è così in quanto amo troppo la vita e il mio fine pena è imminente. Ovvio che l’agente che fa la notte sa”.

 

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