Vincenzo assolto da tutte le accuse dell’ex. «Vorrei solo stare con mia figlia, non la vedo da 7 anni»

Una lunga serie di denunce fatte nei confronti dell'ex compagno, oggi 57enne, che ieri, alla fine di un lungo iter giudiziario, ha visto arrivare l'ennesima assoluzione dal Tribunale di Paola

PAOLA (CS) – Una vicenda giudiziaria lunga e tormentata, di cui anche il nostro quotidiano si era occupato, con in mezzo anche la difficile causa per l’affido di una bimba. Milena e Vincenzo. Una lunga serie di denunce per minacce, maltrattamenti e aggressioni fatte dalla donna (che in una circostanza aveva pubblicato anche sui social le foto delle presunte violenze subite) nei confronti dell’ex compagno, oggi 57enne, sempre respinte al mittente, che ieri ha visto concludersi il suo iter giudiziario con l’ennesima assoluzione arrivata dal Tribunale di Paola “perchè il fatto non sussiste”. L’uomo era accusato di minaccia aggravata.

“Assolto in tutti i processi penali, ma nulla da festeggiare”

“È stato assolto – spiega l’avvocato Saverio F. De Bartolo difensore dell’uomo – così come è stato assolto in tutti i processi penali nati dalle denunce sporte nei suoi riguardi dall’ex compagna. Vorrei, quindi, fin da subito sgombrare il campo da ogni possibilità di equivoco e dire che la volontà di scrivere queste considerazioni e di affidarle alla vostra professionalità e deontologia, non nasce assolutamente da uno sciocco sentimento di rivalsa. Vincenzo avrà pure vinto la sua battaglia giudiziaria ma ha perso su tutti gli altri fronti, non ha più alcun rapporto con la figlia da ben 7 anni e purtroppo non ha nulla da festeggiare”.

“Sovvertire un cliché conclamato”

“Lo scopo di queste brevi riflessioni, piuttosto, – prosegue il difensore dell’uomo – è quello di offrire uno spunto per ragionare su quello che, dal microcosmo professionale dal quale vi scrivo, sembra essere un cliché oramai conclamato quanto consolidato. Ovvero quello secondo il quale, da una parte c’è sempre un picchiatore, un persecutore seriale, in altre parole un “mostro” e dall’altra c’è sempre una vittima inerme, candida come la neve. Non è così! Non è così semplice! Vale la pena – spiega – , piuttosto, proprio sulla scorta della vicenda giudiziaria di Vincenzo, chiedersi se non sia arrivato il momento non tanto di sovvertire quel binomio, che sarebbe parimenti sbagliato, ma quanto meno di relegarlo nel territorio del dubbio. Già perché il tema della crescente violenza sulle donne, che proprio perché crescente dovrebbe farci riflettere sulla bontà delle misure adottate fino ad ora, e della necessaria risposta in termini di politica criminale ma soprattutto in termini sociali e culturali, soffre, a mio modo di vedere, di gravi e fin qui apparentemente insopprimibili patologie: l’eccesso di retorica e la superficialità“.

“La storia di Vicenzo coinvolge tutti”

Spiega l’avvocato De Bartolo “sembra sempre tutto già scritto, tutto da incasellare nell’apposito spazio con buona pace dell’approfondimento e della verità vera. Il mostro verrà condannato per quello che le ha fatto, patirà le pene dell’inferno, soffrirà la riprovazione sociale e per lui non ci sarà scampo. Quando poi arriva una vicenda come quella di Vincenzo, tutto quelle certezze e quelle caselle, saltano e vanno rovinosamente in frantumi. Ecco perché  – spiega l’avvocato De Bartolo – la storia di Vincenzo merita di essere presa a spunto di riflessione. Perché essa ci coinvolge tutti! Non solo come operatori del diritto, interrogando le nostre coscienze su quanto sia umanamente e deontologicamente corretto affidare alla leva penale ciò che, molto spesso, obbiettivamente non lo merita, riguardando, in verità, solo la contesa sull’affidamento e gestione di figli nati da precedenti rapporti o piuttosto prosaiche recriminazioni di ordine economico, ma ci coinvolge anche come operatori dell’informazione, come lettori, come cittadini. Di fronte a questo stato di cose, dobbiamo interrogarci tutti se quello che stiamo facendo corrisponde a ciò che veramente andrebbe fatto per invertire una tendenza che sembra inattaccabile. Se la frammentazione della norma incriminatrice sia stata davvero la via migliore”.

“Se gli automatismi predisposti dalla leggi penali siano stati utili oppure no. Se il profluvio di convegni sull’argomento  – conclude il difensore di Vicenzo – serva veramente a qualcosa o finisca solo per banalizzare e metabolizzare ciò che, nei numeri, costituisce una vera e propria emergenza sociale. La battaglia giudiziaria di Vincenzo si è conclusa, ma Lui mi chiede sempre se e quando potrà nuovamente stare con sua figlia. Su questo, purtroppo, non so dargli alcun conforto”.

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