Calabria
Relazione della DIA: la ‘ndrangheta nelle grandi opere pubbliche, imprenditori da vittime a complici
ROMA – C’è “un’infiltrazione sempre più concreta e articolata della ‘ndrangheta nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio di autorizzazioni, licenze e concessioni”. E’ quanto emerge dalla Relazione sull’attività svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia nel 2024 presentata oggi nella sede della Stampa estera. Nel periodo di riferimento – viene spiegato – sono stati adottati almeno 208 provvedimenti interdittivi antimafia, di cui oltre 138 emanati da prefetture al di fuori della Calabria (alcuni dei quali in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata). Nel 2024 la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) ha sottratto alle mafie beni per quasi 160 milioni di euro, a fronte di sequestri per un valore complessivo superiore ai 93 milioni. Secondo il documento, la criminalità organizzata siciliana è stata particolarmente colpita, con confische per oltre 104 milioni di euro, mentre alla camorra campana sono stati sequestrati beni per circa 56,7 milioni. Complessivamente, nel corso dell’anno sono state portate a termine 53 attività investigative e sono stati eseguiti 309 provvedimenti restrittivi.
Alleanze trasversali tra clan per droga e armi
La relazione mette in luce un aspetto sempre più rilevante del fenomeno mafioso: la capacità delle organizzazioni criminali di stringere alleanze strategiche, anche tra gruppi di diversa origine geografica. Tra i casi più emblematici, l’intesa documentata tra Cosa Nostra gelese e la ’ndrangheta calabrese per la gestione del traffico di stupefacenti.
Un’altra alleanza significativa è quella tra cosche della ’ndrangheta operanti in Piemonte e alcuni gruppi della comunità sinti, attivi nei reati predatori. In questo contesto, i sinti avrebbero svolto un ruolo di supporto nel reperimento e nella custodia di armi da fuoco, rafforzando così la capacità offensiva dei clan calabresi fuori regione.
Le mafie puntano alle grandi opere e ai fondi pubblici
Particolare attenzione viene riservata anche all’interesse crescente della ’ndrangheta per il controllo delle grandi opere pubbliche e per la gestione delle risorse economiche degli enti locali. Secondo la DIA, l’infiltrazione si estende anche ai settori più delicati, come le aziende sanitarie e il servizio di raccolta rifiuti. Nonostante l’espansione a livello nazionale e internazionale, la relazione sottolinea che la ’ndrangheta continua a mantenere le sue radici nella provincia di Reggio Calabria, vero centro decisionale dell’organizzazione.
Imprenditori: da vittime a complici
Un altro elemento preoccupante emerso dalla relazione riguarda il ruolo ambiguo di alcuni imprenditori. Se in passato erano considerati vittime del racket mafioso, oggi molti di loro appaiono sempre più collusi. In alcuni casi, l’interesse delle cosche si intreccia con la volontà degli imprenditori di evadere il fisco, sfruttando l’intermediazione criminale per aggirare le regole del libero mercato. “Quando le tangenti vengono mascherate con fatture false, diventano un costo fiscalmente deducibile per l’impresa”, evidenzia la DIA. Una dinamica che rende più conveniente non denunciare le estorsioni, trasformando le vittime in complici silenziosi.
Interdittive Dia, il 72% fuori dalla Calabria
Il 72% delle interdittive della Dia che hanno riguardato la ‘ndrangheta sono state emesse fuori dalla regione di origine. “Questo ci dà l’idea della capacità di infiltrazione” ha commentato il direttore della Dia Michele Carbone. Dai dati risulta che l’86 per cento dei provvedimenti amministrativi antimafia ha riguardato le organizzazioni criminali riconducibili a camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra.
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