COSENZA – Le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza hanno eseguito una misura di prevenzione patrimoniale ai fini antimafia, su richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nei confronti di Spadafora Luigi 70 anni, e dei figli Pasquale di 45, Rosario 34enne e Antonio di 38 anni, di San Giovanni in Fiore, ritenuti affiliati di spicco della cosca Farao-Marincola della provincia di Crotone.
Secondo quanto emerso nel processo conseguente all’indagine “Stige”, la famiglia Spadafora – a mezzo delle imprese gestite, quali la “F.lli Spadafora S.r.l., la “Spadafora Legnami S.r.l., la Famiglia Spadafora società semplice agricola e le altre imprese individuali a loro intestate – governava, in regime di monopolio ‘ndranghetistico, l’offerta di legname e prodotti derivanti dai tagli boschivi operati nel territorio silano.
Facendo leva sull’appartenenza alla ‘ndrina di San Giovanni in Fiore ed in virtù della forza intimidatoria che da ciò ne deriva, avevano costituito un vero e proprio cartello di controllo mafioso dei boschi, manipolando ed indirizzando l’aggiudicazione delle gare d’appalto boschive con metodo mafioso, consistito, tra l’altro, nel porre in essere danneggiamenti alle ditte che non si allineavano alle direttive imposte dalla criminalità organizzata.
Inoltre, proprio grazie alla gestione dei boschi della Sila, gli Spadafora erano stati utilizzati per garantire, negli anni, la latitanza di elementi di spicco della cosca Farao-Marincola a cui, di fatto, facevano capo. Per tali accuse, lo scorso nel febbraio 2021, gli Spadafora sono stati condannati, dal Tribunale di Crotone, a più di 60 di carcere; nello specifico, il capo famiglia, Spadafora Luigi, (attualmente agli arresti domiciliari) alla pena di anni 15 di reclusione, mentre i suoi tre figli, Pasquale, Rosario e Antonio (ad oggi, tutti detenuti in carcere), rispettivamente a 20, 14 e 14 anni di reclusione. Su di loro grava anche la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, ancora da scontare poiché detenuti.
Il sequestro è stato possibile grazie al lavoro dei finanzieri di Cosenza che hanno svolto accertamenti patrimoniali nei confronti degli appartenenti alla cosca condannati, nonché dei loro prossimi congiunti, esaminando e approfondendo le loro variazioni patrimoniali nell’arco temporale dal 2005 al 2017. Il lavoro svolto ha evidenziato una continua e crescente sproporzione tra gli esigui redditi dichiarati negli anni dai soggetti interessati ed i loro rispettivi patrimoni immobiliari, mobiliari e finanziari, accumulati nel tempo. Infatti, lo screening patrimoniale sugli imprenditori affiliati alla cosca – effettuato mediante tecniche investigative informatiche, a cui, successivamente, sono seguiti riscontri “sul campo” a mezzo sopralluoghi ed appostamenti – ha fatto emergere l’inadeguatezza dei ricavi e degli utili comunicati al fisco, rispetto ai beni e alle disponibilità economiche e patrimoniali accumulate progressivamente negli anni.
L’esecuzione del provvedimento ha, pertanto, consentito il sequestro dei seguenti beni intestati e/o riconducibili ai quattro proposti: 6 complessi aziendali (di cui 3 società, 2 ditte individuali, n.1 azienda agricola e partecipazioni societarie), 203 immobili (tra terreni e fabbricati), 60 automezzi (autovetture, autocarri, rimorchi e mezzi agricoli), nonché quote societarie e disponibilità finanziarie di varia natura (conti correnti bancari, titoli azionari, buoni fruttiferi, libretti di risparmio e assicurazioni), per un valore complessivo stimato di oltre 50 milioni di euro.