COSENZA – Pochi giorni fa il via libera del CTS alla riapertura degli impianti di sci il 15 febbraio, esclusivamente nelle zone gialle con il contingentamento degli accessi alle piste e agli impianti ritenuto “necessario”. Un provvedimento atteso, che non riguarda solo le rinomante piste alpine, ma interessa anche la “piccola” Calabria, dove gli effetti della pandemia hanno messo in ginocchio il turismo montano. Il ritorno alla zona gialla e il via libera agli impianti di risalita in quest’ultima parte dell’inverno (sempre se si riuscirà a riorganizzare il tutto), sono una boccata d’ossigeno, ma è evidente che la riapertura non contribuirà a salvare una “stagione drammatica”, con perdite anche dell’80/90% del fatturato per quanto riguarda principalmente gli alberghi, rimasti chiusi dalla scorsa estate e fino al 50-60% per ristoratori e commercianti. Per non parlare dell’indotto e di quelle piccole aziende che sopravvivono solo grazie al turismo. Una crisi acuita dal divieto di spostamento tra le regioni, con effetti devastanti per l’intero comparto turistico-ricettivo. Tanto nel periodo autunnale, quando a farla da padrona sono le sagre, quanto alle festività natalizie e ai mesi invernali, oltre l’80% delle presenze nei territori montani è rappresentato dal turismo extra-regionale, letteralmente scomparso a causa dei divieti imposti dalla pandemia.
Commercianti, albergatori, ristoratori e operatori turistici sono divisi tra la voglia di normalità e la preoccupazione che nulla sarà più come prima. Proprio le incognite su una possibile proroga al divieto di spostamenti tra regioni, che potrebbe impedire l’arrivo dei turisti da fuori regione, lasciano tutto in sospeso mentre le località che attendono anche di conoscere nel dettaglio i protocolli per la ripartenza. Anche perché si rischia di viaggiare nuovamente “a corrente alternata” se si passasse nuovamente da zona gialla ad arancione e viceversa. Una preoccupazione forte per tutti. Occorre erogare con rapidità ristori e compensazioni, che siano proporzionali alle perdite subite. Liquidità immediata per dare ossigeno al comparto che ha finora perso il 90% dei flussi e in alcuni casi il 95% del fatturato rispetto a due stagioni invernali fa, visto che già la stagione scorsa era stata compromessa, nella sua coda, dalla pandemia e dal lockdown.
Ma per la Sila è soprattutto necessario avere certezze sulle strategie per la ripartenza, mettendo in pratica quel “famoso” piano di riqualificazione atteso da decenni per diversificare e rilanciare definitivamente il turismo di tutto il comprensorio montano, che può rappresentare davvero la locomotiva dell’intera Regione. Quando tutto questo sarà finito, per la Sila potrebbe passare davvero l’ultimo treno.