Alla scoperta dei borghi arbëreshë della provincia di Cosenza grazie all’autonoleggio

La Calabria è la regione d’Italia che conta la maggior concentrazione di arbëreshë, detti anche albanesi d’Italia, presenti soprattutto nella provincia di Cosenza

 

Sono più di venticinque i comuni del cosentino fondati dai primi albanesi arrivati nella penisola e ancora abitati dai loro discendenti. Quella degli arbëreshë è una storia di una minoranza che è riuscita a tenere viva la propria identità e tradizione e i cui borghi sono di grande interesse culturale e storico.

Storia e tradizioni arbëreshë

La migrazione degli arbëreshë è durata per diversi secoli ed è suddivisa in più ondate. Le prime furono dovute, tra il XIV e il XV secolo, all’arrivo nel sud Italia di militari albanesi al soldo degli Aragonesi e degli Angioini. Alla morte di Scanderberg, l’eroe nazionale albanese, avvenuta nel 1468, l’Albania iniziò a indebolirsi e a diventare vittima delle mire espansionistiche dell’Impero Ottomano. Questa invasione e le relative violenze diedero il via a ulteriori ondate migratorie verso l’Italia che si protrassero fino al XVIII secolo e raggiunsero anche i territorio dell’Emilia-Romagna. Detto tradizionale della comunità arbëreshë è “gjaku ynë i shprishur”, il sangue nostro sparso, ma nonostante questa dolorosa frammentazione, durante tutti questi secoli la comunità arbëreshë è stata sorprendentemente in grado di mantenere vive le proprie tradizioni, la cultura e la lingua.

Grazie ai rapporti famigliari e alla costante comunicazione con gli altri membri della comunità, ben il 70% della popolazione arbëreshë è fluente nella variante di albanese parlata in Italia, detta tosca, che negli anni è diventata un misto di albanese, italiano e greco, restando però ancora parzialmente intellegibile con l’albanese moderno. Altra caratteristica peculiare degli arbëreshë è la loro aderenza al rito cattolico bizantino e di conseguenza la grande importanza che questa comunità dà alla Pasqua, occasione durante la quale si dipingono le uova con colori accesi e le donne partecipano nel peculiare rito dell’andare a “rubare l’acqua” al pozzo restando in silenzio. Tra le tradizioni di origine albanese mantenute dagli arbëreshë spicca la vallja, danza accompagnata dal canto per ricordare le vittorie di Scandernberg. Durante la vallja, che ha luogo in occasione di diverse celebrazioni, le donne indossano i colorati abiti tradizionali, si tengono per mano impugnando dei fazzoletti e ballano in semicerchio attraversando le vie della città.

Fonte: Pixabay
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Alla scoperta delle comunità arbëreshë della provincia di Cosenza

Come detto sopra, la provincia di Cosenza ospita una grossa fetta della comunità arbëreshë, distribuita tra diversi comuni e borghi, alcuni dei quali meritano senza dubbio una visita. La posizione talvolta isolata e lontana dai grandi centri urbani di questi villaggi comporta una scarsità o totale assenza di mezzi pubblici. È quindi consigliato spostarsi per i borghi arbëreshë, spesso distanti l’uno dall’altro, tramite automobili di proprietà, se si vive in Calabria. Altrimenti, se non è possibile raggiungere la regione con la propria auto, è consigliabile cercare dei servizi di car sharing o noleggio auto su portali come https://www.offertenoleggioauto.it o https://www.autoeurope.it/. Ciò vi permetterà di esplorare questi luoghi in tutta semplicità ed evitando tanti mal di testa.

Da scoprire è infatti Civita, parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia e sicuramente il fiore all’occhiello degli arbëreshë in provincia di Cosenza. Fondata nel XV secolo, Civita offre ai visitatori sia bellezze naturali che siti di interesse culturale. Il paese sorge infatti, per ragioni difensive, sulle gole del fiume Raganello e per questo motivo è anche conosciuto come il paese tra le rocce o il paese del Ponte del Diavolo. Una visita a Civita non può essere conclusa senza prima aver visitato il Museo Etnico Arbëreshë e aver assaggiato uno dei piatti tipici del luogo che uniscono la cucina tipica arbëreshë con quella dell’area del Pollino.

Di grande interesse archeologico sono invece i siti di Spezzano Albanese. Tra questi spiccano la torre Mordillo, la cui origine normanna attesta la presenza di insediamenti nel territorio prima dell’arrivo arbëreshë, e il santuario della Madonna delle Grazie, che risale all’arrivo dei primi albanesi nell’area ed la cui fondazione è legata a un’apparizione mariana. L’organizzazione architettonica di Santa Sofia d’Epiro rende il villaggio una sorta di museo a cielo aperto: è infatti ancora possibile riconoscere la suddivisione delle vie cittadine in gijtonie, cioè quartieri attorno al quale si organizzava la vita sociale della società. Meritano inoltre una visita a Santa Sofia d’Epiro il Museo del territorio e del costume Arbëreshë e la colorata chiesa di Sant’Atanasio il Grande.

Fonte: Pixabay
Fonte: Pixabay

 

La comunità arbëreshë è riuscita negli anni a bilanciare sapientemente la propria identità albanese con la presenza in un territorio straniero. Mantenendo vive tradizioni, lingua e feste religiose, quella arbëreshë è una cultura dal valore inestimabile che continua a essere tramandata di generazione in generazione.

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