L’inchiesta Arsenico nasce nel mese di maggio del 2018 e sono stati effettuati 102 campionamenti. L’appello del procuratore Spagnuolo: “occorre dotarsi degli strumenti normativi e fare indagini epidemiologiche per vedere l’incidenza sulla salute dei cittadini”
BISIGNANO (CS) – Le indagini svolte congiuntamente dal NIPAAF Carabinieri Forestale di Cosenza e dalla Compagnia dei Carabinieri di Rende, mediante attività tecniche di intercettazioni e attività investigativa classica, hanno consentito di accertare che i due responsabili della Consuleco, amministratore e direttore generale destinatari della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, avevano fornito ai 12 dipendenti della ditta, anche loro indagati, ordine di sversare nel fiume Mucone di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi. Rifiuti provenienti da numerosi siti industriali ubicati in Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria e reflui fognari non correttamente trattati e depurati. Tutto ciò ha compromesso e cagionato un danno e deterioramento delle acque e del relativo ecosistema, con alterazione della composizione chimica, fisica e batteriologica, nonché dell’aspetto esteriore, del colore e dell’odore del fiume.
I dettagli dell’operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa tenutasi presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Cosenza, a cui ha partecipato il procuratore della Repubblica di Cosenza Mario Spagnuolo, il sostituto procuratore Giuseppe Francesco Cozzolino, il comandante provinciale dei carabinieri Piero Sutera, il comandante del gruppo carabinieri forestale di Cosenza Vincenzo Perrone, il comandante del NIPAAF Adolfo Mirabelli ed il comandante della compagnia di Rende Sebastiano Maieli.
LA CONFERENZA STAMPA – VIDEO FRANCESCO GRECO
Il bypass e l’impianto dove la depurazione non avveniva
I rifiuti speciali venivano conferiti presso l’impianto di trattamento della Consuleco che avrebbe dovuto trattarli per ridurre il livello di elementi inquinanti entro i limiti previsti per poi conferirli in testa all’impianto di depurazione comunale di Bisignano, dove avrebbero dovuto proseguire il trattamento previsto. Tale processo invece non avveniva in quanto gli approfondimenti investigativi, corroborati da 102 prelievi effettuati sul fiume Mucone, in prossimità dello scarico ed a diverse altezze della condotte fognarie e dell’impianto di trattamento rifiuti liquidi, hanno comprovato che gli indagati, tramite una condotta di bypass, utilizzata esclusivamente nelle ore notturne, scaricavano ingenti quantitativi di rifiuti liquidi, senza sottoporli a trattamento, direttamente nella condotta fognaria di scarico e quindi nelle acque del Fiume Mucone, ove sono stati rilevati, come si evince dai campioni esaminati dall’Arpacal, livelli altissimi di elementi inquinanti, con concentrazioni anche superiori di 40.000 volte rispetto al limite di legge. Anche le ispezioni condotte dai Carabinieri sulle sponde del fiume hanno consentito di evidenziare una coltre di schiuma torbida e scura che si estendeva sino a valle, nonché odori nauseabondi ed irritanti.
Questa mattina, i militari dell’Arma hanno inoltre eseguito perquisizioni e sequestri di materiale probatorio, emessi dall’A.G. delegante, presso siti industriali ubicati nei Comuni di Taranto, Brindisi, Viggiano (PZ), Motta S. Anastasia (CT), Gela (CL), Crotone (KR), Lamezia Terme (CZ), Corigliano-Rossano (CS) e Celico (CS), siti che, sulla base di regolari contratti, conferivano i rifiuti presso la Consuleco di Bisignano. A conclusione delle operazioni, come disposto dal GIP, un custode giudiziario assicurerà la continuità del processo depurativo del solo impianto comunale.
Eseguite due misure cautelari reali e personali per il reato di “inquinamento ambientale”, emessa dal Gip del Tribunale di Cosenza Piero Santese, su richiesta del Sostituto Procuratore titolare dell’indagine, Giuseppe Francesco Cozzolino, e del Procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo, procedendo al sequestro preventivo dell’impianto di trattamento rifiuti liquidi speciali di proprietà della Consuleco srl e del depuratore comunale, entrambi ubicati in località Mucone del Comune di Bisignano (CS) e gestiti dalla medesima società.
“L’indagine ha dimostrato che un impianto per la depurazione dei reflui industriale, invece di depurare gettava questa roba nel fiume Mucone. Veleno allo stato puro”. Ha dichiarato il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo, che ha poi lanciato un appello agli organi competenti. “Abbiamo interrotto un momento di inquinamento assolutamente grave e importante – ha detto il procuratore – e occorre fare verifiche di tipo ambientale e amministrativo, occorre dotarsi degli strumenti normativi e fare indagini epidemiologiche per vedere l’incidenza sulla salute dei cittadini. Stiamo parlando del più grosso depuratore industriale del Meridione d’Italia – ha sottolineato Spagnuolo – che ha contratti per milioni e milioni di euro con una serie di siti industriali che producono rifiuti pericolosi, che devono essere smaltiti”.
“Sono arrivate segnalazioni forti che partivano dal territorio, che sono finite anche in un’interrogazione parlamentare, e abbiamo rivolto attenzione a questo depuratore” ha detto il colonnello Piero Sutera, comandante provinciale dei Carabinieri. “L’indagine è iniziata nel mese di maggio del 2018 e abbiamo fatto 102 campionamenti – ha detto Sutera – per comprovare in maniera certa le responsabilità del mancato funzionamento del depuratore”. Lo sversamento avveniva attraverso un bypass che faceva scaricare una grossa quantità di reflui nel fiume Mucone, senza alcun trattamento. In alcuni casi sono stati rilevate concentrazioni di escherichia coli anche 40.000 volte superiore a quanto previsto per legge.