Lorica, cede seggiovia muore Bloise: il tecnico non parla italiano, si capivano a gesti

Il cestello di manutenzione sarebbe stato montato “a gesti”. Il tecnico dell’azienda madre non parla italiano e Bloise  assemblava guardando il progetto e cercando di comunicare con segni

 

 

COSENZA – Si è svolta l’udienza del processo inerente la morte di Enzo Bloise, 31 anni originario di Laino Borgo ma residente da tempo a Savona, nel dicembre 2016, l’operaio della ditta Basso che avrebbe dovuto collaudare la seggiovia a Lorica. Il cestello precipitò con a bordo Bloise e Sassone che rimase gravemente ferito.  Unico imputato Roberto Lazzarino, 53 anni, titolare della ditta che espletò in subappalto i lavori della seggiovia a Lorica (qui la notizia). In aula sono stati sentiti Stefano Sassone, altra vittima costituitasi parte civile, l’amministratore della ditta Basso che ebbe il lavoro in subappalto e con il consenso delle parti sono stati acquisiti i verbali dell’operaio che quel giorno si trovava a valle, nella sala controllo, insieme al tecnico inviato dalla Bartholet quando il carrello precipitò.

Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Linda Sena e Roberta Scozzafava del foro di Cosenza. La difesa di Lazzarino rappresentata dall’avvocato Rinaldo Sandri del foro di Asti.

 

Stefano Sassone ha ripercorso l’evento tragico davanti al giudice Monocratico De Vuono e al pubblico ministero Cozzolino, specificando che in quel contesto lui aveva la mansione di operaio mentre il caposquadra era Enzo Bloise, il deceduto nell’impatto e che lui eseguiva gli ordini di Bloise. Specifica anche che a loro volta eseguivano altri comandi da parte di altri responsabili. Il lavoro era strutturato in fasi: c’era chi stava alla base e che preparava le seggiovie, il macchinista che stava nella casetta di controllo per effettuare il movimento della seggiovia; la particolarità era che quest’ultimo era uno straniero e i comandi ma anche i dialoghi tra Bloise e lo straniero avvenivano gesticolando perchè quest ultimo “masticava l’italiano” ma non fluentemente.

Il controllo non riusciva ad essere preciso e chiaro dalla cabina di controllo. E poi la mancanza di formazione in riguardo alla fase di manutenzione e questo tipo di lavoro che andavano a svolgere. Ci sono più responsabili all’interno del cantiere ognuno svolgeva una mansione.

Sassone ha raccontato l’episodio da quando sono saliti. Lui non ha montato il cestello ma trasportava gli strumenti sul cestello per poi servire in alta quota. Seguiva gli ordini di Enzo Bloise e poi arrivati verso il terzo, quarto pilone ha sentito un rumore, ha chiesto a Bloise cosa fosse, nel frattempo che Bloise cercava di rispondere “stai tranquillo che adesso verifichiamo”, il carrello ha iniziato a prendere quota in discesa fino a precipitare da un’altezza esagerata. Sul colpo muore Bloise e lui rimane gravemente ferito. Ha raccontato i postumi subiti alle costole, al bacino, al setto nasale nonchè l’invalidità conseguente all’incidente sul lavoro e le varie sedute psico terapeutiche a cui si è sottoposto perchè rimasto traumatizzato dal momento in cui era la sua prima volta che faceva questo lavoro in alta quota insieme ad Enzo Bloise e quest’ultimo è venuto a mancare di fianco a lui. Materialmente per Sassone è stato difficile riprendere il lavoro dopo tanti mesi dall’incidente.

“Mi disse di andare a prendere il materiale. Sul cestello mi diceva che cosa fare. Il cestello era la prima volta che veniva utilizzato. Il cestello era imballato. Abbiamo controllato visivamente ed era tutto a posto. Il compito di controllare il cestello lo aveva la persona esperta. E’ stato portato sul posto dalla Bartholet. E c’era Silvan che supervisionava. Penso era compito suo vedere se era a posto oppure no. Io pensavo a lavorare non vedevo quello che faceva Silvan. A me Bloise mi ha dato il materiale in mano per andare a lavorare. Poi non so se Silvan fumava la sigaretta o guardava. Io nell’incidente ho riportato la rottura di quattro costole, la frattura al bacino, la rottura del setto nasale…sono rimasti i postumi: non ho più la sicurezza di prima ma si va avanti. Mi sono sottoposto a qualche seduta dallo psicologo ma poi ho abbandonato”

LE ORE ANTECEDENTI L’INCIDENTE

Io sono stato assunto come operaio nel 2015. Quel giorno sono arrivato intorno alle sette del mattino. Era presente la squadra e Silvan. Della Basso non c’era nessuno tranne Fenoglio come datore di lavoro. Procediamo con le operazioni di montaggio. Prendiamo il cestello impacchettato e lo portiamo sotto la fune. Sballiamo l’involucro e lo apriamo. Non c’erano istruzioni per montare il cestello, non le ho viste visivamente, però Enzo e Silvan avevano la cartella dove c’erano tutti i pezzi di come si potevano montare. Silvan alcune volte ci diceva come procedere perchè quando c’era il pezzo nuovo lui ci diceva come montarlo. Silvan è svizzero e non parlava italiano bene, lo usava pochissimo. Ci capivamo a gesti. Silvan era un dipendente della Bartholet.

Questo cestello serviva per la manutenzione e l’abbiamo collegato noi. A montarlo erano Domenico Bloise ed Enzo insieme a Silvan. Attorno, sul posto c’erano altri operai e Fenoglio ma a montare il cestello erano in tre. Per il montaggio l’attrezzatura era tutta fornito dal costruttore, all’interno dell’imballaggio. Io non avevo mai assistito al montaggio di un morsetto sulla fune. Bloise aveva già montato un cestello di manutenzione e collegato ad una fune, lo so per sentito dire non perchè fossi presente.

Quella mattina ha deciso Enzo che si potesse procedere. Bloise era un operaio e nessuno della Bartholet e della Basso ci disse che il cestello era pronto per partire e siamo partiti. Facciamo tre chilometri e mi ricordo di avere sentito un rumore, uno strappo  abbiamo alzato gli occhi e per noi era tutto a posto. Ad un certo punto Bloise disse “ferma ferma” diretto ai comandi sotto, alla cabina sotto. Mentre noi eravamo su nel cestello c’era chi ci controllava dalla stazione; ci pilotavano dalla stazione Silvan e Lico. Quando abbiamo iniziato a gridare l’unica cosa che potevano fare è fermare la fune”.

Sassone dopo aver risposto agli avvocati parte civile Sena e Scozzafava continua a rispondere alle domande della difesa di Lazzarino: “L’attività di montaggio: il carrello non aveva soltanto il braccio e la morsa. Era dentro il carrello imballato. Sballato si è montato e poi serrato. Il montaggio consisteva nel montare braccio e morsa…abbiamo serrato dei bulloni. Durante il serraggio c’era presente Silvan. Io non ho visto le cartelle che aveva in mano Silvan cosa contenessero ma presumo fosse il progetto perchè guardava e se qualcosa andava storto, prima di montare guardava lui e ci diceva come andava fatto.

Prima dell’ancoraggio del cestello non ci fu nessuna anomalia. Sul serraggio non so come dovesse essere fatto ma fui io a portare la chiave che mi fu chiesto di andarla a prendere sotto il sedile del Pickup . Era la prima volta che facevo questo “mestiere” ed era una chiave strana, non l’avevo mai vista. Era con tre  – quattro spinotti che va dentro il buco della morsa e si stringe in senso orario. C’è un verso e una volta che la molla arriva in battuta poi non si stringe più. Io non so se la molla fosse arrivata ma penso di sì. Non penso che Bloise volesse suicidarsi quando siamo saliti.

Quando siamo partiti avevamo la cintura di posizionamento e casco. Io ho fatto dei corsi ma non ricordo le ore ma abbastanza anche due o tre giorni di corsi. Oltre all’uso di dispositivi ho fatto primo soccorso, antincendio, lavori in quota e altri. Io salgo con Bloise ancorato, arrivati al pilone ci fermavamo scendevamo dal cestello come ci hanno insegnato con sicurezza, sganciando un gancio e rimanendo attaccati con l’altro perchè si va in doppio gancio quando ti sposti. Eravamo in sicurezza totale”.

LO STRAPPO, IL RUMORE, IL CARRELLO PRECIPITA

“Ho sentito uno strappo, non so da dove proveniva ma la prima cosa che abbiamo guardato era il cestello e la morsa ed era tutto a posto. lo strappo era come se il cestello andasse avanti e poi rimanesse tipo bloccato. La morsa è rimasta serrata al palo quando l’ho vista io. La morsa era sopra di noi e il serraggio si faceva dalla morsa stessa. Non ricordo crepe sulla testa della morsa, era integra. Il canotto nel quale era inserita la molla della morsa era integro.

Quando torniamo indietro oltre a prepararci all’impatto ho pensato subito alla stazione a valle in curva e che per la velocità presa saremmo andati dritti. Poi mi sono messo rigido per non fare urtare schiena e collo e poi mi sono ritrovato a terra”.

 

FENOGLIO: SILVAN NON MASTICA L’ITALIANO MA SI CAPIVANO A GESTI, C’ERA FEELING

Fenoglio Flavio Marco è l’amministratore della ditta Basso. Rispondendo alle domande del pubblico ministero dichiara che “nel dicembre 2016 andavo poco sul cantiere. Diciamo che supervisiono ma non do indicazioni operative su come svolgere il lavoro. L’impianto fune è un lavoro molto specializzato e ci sono le persone altamente specializzate. Ero sul cantiere da un paio di giorni. In quel periodo avevamo un altro cantiere e bazzicavo.  Quel giorno siamo andati in cantiere insieme tutti, gli operai loro col furgone io con la macchina. C’erano i tecnici Bartholet Silvan, il montatore  e il capo commessa.

Abbiamo fatto il briefing, Silvan è partito con Bloise Enzo, Stefano perchè loro dovevano vedere le cose tecniche e specifiche del cantiere. Poi mi sono avvicinato all’impianto seggiovia che c’erano Bloise e Stefano che studiavano già sul carrello, che chiedevano a Silvan e dialogavano con Silvan e poi quando è successo il fatto io ero a 100 metri, 50 metri dal cantiere perchè con Bloise Domenico stavano assemblando, perchè i veicoli come il carrello di manutenzione arrivano e bisogna comporli: si assemblano a terra e poi si mettono sulla fune. Quando siamo arrivati abbiamo fatto il briefing della supervisione ai cantieri.

Nella parte tecnica del cantiere era Enzo che faceva il briefig al mattino a colazione, perchè eravamo in albergo insieme con Silvan poichè lui collaborava. Ogni mattina si faceva ed ero presente perchè si faceva colazione assieme e si programmava ciò che fare il giorno. Quella mattina era proprio il programma perchè eravamo in dirittura di arrivo. Montiamo i pali. Un tecnico con il gps e si allineano le rulliere e bisogna in ogni caso verificare. Si tira la fune ed è fatto regolarmente in ogni impianto. La casa costruttrice manda l’impalmatore. quando si è fatta l’impalmatura si procede a magnetoscopia della fune. Viene un tecnico che controlla il diametro dove è stato impalmato. Quando ci danno l’ok noi iniziamo ad assemblare i veicoli. Si aggancia il veicolo di servizio e si fa un giro con il carrello di manutenzione rimanendo in contatto radio con il macchinista. Così si controlla quando il carrello entra in rulliera. Quando arrivano sul palo stoppano.

Non ricordo se ero presente al briefing. Quando hanno messo su il carrello non ero presente ma ero in giro. E’ una cosa che non tocca a me, avendo una persona come Enzo in cantiere: veicoli di soccorso, di manutenzione ne ha agganciati a migliaia.

IL CESTELLO IN DOTAZIONE

Noi facciamo montaggi per l’azienda costruttrice. Questo cestello di manutenzione è in dotazione con l’impianto, sia funivia o seggiovia, che viene consegnato. Quando devono fare le manutenzioni devono controllare gli allineamenti della fune …è l’unica cosa in dotazione. L’impianto lo aveva realizzato la Bartholet società svizzera. La Bassa di cui sono amministratore lavora in appalto per tutte le aziende costruttrici di impianti per i montaggi e l’esecuzione di opere edili e quant’altro. Nessuna società fa montaggi. Poi interveniamo noi, l’oggetto dell’appalto è montaggio meccanico e allineamento fino al collaudo del Ministero.

Durante l’esecuzione il cestello viene consegnato alla ditta che gestisce la lavorazione. Il cestello di manutenzione è in dotazione all’impianto. Il cestello non era stato utilizzato in altre lavorazioni. Ogni azienda costruttrice supervisiona tutti i montaggi effettuati. Il nostro caposquadra e il montatore lavorano in parallelo. E’ prevista sempre l’assistenza. Ogni azienda costruttrice realizzano gli impianti e li pre-montano in azienda: il montatore meccanico che premonta in azienda poi ci assiste in cantiere. Il cestello era stato assemblato prima in azienda e poi dopo disassemblano per il trasporto e noi riassembliamo in cantiere come tutta la componentistica.

NESSUNA LEZIONE PER MONTARE IL CESTELLO

Per quanto riguarda l’aggancio del cestello alla fine non c’erano state lezioni su come montare il cestello; della morsa sì, della tipologia del serraggio sicuramente sì. In un cantiere quando si lavora dieci ore al giorno di briefing se ne fanno a migliaia. Nel caso specifico la persona deceduta in passato aveva eseguito corsi di formazione su come montare un cestello non so se in particolare su quel cestello. E di queste cose se ne fanno sempre. Tutta la documentazione si supervisiona tutte le mattine in cantiere. Posso aggiungere che Bloise non ha fatto un solo corso di montaggi ma migliaia. Sull’aggancio del cestello alla fune riferito a Bloise non so. L’attività di collegamento alla fune e tutta l’attività di montaggio è di competenza nostra con l’assistenza del montatore che aveva preassemblato l’impianto. Noi svolgiamo tutta la lavorazione ma supervisionati. Materialmente il collegamento del cestello dobbiamo farlo noi ma supervisionati.

L’INCONTRO MANCATO?

Io non so se Prima di quella mattina c’era stato un incontro di studio sul progetto che spiega come agganciare il cestello alla fune tra Enzo Bloise e il tecnico Silvan. Io ero lì quella mattina ma di queste riunioni se ne fanno a migliaia, dove si parlava dei montanti, ma onestamente non so di come si attaccava il cestello alla fune. Sulla formazione del lavoratore che monta il cestello alla fune a livello normativo devo mandare persone esperte e qualificate. Sul montaggio in particolare no.

I GESTI E IL FEELING

Durante il montaggio materiale io non ho sentito se diceva qualcosa Enzo. Erano vicini con Silvan. Non so quando può durare l’operazione di aggancio, si mette su con i pali della gru e poi si sale. Silvan parla più lingue ma comunque c’era molta collaborazione. Parlava anche l’italiano un po’ ma comunicavano a gesti: tra quelli bravi c’è sempre feeling. Si sono sempre capiti, ma non aveva la padronanza italiana. Con i disegni davanti si capivano. 

LA VERITA’ DI LICO E IL MOMENTO DELLO SCHIANTO

Lico è operaio della ditta Barbieri che a dicembre 2016 stava svolgendo lavori di realizzazione degli impianti sciistici di risalita di Lorica denominato Cavaliere – Codecola di Coppo”. Racconta di essersi recato sul luogo verso le sette del mattino trovando già alcuni operai della ditta Basso che avrebbero dovuto occuparsi del montaggio della seggiovia sull’impianto di risalita, sia del controllo della fune e dei rulli lungo i piloni che risalgono da valle a monte e viceversa.

“Due operai della ditta Basso dovevano effettuare i controlli lungo l’impianto di risalita sulla fune e sui rulli ancorati ai piloni per verificare che fossero in asse. Gli operai della ditta Basso insieme ad Enzo Bloise e a Stefano Sassone hanno montato il carrello di manutenzione sulla fune a valle per eseguire il controllo sulla linea. Io sono rimasto a valle esterno allo chalet in legno adibito a sala controllo insieme a Silvan il tecnico che lavora per conto della Bartholet, la ditta svizzera che si occupa della fornitura, montaggio e collaudo impianti di risalita. Silvan è il conoscitore e referente dei vari pannelli di controllo da cui si azionano i motori dell’impianto. Enzo e Stefano lavoravano sulla via verso monte io li ho seguiti visivamente fino al secondo traliccio dall’esterno dello chalet.

I due operai avevano una radiolina attraverso la quale mi comunicavano a valle la loro necessità di spostamente, quando azionare l’impianto  e quando fermarlo. Gli operai sull’impianto parlavano con me via radio perchè Silvan è svizzero e non parla la lingua italiana. Io poi comunicavo in inglese con Silvan che materialmente interagiva sull’impianto azionando i motori per gli spostamenti lungo la linea. Il carrello di manutenzione era nuovo e qui a Lorica veiva utilizzato per la prima volta.

Arrivati al quarto traliccio mentre erano in movimento diretti verso il quinto, introno alle 11 deve essere successo qualcosa perchè ho visto il carrello di manutenzione venire giù verso valle come se scivolasse lungo la fune acquistando sempre più velocità superiore di quella prevista se fosse stata una inversione di motori. A questo punto mi sono messo ad urlare, “il carrello, il carrello”. Le urla hanno attirato anche l’attenzione di Silvan all’interno dello chalet – sala macchine.

Il carrello giunto al traliccio tre notavo che la fune usciva dall’alloggiamento del rullo ancorato sul traliccio medesimo. Contestualmente notavo la fune ondeggiare in modo verticale e contemporaneamente vedevo il carrello di manutenzione staccarsi dalla fune e cadere nel vuoto con i due ragazzi sopra.

La caduta del carrello è avvenuta tra i tralicci tre e due ad una distanza di circa 250 metri. Io sono corso verso il luogo dove era caduto il carrello e dietro di me anche Silvan. Le mie urla hanno attirato l’attenzione dell’ingegnere Tocci della Barbieri costruzioni e insieme ad altre persone abbiamo allertato i soccorsi compreso l’elisoccorso. Giunto al carrello ho visto Enzo non cosciente mentre Stefano diceva che aveva dolore ad un braccio e alle costole e che faceva fatica a respirare. Enzo pur respirando a fatica non dava segni di ripresa, rimanendo sempre non cosciente. Poi sono giunti i soccorsi. L’elisoccorso carica Stefano per il trasporto in ospedale, mentre Enzo muore sul posto”.

 

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