La sentenza di condanna accoglie la richiesta della pubblica accusa per il principale imputato. Quattro anni per Iana Koshova e assoluzione per Liudmyla Popova
CARIATI (CS) – Un colpo di scena oggi nella sentenza emessa dalla Corte di Cassazione di Cosenza presieduta dal giudice Lucente che accoglie in parte le richieste del pubblico ministero. Per l’imputato principale Mihails Dimitriks, di 41 anni è stata accolta la richiesta di ergastolo con l’isolamento diurno di un anno contro i due mesi chiesti dall’accusa. Si rovescia completamente la situazione per le trentunenni Koshova e Popova. Per la prima era stata chiesta una condanna a 23 anni di carcere per la seconda 16. La Corte ha ritenuto di condannare la Koshova a 4 anni di carcere e di assolvere la Popova. Per Dimitriks e la Koshova interdizione legale per tutta la durata della pena ed espulsione dall’Italia non appena espiata la condanna. L’accusa è rappresentata dal Procuratore Iannotta della Procura della Repubblica di Castrovillari
Il processo in primo grado giunge alla conclusione dopo cinque mesi di istruttoria dibattimentale in cui dagli operatori di Pg che hanno operato sul posto, ai periti, ai teste chiamati dalla difesa si è ricostruita la storia della vittima che prometteva il lavoro alle donne straniere, spesso rivelatosi poi non vero e proponendo qualche lavoro “allegro” nel frattempo di una sistemazione più adeguata che in ogni caso non trovò mai per nessuna delle donne che approdarono alla sua porta. Nel processo sono stati ricostruiti anche i percorsi, le vite e le amicizie degli imputati, una delle quali essere stata anche la compagna della vittima
IL FATTO
Il 3 settembre del 2017 in contrada Vascellero, a Cariati, fu ritrovato il cadavere di un uomo, avvolto in una coperta, nel bagaglio di una Opel con targa polacca sul ciglio di una strada limitrofa alla spiaggia. A dare l’allarme persone del posto. Intervennero i carabinieri della locale compagnia. Dai primi accertamenti effettuati, medico legali, sul corpo dell’uomo, di nazionalità straniera, emersero ferite da arma da fuoco al torace. Successivamente da esame autoptico emersero anche delle ferite da arma da taglio. La sua morte fu dovuta alla perforazione di cuore e polmone a causa di numerosi fendenti e un colpo di arma da fuoco.
Iniziarono a delinearsi i contorni del giallo della spiaggia di Cariati. L’uomo, Yuriy Zinchenko, fu identificato grazie alle impronte digitali che lo identificarono come soggetto noto alle forze dell’ordine, indagato per associazione a delinquere finalizzata all’introduzione di immigrati clandestini sul nostro territorio. Aveva un permesso di soggiorno rilasciato per motivi umanitari. Fu arrestato nel 2010 a Crotone come scafista di un’imbarcazione di migranti proveniente dalla Turchia. Per gli inquirenti Zinchenko, 46 anni, era coinvolto nelle truffe di falsi braccianti e del caporalato.
Il proprietario della macchina, scoprirono gli inquirenti, era un cittadino polacco. Solo sei giorni servirono ai militari dell’Arma per venire a capo dell’intera vicenda e la Procura della Repubblica di Castrovillari, diretta dal Procuratore capo Facciolla emise tre fermi di indiziato di delitto nei confronti di due cittadine ucraine ed un uomo lituano per l’omicidio di Yuriy Zinchenko accusati a vario titolo di omicidio premeditato, favoreggiamento e occultamento di cadavere: Mihails Dimitriks, di 40 anni, e le trentenni, Iana Koshova e Liudmyla Popova.
A sciogliere tutti i nodi sarebbe stata la compagna della vittima Liudmyla Popova, latitante e ritrovata dai carabinieri a Corigliano, la quale chiese un’interprete per essere interrogata e svelare l’assassino del compagno. Secondo le dichiarazioni rese la Popova avrebbe solo assistito all’omicidio compiuto dal lettone e da una quarta persona, un uomo. Sembra infatti che le telecamere riuscirono ad immortalare l’auto di Dimitriks che avrebbe fatto da “staffetta” alla Opel Vectra di Zinchenko, in quel momento cadavere e trasportato, appunto, da un quarto uomo. I militari dell’Arma durante le indagini si avvalsero anche di attività di intercettazioni ambientali, telefoniche, nonché dei tabulati. La casa di Zinchenko, a Torretta di Crucoli, si trovava a pochi chilometri di distanza dal luogo del ritrovamento del cadavere. Popova, spiegarono gli inquirenti in conferenza stampa, ripulì l’appartamento. «È stata lei a decidere di collaborare perché non si fidava più di quelle persone – affermò il sostituto Luigi Spina, all’epoca dei fatti titolare dell’indagine -. Era diventata una testimone scomoda e temeva azioni ritorsive».
Aperta l’indagine, i carabinieri risalirono all’identità del cadavere. Zinchenko ucciso per un contrasto di natura economica sorto nell’ambito della sua attività. L’uomo era conosciuto come colui che fungeva da intermediario nel collocare badanti presso famiglie oppure cittadini stranieri negli esercizi pubblici del crotonese, in particolare dell’Est-Europa. «Direi che in una settimana siamo riusciti a chiudere la prima fase di questo omicidio – dichiarò Facciolla, il procuratore capo della Procura della Repubblica di Castrovillari -. È stato un caso particolarmente difficile e complesso, perché avevamo solamente un cadavere rinchiuso in un’autovettura con targa straniera, senza generalità. L’uomo è stato accoltellato e poi attinto da colpi di pistola. L’omicidio è stato consumato da quattro persone, ovviamente con ruoli diversi – spiegò il procuratore Facciolla -. Certamente i due uomini hanno agito in prima battuta, sull’azione violenta e poi le due donne in attività di contorno. Sono state usate più armi, due coltelli e una pistola».