L’anziano capomafia in videoconferenza si dichiara innocente. Collaboratore di giustizia Foggetti nella sua testimonianza racconta l’asse criminale tra Cosenza e Cetraro
MILANO – Dichiara di essere innocente Franco Muto, il “Re del pesce”, nell’udienza che si è svolta ieri a Milano, riguardante il processo “Frontiera-Cinque lustri” che lo vede imputato. L’anziano capomafia in videoconferenza ancora una volta si professa “un uomo onesto, un lavoratore che ha già pagato il suo debito con la giustizia.” Delle accuse che lo riguarderebbero, spaccio di droga, racket, mercato del pesce, ecc., in poche parole lui “non vi ha nulla che vedere”. Sarebbe totalmente estraneo ai fatti. Questo è ciò che ha dichiarato ai pm Prontera e Luperto.
“Sono 20 anni – le parole di Franco Muto – che mi accusano di tutto, ma io di queste cose non so assolutamente nulla. Io e mio genero Andrea Orsino, al quale hanno sequestrato la pescheria, abbiamo sempre lavorato onestamente. E’ stato detto che il clan Muto prendeva il pescato dal porto, ma è falso. Intanto non vi era nessun clan e poi erano i pescatori che portavano il pesce alla pescheria da mio genero e lui rilasciava regolare fattura. Ho lasciato anche mia moglie, perchè non volevo che continuassero a darle fastidio, ma ancora oggi vengo accusato di fatti degli anni ’80, per i quali ho già pagato. Qualche volta andavo alla pescheria di mio genero per guadagnarmi qualcosa onestamente. mi hanno trascinato 4 volte in Assise e sono sempre stato assolto.”
Le dichiarazione del collaboratore di difesa Foggetti
Alla sua difesa sono seguite le accuse del luogotenente dei Ros di Salerno Claudio Visalli, che in prima persona ha seguito l’indagine riguardo i legami che i Muto avevano oltre i confini regionali. Poi è toccato al collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti, che veste un ruolo chiave nel processo. Proprio lui ha svelato tutto l’asse criminale tra Cosenza-Cetraro. Ha parlato degli “affari” che si svolgevano in queste zone e dell’egemonia del clan Muto sul mercato del pesce. Questi avevano il dominio assoluto, il pesce girava solo grazie a loro. Secondo il pentito a Paola, il distributore era Alfredo Palermo; a Cosenza il compito spettava ai Di Puppo. Foggetti ha sottolineato di aver preso possesso del territorio paolano nel 2013, perchè “dovevo mettere a posto le cose con le estorsioni di droga. A San Lucido c’erano i Calabria, mentre da Longobardi in poi il territorio era gestito da due congiunti del boss Tommaso Gentile. A Fuscaldo c’erano i Martello, con i quali non correva buon sangue e da Cetraro fino a Praia a Mare il boss Franco Muto”. Una vera e propria rete collaudata. Ciò che viene portato avanti nelle indagini è il monopolio della ‘ndrangheta sul pescato e nel servizio dei locali.