Assolti i manifestanti che occuparono la stazione di Rossano

Ora si chiede alle Ferrovie dello Stato di preoccuparsi dei treni sulla linea jonica e non di accanirsi contro chi rivendica il proprio diritto al trasporto pubblico.

ROSSANO (CS) – Manifestavano contro la soppressione dei treni, ma furono denunciati. “Il 15 settembre 2012 la nostra associazione, -scrive in una nota il Movimento Terra e Popolo – in sinergia con altre associazioni del territorio, ha organizzato una grande manifestazione presso la stazione ferroviaria di Rossano, per protestare contro l’abbandono della tratta ionica da parte di Ferrovie dello Stato, un abbandono concretamente manifestato con la chiusura delle stazioni e delle tratte a lunga percorrenza.

 

In quell’occasione centinaia di cittadini invasero la stazione provocando ritardo ad una carretta diesel da 50 posti che rappresenta il top della gamma di treni che passavano sulla tratta ionica. La società delle ferrovie l’indomani, oltre a violare quotidianamente il diritto alla mobilità di centinaia di migliaia di persone che vivono sull’intera fascia, ebbe l’arroganza di denunciare 14 persone per “interruzione di pubblico servizio”, chiedendo inoltre il rimborso di 5mila euro per i danni causati dalla manifestazione.

 

All’epoca rispondemmo con una conferenza stampa ed una seconda manifestazione, nella stazione di Sibari, alla quale parteciparono anche numerosi sindaci del territorio, e precisando una cosa semplice: per interromperlo, un servizio, dovrebbe esistere. Tutte le persone denunciate furono incredibilmente rinviate a giudizio e dopo 4 anni di questo importantissimo processo, il 18 settembre scorso, sono state tutte assolte perchè “il fatto non sussiste”. In attesa delle motivazioni della sentenza, ci chiediamo: chi rimborserà un intero territorio che si è visto criminalizzato per aver osato rivendicare servizi dignitosi, civili, europei mentre gli inquisitori continuavano ad abbandonare criminosamente intere comunità?

 

Non c’era bisogno di alcuna sentenza per dimostrare la palese ragione di una protesta che ancora oggi è sacrosanta, una protesta che aveva degli obiettivi vergognosamente attuali: il ripristino delle tratte a lunga percorrenza, la riapertura delle stazioni, l’avvio dei lavori per il raddoppio e l’elettrificazione della tratta ionica lucana e calabrese. Ringraziando gli avvocati Maurizio Minnicelli, Giuseppe Urso e Rodolfo Ambrosio che hanno seguito legalmente la vicenda, approfittiamo dell’evento giudiziario per invitare il neo CDA di RFI ed il suo Amministratore Delegato, Maurizio Gentile, ad evitare di impiegare risorse pubbliche per andare in appello in un processo che si commenta da solo.

 

Si impieghino piuttosto risorse umane, tecniche e finanziarie per investire sulla rete ferroviaria ionica, ricordandosi che anche in questa area di nazione vivono cittadini europei con gli stessi diritti fondamentali degli altri. I governi nazionali, invece, con la complicità delle varie società partecipate delle ferrovie, perseverano nell’atteggiamento criminoso che priva centinaia di migliaia di persone del diritto alla mobilità, continuando a fare il gioco di una lobby della gomma che ha letteralmente falciato le gambe all’intera Calabria e che è concausa del sottosviluppo dell’intera area geografica.

 

Non possiamo dunque non ribadire l’esigenza di avviare un tavolo nazionale, che coinvolga le istituzioni locali e la società civile, con lo scopo di affrontare finalmente la questione delle infrastrutture in Calabria con particolare riferimento al potenziamento della tratta ferroviaria ionica. Citando quanto ebbe a dire uno degli “imputati” proprio in occasione della manifestazione: “Il treno non è un’accozzaglia di ferro, ma porta con se storie di vita”, e quella di questo ridicolo processo è una di quelle storie che porta con se una littorina diesel da 50 posti, Metaponto – Catanzaro, fabbricata nel dopo guerra”.

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