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Prete condannato per violenza sessuale nel Savuto. Diocesi di Cosenza: «dolore e vergogna»

COSENZA – “L’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Giovanni Checchinato e l’intera Chiesa cosentina, esprimono dolore e vergogna per quanto accaduto in una parrocchia del Savuto che ha portato alla condanna di un sacerdote che svolgeva in essa il ministero di parroco”. Lo scrive in una nota Don Enzo Gabrieli, Direttore dell’Ufficio Stampa della Diocesi di Cosenza.

“Nel precisare che la Diocesi bruzia aveva già emesso un provvedimento di sospensione dalle attività ministeriali nei confronti del parroco, non appena si era delineata la situazione, e che attualmente è in corso un procedimento canonico come previsto dalle vigenti norme ecclesiali. Insieme all’imbarazzo e al dispiacere l’Arcivescovo a nome della Chiesa di Cosenza-Bisignano esprime vicinanza e assicura la preghiera per la vittima interessata da tale vicenda e per quanti hanno ricevuto scandalo o resteranno feriti da questa triste situazione nella quale è intervenuta, con una sentenza, l’autorità giudiziaria preposta”.

I fatti e la condanna

Il Tribunale di Cosenza ha condannato a un anno di reclusione un sacerdote di 55 anni, parroco di due comunità della Valle del Savuto, per un episodio di violenza sessuale ai danni di una donna ucraina di 32 anni. Il pubblico ministero Antonio Bruno e il giudice Alfredo Cosenza hanno inoltre disposto per l’uomo, identificato come A.D., l’interdizione perpetua da qualsiasi incarico legato alla tutela e alla curatela, oltre alla sospensione dai pubblici uffici per tutta la durata della pena e all’obbligo di coprire le spese processuali.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, i fatti risalgono a due anni fa. Il sacerdote avrebbe costretto la donna a un abbraccio non consensuale, tentando di baciarla contro la sua volontà. La vittima si era recata presso l’abitazione del religioso per svolgere un servizio di estetica a domicilio quando sarebbe avvenuta l’aggressione. La donna ha denunciato l’accaduto ai carabinieri di Grimaldi con il supporto di una connazionale che ha fatto da interprete. La vittima si trovava in un centro di accoglienza nel Cosentino e viveva con i suoi due figli in un’abitazione di proprietà della Chiesa nell’ambito di un progetto di assistenza.

Durante il processo, la donna è stata rappresentata dagli avvocati Maria Rosaria Sanna, legale di parte civile, Marina Pasqua, penalista del Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino”, e Giuseppina Incutti per l’associazione Donne in Cammino.

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