Area Urbana
Le motivazioni della sentenza
Omicidio Gioffrè, nessuna legittima difesa: per la Corte fu un delitto d’impeto dentro una relazione tossica
Depositata la sentenza di condanna a 17 anni per Tiziana Mirabelli, reo confessa dell’uccisione di Rocco Gioffrè. I giudici di Cosenza parlano di un legame “ambiguo e conflittuale” e respingono ogni ipotesi di paura o sottomissione della donna verso la vittima
COSENZA – Per l’omicidio di Rocco Gioffrè, 75 anni, accoltellato 41 volte il 14 febbraio del 2023 in via Monte Grappa a Cosenza, la Corte d’Assise di Cosenza ha depositato le motivazioni della sentenza con cui ha condannato Tiziana Mirabelli a 17 anni di reclusione. I giudici, presieduti da Paola Lucente con a latere Francesca De Vuono, hanno definito il delitto come un’aggressione volontaria e priva di giustificazioni difensive, escludendo la tesi della legittima difesa sostenuta dalla difesa dell’imputata.
Gioffrè e Mirabelli, una relazione tossica
Dalle emergenze istruttorie emerge – scrive la Corte – una “relazione tossica, ambigua e di comodo”, ma non di subordinazione tra i due. Mirabelli, secondo i magistrati, avrebbe esercitato un ruolo dominante, approfittando dell’ascendente che aveva sull’anziano. Le intercettazioni e i messaggi tra i due mostrerebbero dunque, un rapporto fondato su denaro e richieste sessuali, con la donna che alternava rifiuti e concessioni a seconda delle “convenienze economiche”.
Nel ricostruire le ore del delitto, i giudici evidenziano che Gioffrè era “confinato, impossibilitato a reagire”. Le lesioni sulle mani della Mirabelli, limitate a piccoli tagli, sono compatibili con l’azione offensiva e non con un tentativo di difesa. Dopo aver disarmato la vittima, la donna avrebbe potuto fuggire, ma scelse di colpirlo “con ferocia e determinazione”, infliggendo decine di fendenti fino a provocarne lo shock emorragico fatale.
La Corte ha escluso anche le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi, ritenendo l’azione frutto di un dolo d’impeto maturato al culmine di un litigio e non di un piano premeditato. Respinta inoltre la connessione con la rapina del portafogli della vittima, giudicata successiva all’omicidio e non causa scatenante. Tiziana Mirabelli, difesa dagli avvocati Cristian Cristiano e Martina Pellegrino, resta dunque condannata a 16 anni per omicidio volontario e a uno per furto aggravato. Per la Corte, la sua scelta di colpire “non fu necessità ma determinazione”: un gesto estremo dentro una relazione già tossica.
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