COSENZA – Ventidue anni d’inchiesta, per un omicidio senza verità. Dopo un lungo e tormentato iter processuale, gli “ermellini” della Corte di Cassazione hanno scritto la parola fine sul delitto
di Gianfranco Fucci, l’operaio di Paterno Calabro, ammazzato, non si sa da chi e perchè, il 2 maggio del 1990, in località Pantano, strada che collega Cosenza con Dipignano. Alla sbarra, con l’accusa di mandanti dell’omicidio, scaturito forse da motivi passionali, sono finiti i fratelli Francesco e Romano Chirillo, rispettivamente di 40 e 39 anni. I due germani, dopo essere stati condannati all’ergastolo per quell’omicidio, ieri sono stati assolti da ogni accusa dai giudici della Suprema Corte che hanno sigillato con la ceralacca il loro verdetto finale, rendendolo definitivo. L’operaio, secondo la ricostruzione della Dda di catanzaro, smantellata in Cassazione, era stato “condannato a morte”, per via di quella relazione che aveva intrapreso una relazione con l’ex moglie del boss. Dunque, per la legge italiana, i due fratelli Chirillo, non sono responsabili per qauella sentenza di morte. Del’innocenza dei due imputati ne sono stati sempre convinti gli avvocati Marcello Manna, Filippo Cinnante e Luigi Gullo, difensori di fiducia dei due fratelli, a credere nella loro assoluta estraneità dalle accuse mosse a loro carico. Nell’inchiesta era finito anche Carmine Chirillo, terzo componente della famiglia, uscito di scena dal processo, in seguito al suicidio. L’uomo, infatti, si tolse la vita nel carcere di massima sicurezza di L’Aquila nel giugno del 2009. Ma come e perchè i Chirillo erano finiti sotto inchiesta? Ad incastrali fu la convivente della vittima, Anna Maria Cozza, anche lei misteriosamente sparita nel nulla da anni, che all’indomani dell’uccisione di Fucci, giustiziato con un rosario di pallettoni calibro 12, mentre era a bordo della sua Alfetta 1800. Fu la donna a dare le prime indicazioni sui mandanti e gli esecutori materiali dell’omicidio, indicando proprio nei fratelli Chirillo i responsabili di quella condanna a morte. Nell’auto di Fucci, venne ritrovata una bustina di droga. Fu, secondo gli inquirenti e i magistrati del’antimafia catanzarese, un tentativo di messa in scena per depistare le indagini, facendo in modo di orientare la direzione investigativa sulla pista degli stupefacenti. Successivamente, nel 1991, la Cozza, uscita di casa non fece più ritorno nella sua abitazione. Sulla sua scomparsa venne aperta un’inchiesta, poi archiviata. ma a far riaccendere la luce dei riflettori della giustizia su quei due casi, furono le “cantate” di pentiti, collaboratori di giustizia e confidenti che indicarono in Carmine, Romano e Francesco Chirillo, nonchè in Gianfranco Ruà e Franco Pino gli ideatori e gli esecutori della missione di morte. Lo stesso Franco Pino, successivamente passato da killer dagli occhi di ghiaccio ad amico dello Stato, nel corso di numerose audizioni, davanti ai magistrati, indicò nei fratelli Chirillo i mandanti di quel fatto di sangue. Il processo di primo grado si era concluse con il fine pena mai per i germani di Paterno calabro e con l’assoluzione con formula piena per Ruà e Pino. Ieri il verdetto finale di questo omicidio senza colpevoli.