Decima Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Ma è possibile arrivare a impedire che chi ha questo impulso lo porti a compimento? In teoria si. Nove suicidi su dieci sono associati ad un disturbo mentale, spesso non diagnosticato. E se si considera che il disturbo bipolare è tra le cause principali
dietro ad un gesto estremo si comprende perchè esiste una maglia larga nella diagnosi e quindi nell’intercettazione degli aspiranti suicidi, che in Italia si stima possano essere un milione. Tale, infatti, è il numero di coloro la cui psiche oscilla tra mania e depressione: il disturbo bipolare appunto. Si stima, essendo i diagnosticati molto meno rispetto alle incidenze registrate in Paesi simili al nostro.
DISTURBO BIPOLARE – Il disturbo bipolare comporta una tendenza al suicidio 21 volte più elevata rispetto alla popolazione generale. Non a caso è il togliersi la vita la principale causa di morte nei pazienti con tale disturbo:. Uno su 5 arriva al gesto estremo. Inoltre, una diagnosi non corretta e una cura sbagliata aumentano di circa 4 volte il rischio suicidiario. Circa 84 volte in più rispetto alla popolazione generale. C’è di che allarmarsi. Gli esperti lo sanno e ne hanno dibattuto in tutta Italia durante il ciclo di incontri “Appropriatezza terapeutica e rischio clinico in psichiatria”.
CAMPANELLI D’ALLERTA – Tre i “campanelli d’allerta” da tenere costantemente sotto controllo in queste persone: insonnia prolungata, forte agitazione interiore e cambi repentini di umore. Segnali in grado di rendere praticabile una strategia di prevenzione, di disinnesco dell’idea suicidaria. «Possono indicare un reale rischio di suicidio nei pazienti bipolari», dice Maurizio Pompili, responsabile del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma. Che continua: «Non va dimenticato che il 70% di questi pazienti riceve una prima diagnosi non corretta. Frequentemente accade, infatti, che vengano curati per depressione maggiore, aumentando il rischio di un gesto estremo. Vanno prescritti i farmaci più corretti controllando costantemente i cambiamenti del paziente».
FATTORE P – Un farmaco “bipolare”, che oscilla come la malattia. Gli esperti pero` sottolineano che, al di la` dei farmaci corretti, non si può prescindere dal “fattore P”, ossia dalla personalizzazione della malattia. Nel disturbo bipolare, infatti, le variabili individuali hanno un grande peso e ogni paziente risponde ai farmaci in modo differente. “Se provassimo a riassumere con una formula il concetto di appropriatezza terapeutica nel disturbo bipolare – spiega Massimo Di Giannantonio, psichiatria dell’università di Chieti – dovremmo considerare una riduzione dei tempi della diagnosi, un incremento della personalizzazione dell’intervento terapeutico e aggiungere, infine, il coinvolgimento dei caregiver, cioè di parenti e amici, figure fondamentali per supportare il paziente nella quotidianità ed evitare l’interruzione della cura. Nel disturbo bipolare farmaci mirati permettono di abbattere il rischio clinico di suicidio e di comportamento violento. E la giusta terapia può migliorare la qualità della vita di circa il 70%”. «Nel tentativo di prevenire il rischio suicidiario di un paziente bipolare bisogna evitare di cadere in una visione fatalistica», commenta Carlo Boscardini, specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni. «Lo specialista che riesce a leggere l’intenzione suicidaria del paziente non può trincerarsi dietro il diritto di privacy, ma deve provare a coinvolgere la rete sociale del malato, evitando che si crei una frattura tra paziente, medico e famiglia».