Nutri Menti – L’agricoltura biologica e la presenza sempre più massiccia di negozi specializzati

Cosenza si distingue per essere un’eccellente città “Bio”, segno certamente di una diffusa sensibilità alimentare e di una nuova consapevolezza sul consumo corretto del cibo.

COSENZA – Da tempo si parla con maggiore frequenza della diffusione dei metodi di coltivazione “biologica”. Il termine “agricoltura biologica” indica, in particolare, un metodo di coltivazione che sia in grado di assicurare l’autosostenibilità dell’azienda agricola, attraverso il solo l’impiego di sostanze presenti in natura con l’esclusione di altre ottenute con la sintesi chimica (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere). Sono usati invece fertilizzanti naturali come il letame opportunamente compostato e altre sostanze organiche compostate (sfalci, ecc.) e sovesci (piante appositamente seminate nei terreni da coltivare, come trifoglio o senape). In caso di necessità, per la difesa delle colture s’interviene anche con sostanze naturali vegetali, animali o minerali: estratti di piante, insetti utili che predano i parassiti, farina di roccia o minerali naturali per correggere struttura e caratteristiche chimiche del terreno e per difendere le coltivazioni dalle crittogame.

L’agricoltura biologica ha, inoltre, la finalità di sviluppare un modello di produzione che possa evitare lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo. Gli scopi da raggiungere riguardano, tra l’altro, la produzione di alimenti di alta qualità, sotto il profilo della sicurezza alimentare, la riduzione dell’impatto ambientale dei sistemi agricoli, la costruzione di “sistema chiuso” utilizzando il riciclo delle sostanze organiche e degli elementi nutritivi e il mantenimento della diversità genetica del sistema agricolo e dell’ambiente circostante.

Alla difesa delle colture si provvede innanzitutto in via preventiva, selezionando specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione appropriate, come, la rotazione delle colture, la piantumazione di siepi e alberi che diano ospitalità ai predatori naturali dei parassiti e la coltivazione in parallelo di piante sgradite l’una ai parassiti dell’altra.

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La produzione biologica inoltre, non guarda solo l’economicità ma si preoccupa anche del nuovo consumatore che acquista sempre più conoscenza e perciò s’interessa del bene non poiché tale ma per le sue caratteristiche qualitative. Per quanto riguarda l’Italia, lo sviluppo dell’agricoltura biologica ha raggiunto un alto livello e rappresenta il secondo Paese dell’U.E. per numero di aziende certificate biologiche e per superfici a biologico (sono circa 1,3 milioni).

Regioni ‘bio’

Le regioni italiane, secondo un rapporto del Sina (“Bio in cifre 2015”), in cui è presente il maggior numero di operatori biologici, sono: la Sicilia (9.660), la Calabria (8.787) e la Puglia (6.599), nelle quali si concentra oltre il 45% del totale degli operatori italiani. Le regioni poi con una maggiore incidenza percentuale delle superfici biologiche sul totale delle superfici coltivate sono: la Calabria, in cui le superfici biologiche rappresentano circa il 30% delle superfici totali, seguita dalla Sicilia con il 22% e il Lazio con il 19%”.

 

In Calabria però, vi sono poche organizzazioni economiche specializzate degli operatori biologici, che svolgano compiti di concentrazione dell’offerta e immissione sul mercato. Quelle esistenti, per giunta, sono di medie e piccole dimensioni. In questa situazione predominante risulta il territorio di Cosenza nel quale, secondo un altro rapporto “Abc-Aiab” sull’agricoltura biologica in Calabria, “la più alta presenza di attività agro-zootecniche biologiche e della trasformazione si registra a Cosenza”. La provincia di Cosenza è quindi il territorio dove si concentrano relativamente le attività a più alto valore economico, spesso orientate verso i mercati nazionali ed esteri dei prodotti biologici”.

I ‘costi’ del biologico

Per quanto riguarda, poi, l’incremento degli acquisti di prodotti “Bio” rispetto al passato, si registra una marcata inversione di tendenza, con un conseguente miglioramento delle abitudini alimentari e un’attenzione particolare agli acquisti etici e sostenibili e alla tutela ambientale. Resta, però un aspetto non secondario che rende il consumo dei prodotti biologici ancora lontano dai livelli di quelli derivanti dall’agricoltura convenzionale: il costo del Bio è in questo periodo più caro del convenzionale. Le ragioni sono diverse e attengono alle varie fasi della particolare coltivazione biologica.

Se prendiamo ad esempio la coltivazione degli ortaggi, l’utilizzo del concime chimico comporta delle rese per ettaro molto alte e omogenee mentre con la concimazione organica, più costosa, l’effetto è molto minore. Nel biologico, inoltre, deve essere fatta la rotazione colturale in modo da poter ripristinare l’equilibrio e la fertilità del suolo, con un costo generale per l’azienda alto, considerando che queste rotazioni, generalmente, non sono praticate nella coltivazione convenzionale.

Bisogna, inoltre, ricordare i costi rilevanti che derivano dagli interventi con mezzi meccanici e fisici sulle piante infestanti e quelli legati alla distribuzione, che riescono a incidere in misura sensibile, anche se l’attuale sviluppo di diffusione del biologico rende possibile un abbassamento dei prezzi. Legato a quest’ultimo aspetto è anche l’ingresso della grande distribuzione che ha cominciato a riempire gli scaffali dei supermercati di paste integrali, latte di soia, zucchero di canna e molti altri prodotti. Si assiste, addirittura, al recupero di cibi dimenticati da tempo come orzo, miglio, farro, avena, che possiedono notevoli proprietà nutrizionali.

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Sebbene i maggiori costi derivanti dal metodo biologico si facciano sentire al momento della produzione, è sicuramente nella fase finale della filiera che i prodotti biologici sono più cari di quelli convenzionali.

La spiegazione è da ricercarsi nelle dimensioni, troppo piccole, del mercato dell’agricoltura biologica e di un’organizzazione, quasi assente, dell’offerta. Le aziende agricole solitamente sono distribuite in maniera non omogenea sul territorio e soffrono di mancanza di organizzazione. La maggior parte della produzione biologica, infatti, avviene al Sud mentre il suo consumo si concentra al Nord. Organizzare l’incontro tra domanda e offerta diventa in questo modo difficile e molto costoso.

Tutti questi aspetti rendono difficile gestire la logistica e, di conseguenza, fanno lievitare i costi della distribuzione. Una delle soluzioni potrebbe essere trovata facilmente nell’accorciare le distanze tra produttori e consumatori. Acquistare direttamente dal produttore – come nell’esperienza dei Gruppi di Acquisto Solidale – non solo permette di spendere meno ma garantisce anche un prodotto fresco e di qualità.

Per quando riguarda l’aspetto prezzo, vi è poi da precisare che la produzione biologica, così come quella convenzionale, ha delle fasce di prezzo che sono stabilite in base del livello di qualità del prodotto e della sua categoria merceologica. La differenza di prezzo tra prodotti biologici e convenzionali, ad esempio, sono irrilevanti nel caso di legumi o passata di pomodoro ma variano di molto nell’ortofrutta e per prodotti particolari come tofu e seitan. In definitiva, le ragioni per cui i prodotti biologici costano di più sono soprattutto di natura agricola e commerciale.

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