Fra le tanti frasi ascoltate nei giorni che hanno preceduto la formazione del nuovo governo, la maggior parte delle quali erano aride, prive di qualsiasi sentimento nobile, quella che mi ha colpito di più in senso positivo è stata una frase pronunciata da Di Maio.
A chi gli faceva notare che Salvini stava cercando di fregarlo con i suoi tatticismi, il capo politico del M5S ha detto testualmente: “Ci hanno fregato? Non lo so, ma io preferisco passare per una brava persona piuttosto che per un furbo”. Ora al netto del fatto che abbia usato il verbo passare anziché essere, e che li suo dire non fosse suffragato dai fatti, almeno non lo è stato nel momento in cui ha accusato di impeachment il presidente della Repubblica, l’idea che ci fosse qualcuno nel dibattito politico che parlasse di “brava persona”, da contrapporre alla persona furba, risultava per me già qualcosa di confortante, visto il desolante panorama circostante.
Quello che mi faceva riflettere era scoprire che essere una brava persona rappresentava ancora nell’immaginario di un politico un elemento di cui andare fiero, di cui vantarsi. In generale, in un mondo fatto di imbrogli e di inganni, essere una brava persona, o anche solo aspirare ad esserlo, è quanto di più nobile possa esprimere l’animo umano. Essere una brava persona è l’insegnamento più bello che un genitore possa trasmettere ad un figlio.
Credo che la maggior parte di noi ci tenga ad essere considerata una brava persona (o almeno mi piace pensare che sia così) ma solo alcuni purtroppo riescono ad esserlo. Sarebbe interessante pertanto conoscere quali siano le molle che innescano i comportamenti che mirano a farci raggiungere la meta: diventare davvero delle brave persone. Molte volte, tale scelta sembra essere dettata dal bisogno che abbiamo di sentirci in pace con noi stessi, che non è una cosa da poco, da relegare nella categoria dell’egoismo, dal momento che sappiamo che per riuscire nel nostro intento dobbiamo necessariamente comportarci bene con gli altri. Se nel fare ciò il nostro ego dovesse appagarsene non sarebbe grave, anzi questo servirebbe da sprone a fare di più altruisticamente parlando.
Piuttosto dobbiamo chiederci se sia sufficiente non nuocere agli altri per essere brave persone o se sia necessario fare attivamente qualcosa di buono per loro.
E’ evidente che ci sia una sostanziale differenza tra questi due tipi di comportamento e che comunque il primo rappresenti un buon punto di partenza per poter realizzare il secondo, tanto da poterlo considerare un elemento propedeutico a quest’ultimo. Ma soprattutto, credo che vada considerato un buon viatico per diventare delle persone capaci di mettersi nei panni dell’altro, di comprendere il suo stato d’animo, di avere la capacità di ascoltare e soprattutto di non giudicare. Di diventare, in altre parole, qualcosa di più della brava persona: una bella persona.