Sistema Rende, in aula presente Principe

Aperto il dibattimento davanti al Tribunale in composizione collegiale nel processo che vede imputati Sandro Principe, l’ex sindaco Umberto Bernaudo e gli ex assessori comunali Pietro Ruffolo e Giuseppe Gagliardi

 

COSENZA – Erano quasi tutti presenti in aula gli imputati del processo sui presunti intrecci tra politici ed esponenti del clan Lanzino – Ruà. Sandro Principe, ex sindaco di Rende e già sottosegretario al lavoro, difeso dall’avvocato Sammarco è stato prosciolto per il reato di corruzione elettorale, ma è stato rinviato a giudizio per i reati di corruzione in atti amministrativi e concorso esterno in associazione mafiosaUmberto Bernaudo, ex sindaco di Rende difeso dall’avvocato Calabrò e Pietro Ruffolo, ex assessore, difeso dagli avvocati Caruso e Tenuta sono stati rinviati a giudizio  per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale e prosciolti per la corruzione in atti amministrativiGiuseppe Gagliardi, ex consigliere comunale e assessore, difeso dall’avvocato Amantea è stato prosciolto per la corruzione in atti amministrativi e rinviato a giudizio per la corruzione elettorale. Su di lui non gravava il concorso esterno in associazione mafiosa. Per gli inquirenti Principe, Bernaudo e Ruffolo si sarebbero accordati con gli esponenti della cosca che avrebbero poi beneficiato con «condotte amministrative di favore». Inoltre, i tre politici avrebbero agevolato la cosca in cambio di “procacciamento di voti” per le elezioni comunali, provinciali e regionali, rispettivamente le prime due del 2009 e la terza del 2010.

L’accusa rappresentata dal pubblico ministero Pierpaolo Bruni oggi Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Paola,  ha inteso rappresentare al collegio giudicante presieduto dal giudice Carpino, di provare i fatti di cui ai capi dell’imputazione attraverso la documentazione prodotta nel corso dell’udienza dibattimentale, perizia elenco intercettazioni da presentare, esame teste ed imputati. Conferito l’incarico peritale al consulente della Procura Zengaro per le trascrizioni delle intercettazioni, la maggior parte telefoniche circa una settantina, è iniziato l’esame del maresciallo dei carabinieri del nucleo investigativo di Cosenza all’epoca dei fatti, che sviluppò l’indagine investigativa.

Il maresciallo ha introdotto l’attività investigativa svolta dalla polizia giudiziaria sottolineando come si sia occupato delle esecuzioni delle varie attività, dalle origini fino alla conclusione con l’applicazione delle misure cautelari. «Ho redatto informativa riepilogativa del 30 aprile 2015 dove sono state concentrate tutte le informative prodotte gli atti di indagini e tutte le ultime risultanze. Informativa posta alla base per la successiva richiesta di misure cautelari nei confronti degli imputati. L’attività investigativa ha riguardato rapporti collusivi evidenziando accordi con la pubblica Amministrazione, con la presunzione di innocenza, che risalgono all’anno ’99 fino al 2011

Gli imputati rispondono: Principe per gli anni che vanno dal 99 al 2001; gli atri dal 2006 al 2011 a vario titolo coprivano incarichi pubblici per corruzione elettorale, propria ed associazione esterna mafiosa. Uno stralcio è relativo a Gagliardi Giuseppe perché riguarda un discorso singolo. Il secondo capo di imputazione riguarda le condotte di favore oggetto di pattuizione imputati e cosca lanzino Ruà.

Assegnazione bar Colibrì

Breve excursus introduttivo anche sull’assegnazione del bar Colibrì, avvenuta nell’anno 2002; era stata indetta una gara pubblica per struttura adibita a bar, partecipò la moglie di D’Ambrosio, solo lei. La gara fu seguita dal dirigente dell’epoca dell’ufficio appalti e venne assegnata alla moglie di D’Ambrosio la quale avviò questo esercizio pubblico. Da lì partirono richieste di scomputo su lavori eseguiti di miglioria della struttura, in contrasto con quello previsto dalle clausole contrattuali. Questa richiesta di scomputo lavori eseguiti veniva concessa sulla scorta di relazione tecnica dell’ufficio tecnico: 33.500 euro richiesta scomputo concesso. Da quel momento in poi ricalcolato il canone e con un accertamento effettuato il 14 marzo al 31.12.2013 nonostante il computo, la donna era debitrice di oltre 14 mila euro». Il maresciallo dell’Arma si rifà ancora al presunto “favore di aver sfruttato la commissione lavori: “questi tipi di lavori dovevano essere eseguiti all’esito di una gara mai indetta”. E ancora sottolinea come non sia stata eseguita la prassi della certificazione antimafia”.

Esponenti clan Lanzino Ruà

Parla poi dei protagonisti del processo delineandone il profilo degli esponenti del clan Lanzino Ruà che discendeva dall’originaria cosca Pino Sena dal processo Garden: Ettore Lanzino indirettamente coinvolto nelle vicende; D’Ambrosio Adolfo, Di Puppo Umberto, Di Puppo Michele

D’Ambrosio Adolfo appartenenza sancita dalla sentenza Twister, colpevole di usura ed estorsione con metodo mafioso, con un periodo di riferimento dall’anno 2001 ad oggi, con sentenza dell’11 marzo 2008; sentenza Vulpes Dda con sentenza dell’11 novembre 2014, con rito abbreviato riconosciuta appartenenza e ruolo di capo del D’Ambrosio; procedimento di sottoposizione alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza; sottoposto 41bis

Di Puppo Michele sentenza Terminator 4 emessa il 9 maggio 2013: associazione mafiosa. Excursus criminale dall’anno 1987 con rapina e detenzione illegale di armi e munizioni; condannato per estorsione ed altre ipotesi di rapina;

Patitucci Francesco (assolto dai capi di imputazione nell’attuale processo) reggente cosca nel periodo dal 2008 al 2012 nel periodo di assenza per latitanza di Ettore Lanzino. Riconosciuto reggente con sentenza. Patitucci era già stato indicato come sodale della cosca Pino – Sena nel processo Garden. Diversi precedenti giudiziari risalenti nel tempo: dal 1984 per omicidio preterintenzionale, associazione mafiosa e reati per estorsione. Nell’ultimo periodo di indagini 2013 – 2014 era sottoposto al 41bis

Di Puppo Umberto fiancheggiatore di Lanzino Ettore, arrestato al momento della cattura di Lanzino nel 2012 perché trovato in flagranza di reato con quest’ultimo. Sentenza processo Vulpes 2014 dal Gup di Catanzaro con riconoscimento di ruolo di esponente di primo piano tra il 2012 e il 2013. Altri reati: rapina in concorso e detenzione sostanze stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale.

Il maresciallo ha poi ricordato i collaboratori di giustizia che hanno “partecipato” alla costruzione dell’indagine investigativa: Roberto Violetta Calabrese, appartenente al sotto gruppo Castiglia, confederato con il clan Ruà, il 23 aprile 2013 rese dichiarazioni sui contratti di appalto redatti dal comune di Rende; Terrazzano Pierluigi sodale cosca Lanzino – Ruà; Adolfo Foggetti ed Ernesto Foggetti. In particolare sulle dichiarazioni di Calabrese furono eseguiti accertamenti posti in essere di tipo documentale sugli atti e documenti acquisiti sulla Rende Servizi tra maggio e luglio 2009, in ragione di cui a questi dipendenti venivano elargite somme di denaro: C. I., figliastra di Ettore Lanzino; D’A. A. nipote di D’Ambrosio Adolfo; M. A. cognato di Ruaà Gianfranco.

Per il maresciallo dell’Arma le elargizioni di denaro sono rilevanti all’interno di un verbale di Calabrese dove era stato indicato “stavolta senza soldi” perché dimostra che in passato c’erano state elargizioni di denaro in corrispondenza delle campagne elettorali da parte della Rende Servizi” che disconoscevano l’impegno della collaborazione dei tre . I proprietari della Rende Servizi hanno dichiarato che i tre non erano stati assunti. Formalmente sono stati inquadrati come prestatori di attività occasionali nella Rende 2000. Sono risultati collaboratori della cooperativa e quindi non pagati ma abbiamo rinvenuto degli assegni (prestazioni occasionali dice Sammarco, ndc) per la corrispettiva elargizione che si può raffigurare in un anticipazione sulla campagna elettorale del 2009;

Attività d’indagine su Terrazzano, è stata eseguita attività di riscontro e verifica all’anagrafe di Rende un nome F. S. dato collegato al fratello di S. P. e padre di S. D. che sono le stesse dichiarazioni che avrebbe reso principe Sandro nel corso dell’interrogatorio. Principe frequentava la piscina di Rende accompagnato da Ugo Paese

Adolfo Foggetti sodale di spicco della cosca Bruni Zingari, è ritenuto affidabile perché con le sue dichiarazioni aveva consentito il ritrovamento del cadavere di Bruni; identificato De Luca Francesco Costantino noto pregiudicato di Rende tratto in arresto insieme a Ciancio Massimo, fermati insieme con decreto di fermo per tentato omicidio. Operava spaccio a Rende per conto dei Di puppo. Ciancio era riferimento di un sottogruppo sempre appartenente alla cosca. Per Ernesto Foggetti sono valse le dichiarazioni rese nel 2015

Prima di chiudere l’udienza il teste ha poi illustrato le intercettazioni utilizzate nell’attività investigativa, in particolare quelli avuti tra D’Ambrosio e il figlio, di cui tre in carcere nel 2014

Condanne e assoluzioni con il rito dell’abbreviato

L’inchiesta “Sistema Rende” vede anche condanne e assoluzioni per gli imputati che hanno chiesto il rito abbreviato. Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo, ritenuti dagli inquirenti appartenenti alla cosca Lanzino – Ruà sono stati condannati alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione, applicata la diminuzione per la scelta del rito; Mirabelli Rosario, ex consigliere regionale della Calabria e Marco Paolo Lento condannati a due anni di reclusioneAssolti Francesco Patitucci  e Umberto di Puppo, difesi dagli avvocati Laura Gaetano, Luigi Gullo e Paolo Pisani, perchè il fatto non sussite; per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo l‘interdizione dell’esercizio dei pubblici uffici per 5 annisospensione al diritto elettorale sempre per 5 anni per D’ambrosio, Di Puppo, Lenti e Mirabelli e per quest’ultimo anche la privazione dal diritto di eleggibilità.

 

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