Il numero dei nuovi ammessi appare troppo esiguo per una comunità così grande. Mentre il Ministero dell’Interno comunica la riassegnazione dei fondi Pac non utilizzati che coprono per intero la gestione del ‘Peter Pan’, ci si interroga sul futuro della sfera pubblica dei servizi per l’infanzia
RENDE (CS) – Spesso si ha l’impressione di non essere una terra per giovani. O mettetela come vi pare, un luogo per tutti. Prendiamo l’esempio dell’asilo nido comunale di Rende. Dell’unico, per intenderci. Nulla da eccepire in termini di efficienza dell’offerta, dei servizi e della professionalità degli operatori, che nessuno ha mai messo in discussione tantomeno le recensioni entusiaste delle tantissime famiglie che ogni giorno lasciano i figli tra le cure degli educatori del ‘Peter Pan’, in via Londra a Quattromiglia.
Il termine ultimo per la presentazione della graduatoria definitiva per l’anno 2017-2018, come da bando, sarebbe dovuto avvenire lo scorso 31 luglio, ma sempre il bando specifica che ulteriori 15 giorni si sarebbero resi necessari nell’eventualità di varie modifiche. Ci si preoccupa poco del fatto che non poche famiglie storcono il naso sulla ricettività della struttura rendese. Sì, perché a ben vedere un totale di 40 bambini (10 rientranti nella fascia 3-12 mesi, 15 in quella 12-24 e 15 nella 24-36 ) su un totale di una popolazione residente di poco meno di 40 mila abitanti sembra davvero una forzatura. A maggior ragione se a far parte del centro per l’infanzia sono ipoteticamente tutti i bambini tra i tre mesi di vita e i tre anni di età con requisiti in regola, e non ci vuole chissà quale scienza per capire che la cifra dei bambini residenti sia- e potrebbe essere- davvero considerevole, rimpolpando i numeri della demografia rendese degli ultimi anni.
Il bando comunale – pubblicato dall’allora dirigente ad interim Antonio Infantino subito dopo la poltrona vacante lasciata dall’ex assessore Ida Bozzo – tiene però conto di altri fattori per la classificazione degli ammessi. Come la precedenza dei già iscritti. Recita infatti: “i bambini e le bambine che saranno iscritti e frequentanti il nido d’infanzia nell’anno corrente ed ancora in età utile avranno, di norma, la precedenza assoluta negli anni successivi salvo specifiche disposizioni previste nel vigente regolamento”. Chi iscrive per la prima volta suo figlio/a deve dunque fare i conti con gli iscritti degli anni precedenti – e poveri anche quelli, che colpa avrebbero a continuare a crescere nel nido pubblico che di diritto spetterebbe loro? – con il risultato che i posti messi a bando si riducono davvero all’osso: stando alla graduatoria provvisoria del14 luglio scorso, 10 posti per la classe ‘pulcini, altri 10 per i ‘delfini’ e solo 6 posti per i ‘leoncini’. Salvo poi precisare che il tetto dei 40 è suscettibile di essere ritoccato verso l’alto, non disperiamo. Si potrà ampliare il numero dei bambini , fascia per fascia, laddove “dovessero rimanere posti disponibili”. Non proprio rassicurante…
La ricettività? Mancano fondi autonomi dai PAC
Pochi, anzi irrisori i posti messi a bando. La legge 29 marzo 2013, n. 15 (“Norme sui servizi educativi per la prima infanzia”) specifica che “gli enti gestori, pubblici o privati, individuano per i nidi a tempo pieno e i nidi a tempo parziale moduli organizzativi e strutturali differenziali rispetto ai tempi di apertura dei servizi e alla loro ricettività ed elaborano adeguati progetti pedagogici”. Cioè non si dice la quota massima di bambini che ogni nido può ospitare benché si leghi tale entità a condizioni oggettive. C’è sempre un rapporto educatore per bambino da rispettare, certo, ci sono criteri strutturali come la metratura e il rapporto tra spazi interni ed esterni, ma a ben vedere il Regolamento regionale di attuazione della legge di cui sopra non lascia adito a dubbi quando sostiene che “la ricettività minima e massima dei nidi può essere rispettivamente di 21 e 60”. E allora? Perché non è possibile incrementare il numero di posti messi a bando a Rende, città dall’accertata evoluzione anagrafica? “Riguardo il ‘Peter Pan’ la questione è prettamente di metraggio” dice Annamaria Artese, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Rende .” I metri quadri della sede di via Londra non consentono di accogliere un numero di nuovi iscritti maggiore all’attuale”. Se non lo si è fatto prima, al taglio dei nastri due anni orsono, non può essere pensata adesso una nuova destinazione più grande e funzionale? “C’è l’intenzione di ampliarlo o comunque aprire altri asili nido comunali, ma mancano i fondi. Con il Comune in pre-dissesto non possiamo permettercelo e non possiamo affrontarlo con fondi interni. E se dovesse succedere di ingrandire parleremmo in ogni modo nella misura di pochissime unità” taglia corto l’assessore.
Il primo e il solo asilo nido comunale di Rende è stato aperto nel 2015 e interamente sovvenzionato dal Patto di Azione per la Coesione (PAC) che ha consentito la copertura finanziaria per i servizi dell’asilo sino a giugno di quest’anno. “ Con una nota informale il Ministero dell’Interno ci ha garantito la proroga dei fondi con copertura effettiva fino a giugno 2018 e al momento ci sono ancora risorse finanziarie per garantire il normale funzionamento del centro” tranquillizza al riguardo la Artese che chiama in causa la riassegnazione delle risorse finanziarie non utilizzate nel Primo Riparto e disposta dall’Autorità di Gestione con decreto n.1549 dell’11 maggio 2017 – procedimento aperto dal Comitato operativo di supporto all’attuazione (C.O.S.A.) riunitosi lo scorso 12 luglio e per mezzo del quale sono stati approvati i Piani di Intervento presentati dal distretto con capofila Rende oltreché Catanzaro Lido, Catanzaro Nord e Polistena .
I fondi sono un palla avvelenata che troppo spesso perdiamo per strada e poi chiediamo di recuperare senza alcun ritegno. Se i PAC venissero usati a singhiozzo o non prorogati o non riassegnati ci sarebbe un gran bel discutere, e vai poi a spiegare perché a Rende non avremmo un asilo nido comunale indipendente dalle entrate extra. Come non avremmo parimenti asili nido privati convenzionati. “Non abbiamo potuto procedere ad accreditare strutture private convenzionate proprio per la mancanza di fondi. Soprattutto perché quelle risorse non utilizzate – del Primo Riparto ndr – non abbiamo potuto trasformarli in voucher e sopperire alla funzione di pubblica utilità che svolge egregiamente il Nido ‘Peter Pan. È la stessa sorte che attanaglia tutto il distretto, purtroppo, tutti gli asili comunali dei paesi limitrofi vivono le stesse difficoltà” ammette ancora Artese.
Alle madri e ai padri non resta che l’alternativa del privato, e basti confrontare, a parità di formula educativa proposta, il tariffario dell’uno e dell’altro per accorgersi di come non sia indifferente il dispendio delle finanze domestiche. Addio ISEE e pagamento di retta in base al reddito. Ben vengano i PAC, al momento i soli – ahinoi – a segnare la via dei servizi dell’infanzia come bene pubblico primario.