Ci sono periodi in cui ai politici nostrani sembra rivenire la memoria: conoscono, salutano, rispondono al telefono, perfino ti abbracciano anche non conoscendoti, chiedendoti affettuosamente: “come stai? Non ci vediamo da tanto….”.
Tu ti guardi smarrito, ti giri, magari parla con qualcun altro ma poi stupito rispondi: “tutto bene, anche se potrebbe andare meglio”. E loro: “anche quest’anno sono candidato e, come sempre conto sul tuo voto”. Tu ancora stupito gli dici: “certo, certo, ci mancherebbe”. Ma, rinsavendo ti chiedi chi è, dove lo hai conosciuto, senza trovare risposta. Anzi la risposta la trovi immediatamente: è sempre lui, con qualche anno in più sulle spalle, con qualche chilo in più e qualche ruga più accentuata ma, sempre con la stessa faccia tosta. Sempre lo stesso da anni ormai. Ti sforzi poi di pensare dove lo hai visto nei cinque anni precedenti ma, raramente trovi una risposta: questi sono i politici del lungo letargo. Si svegliano ad ogni competizione elettorale giocando sul bisogno, sulla fame, sui sentimenti e, magari, anche questa volta ti “rubano” il voto. Succede per le amministrative come per l’Europa, nei comuni piccoli ed in quelli grandi. Di colpo scopri di avere così tanti amici influenti e tante persone che chiedono in nome di un tuo amico di cui avevi perso perfino le tracce. E’ lo spirito che anima anche questa campagna elettorale che non è incentrata sui grandi problemi come le fabbriche che chiudono, i cassa integrati che non ricevono il sussidio o l’informazione e l’editoria che in Calabria ormai non consoce più ne democrazia né libertà: poco importa se chiude un quotidiano e se dietro quella carta stampata ci sono persone che hanno una loro storia ed una loro professionalità e che pagano il prezzo di una libertà reclamata. Si poco importa, perché chi viene a bussare alla vostra porta, ricordatelo, qualunque “maschera indossi” è colui che ha chiuso L’Ora, che vi ha sbattuto la porta in faccia, che non vi ha mai detto buongiorno anche se lo salutavate sul pianerottolo, che si ricorda di voi ogni cinque anni. Aprendo la scheda elettorale, questa volta, trovate il coraggio del silenzio e prima di apporre il segno sulla scheda ascoltate il rumore di quella porta che sbatte sulla vostra faccia.