Io non sono un economista, ne un banchiere, ne un bancario, ne un “dotto” docente universitario di quelli che hanno la soluzione in tasca per la crisi che affligge le famiglie, ne un politico che deve vendere fumo e speranza.
Diciamolo pure, sono uno come tanti che ha a che fare con le banche, non per investimenti in titoli di Stato o speculazioni di borsa ma, per la rata mensile del mutuo ventennale. Diciamo pure che il rapporto con le banche, di questi tempi, non è certo idilliaco. Diciamo pure che le banche, anche in Calabria, dopo gli anni d’oro, con l’elargizione di mutui a “fondo perduto”, oggi speculano sulla crisi incamerando soldi che poi non danno, anzi incamerando i soldi dei risparmiatori per darli a chi può assicurare, al cento per cento, la restituzione. Bhe, un bel lavoro visto che per non rischiare nulla, incassano proventi “illeciti” (interessi) da tassi quasi d’”usura”.
Mi piace parteciparvi, stamattina, la notizia che arriva dall’Islanda:
“C’è modo e modo di rispondere alla crisi economica e agevolare la ripresa. L’Islanda per esempio pensa che a fare qualche sacrificio in più debbano essere non i contribuenti, con più tasse da pagare, ma le banche. Il governo islandese ha infatti annunciato un piano di riduzione dei mutui legati all’inflazione che è salita alle stelle dopo il default del 2008 (quando si assistette al tracollo delle più grandi banche del paese): per 150 miliardi di corone, cioè 1,25 miliardi di dollari, oltre 900 milioni di euro. Così facendo l’esecutivo guidato da Sigmind Gunnlaugsson ritiene di accelerare anche la ripresa dell’economia. Il piano prevede la cancellazione fino a 70 miliardi di corone dei mutui legati all’inflazione, svalutandoli, oltre all’esenzione dalle tasse fino a 80 miliardi di corone per il prossimo triennio. Si tratta di un ammontare pari al 9% dell’economia islandese”. A pagare quindi per politiche dissennate e per le difficoltà nel rifinanziamento delle banche del loro debito a breve termine non saranno gli islandesi, ma gli istituti di credito, appunto all’origine del default: il fallimento delle tre più grandi banche del Paese causò una voragine di 85 miliardi nella casse statali che portò il sistema a collassare. Quale sarà l’impatto del piano sullo stato delle finanze pubbliche? Praticamente insignificante ha fatto sapere il governo; il progetto infatti, sarà finanziato aumentando le tasse alle banche”. Bhe anche da noi, alcune certezze sulla causa del “fallimento” della nostra nazione, ci sono.