Cinque milioni per il lavoro ‘persi’ da Scopelliti, sindaci in piazza a protestare

COSENZA – Un corteo di fasce tricolore.

I primi cittadini del cosentino sono scesi in piazza per denunciare la perdita dei fondi per lo sviluppo e il lavoro in Calabria. Circa 150 sindaci della provincia hanno raggiunto questa mattina Cosenza per un’iniziativa di protesta guidata dal Sindaco di Acquaformosa, Giovanni Manoccio, sulla Tares e sulle questioni finanziarie (IMU, patto di stabilità) che minacciano la sopravvivenza dei comuni. I primi cittadini hanno incontrato il Prefetto per esporgli le difficoltà vissute dagli enti locali a causa delle politiche restrittive attuate nei loro confronti. Al termine dell’incontro con Cannizzaro i sindaci hanno deciso di costituire un coordinamento e di dare vita ad un’assemblea permanente per chiedere l’abolizione della Tares e del patto di stabilita’ nonche’ l’innalzamento all’8% del tasso di indebitamento per i mutui. “La forte denuncia del Presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio sui 5,4 miliardi non spesi dall’attuale giunta regionale guidata da Scopelliti e sottratti allo sviluppo ed al lavoro dei calabresi e della nostra regione, l’invito forte rivolto anche al nostro partito ad uscire definitivamente dalle diatribe e dalle polemiche interne ponendo al primo posto il presente ed il futuro della Calabria e dei suoi giovani, rappresenta un pugno nello stomaco, un invito ad ognuno di noi a non rimanere piu’ muti e silenti rispetto ad una situazione di crisi profonda che sta uccidendo lentamente la speranza in ogni calabrese, soprattutto in quelli piu’ giovani”. E’ quanto affermano, in una nota, i sindaci di Acquaformosa, Longobucco, San Sosti, Aiello Calabro, Colosimi, Crosia, Rose, Mangone, Piane Crati, San Fili, Celico e Spezzano Piccolo.Questa ingente massa di risorse -si legge nella nota- non puo’ piu’ continuare a rimanere bloccata nelle mani del Governatore Scopelliti e della sua giunta che in tre anni hanno accentrato solo funzioni e poteri, aggravando ulteriormente una situazione che si profila ormai senza sbocco. Che senso ha andare a Roma con gli altri sindaci a protestare contro gli effetti devastanti della Tares o per chiedere deroghe all’applicazione del Patto di Stabilita’, se poi si continuano a tenere bloccate e chiuse nei cassetti risorse che potrebbero costituire una leva formidabile per alimentare un circolo virtuoso a sostegno della domanda interna e per elevare la capacita’ produttiva del sistema economico calabrese?”. “Di fronte al fatto che 5,4 miliardi di euro restano non spesi -aggiungono i sindaci- occorre una mobilitazione vasta, libera da schemi e pregiudizi, nei confronti della Regione e del Governo centrale. Questa consistente massa di risorse deve essere definitivamente sbloccata e affidata alla gestione delle autonomie locali e territoriali. Cosi’ come vanno snellite le procedure per sbloccare progetti ed opere che attendono da mesi sui tavoli della Regione di essere esaminate ed approvate. La Calabria e gran parte dei calabresi non possono piu’ sopportare di dover fare ogni giorno i conti per la propria sopravvivenza, mentre una consistente massa di risorse continua a rimanere congelata nelle mani di una giunta regionale insipiente e inconcludente”. “Le risposte risolutive -conclude la nota- non possono essere rinviate a futuri ed imprevedibili esercizi di bilancio. Permanendo l’attuale stato di cose ci vedremo costretti, come sindaci, a chiedere che lo stesso Presidente della Repubblica venga investito per affrontare questa drammatica problematica, anche al fine di valutare se sussistono le ragioni per poter procedere allo scioglimento del Consiglio regionale della Calabria e alla nomina di commissari ai quali affidare poteri speciali per autorizzare la spesa”. I sindaci nel corso della protesta pare abbiano restituito simbolicamente le fasce tricolore al prefetto di Cosenza affermando di non riuscire “più ad andare avanti. Non riusciamo più a garantire i servizi. I tagli feroci che sono stati imposti dai governi ci hanno messo in ginocchio”. Poi la foto di gruppo. “Siamo uniti e nessuna bandiera ci può dividere. Siamo uniti sotto il vessillo dell’emergenza che affrontiamo quotidianamente”. La protesta ha origine dal manifesto funebre fatto affiggere nelle settimane scorso dal sindaco di Acquaformosa nel quale c’era scritto “il Comune è morto all’età di 510 anni per assassinio premeditato”. Una delegazione di primi cittadini si è poi mossa alla volta di Roma per proseguire la protesta in Piazza Montecitorio.

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