L’exploit di Occhiuto decreta la disfatta dei soliti noti della politica bruzia. Male anche Paolini e Movimento 5 Stelle. I Gentile avevano previsto tutto. Vittoria simbolica per il ‘medico degli ultimi’.
COSENZA – Una vittoria schiacciante, che ridicolizza gli avversari annientando ogni loro tentativo di giustificazione. Che si sia a favore o contro Mario Occhiuto, i numeri emersi dalle urne cosentine non ammettono repliche: l’architetto ha avuto ragione, i suoi avversari neanche un po’. La strategia del terrore attuata dai vari Guccione, Paolini e in piccola parte dall’ ‘invisibile’ Coscarelli del Movimento 5 Stelle (che a Roma esulta e a Cosenza scompare), così come cinque anni fa non ha portato alcun risultato, rafforzando il consenso creatosi intorno ad Occhiuto già nel corso del suo precedente mandato e immediatamente dopo la sfiducia, nel febbraio scorso, da parte dei 17 consiglieri comunali capitanati dal presidente del Consiglio comunale Luca Morrone, figlio del potente Ennio. La maggioranza dei cosentini ha preferito puntare su di lui, dando scarsa importanza alle polemiche riguardanti i suoi debiti con il Comune e all’inchiesta della Procura sugli affidamenti diretti fatti dall’Ente che vede indagati, tra gli altri, l’ex capo di gabinetto di Occhiuto e due dirigenti. La città, evidentemente, ha ritenuto che dall’altra parte non ci fosse di meglio sotto il profilo etico e morale. Non è un caso, infatti, che anche una abbondante fetta di elettori di sinistra abbia votato per la riconferma del primo cittadino.
Soliti nomi, solita politica
La vittoria di Occhiuto determina il fallimento del Pd cosentino, apparso fin dall’inizio confuso, incoerente e più legato alle poltrone che ai reali bisogni del territorio. La vittoria di Occhiuto mette all’angolo Guccione (ben nove punti in meno rispetto alle sue liste), Oliverio, Minniti, Morrone, Mancini junior, Incarnato, Adamo ed Enza Bruno Bossio. Ma a stare peggio di tutti sono i segretari regionale e provinciale del partito Ernesto Magorno e Luigi Guglielmelli. La loro incapacità organizzativa e dialettica, apparsa evidente in ogni istante della competizione elettorale, ha fatto la differenza allontanando, giorno dopo giorno, dal loro raggio di azione, elettori e simpatizzanti. Il no alle primarie, la strana e ipocrita scelta di Presta sostenuta solo fino a un certo punto, il doppio gioco con Paolini, il tentativo di accordo con il ‘cinghiale’ Gentile e quello poco edificante con Verdini. Tutto ciò ha sfasciato, neanche troppo lentamente, il giocattolo che dopo le regionali del 2014 sembrava essersi rimesso in moto. I big locali dovrebbero interrogarsi sui motivi reali della disfatta, senza appellarsi ai possibili guai giudiziari di Occhiuto che anche se dovessero condizionarlo nel futuro prossimo, poco hanno a che vedere con quanto le elezioni amministrative hanno espresso. Clientele a parte (che non mancano mai da queste parti, sia da una parte che dall’altra), bisogna ammettere che un numero consistente di elettori ha bocciato il loro operato, ribellandosi ai vecchi nomi che da decenni gestiscono, anche da Roma, la politica bruzia senza aver apportato mai alcun beneficio alla città.
Il flop di Paolini
Ad uscire a pezzi dalle elezioni è anche Enzo Paolini, la cui decisione di affidarsi al sostegno zoppo (la speranza è che ne fosse consapevole) della famiglia Gentile più che avvantaggiarlo ha finito per affossarlo definitivamente, facendogli perdere la fiducia da parte di quella sinistra che nel 2011 lo aveva portato al ballottaggio proprio con Occhiuto.
Nonostante i numeri dicano il contrario, non hanno perso gli alleati (Pino e Tonino) dell’avvocato rugbista. Il loro schierarsi dalla parte del Pse e apparentemente contro il Pd, non sembra averli toccati più di tanto. Avevano previsto tutto, erano consapevoli fin dall’inizio della forza di Occhiuto e proprio per questo hanno preferito giocare un ruolo di secondo piano, esponendosi pochissimo. Basta guardare la solidità politica della lista ‘Cosenza Popolare’ per comprenderlo.
La vera sinistra
L’unico, insieme ad Occhiuto, ad uscire a testa alta dal voto del 5 giugno, è Valerio Formisani. L’unico uomo di sinistra presente nella competizione. Ha lottato contro forze mille volte più grandi di lui, non entrerà in consiglio comunale eppure ha ottenuto un risultato simbolico impensabile che dimostra che la città di Cosenza ha ancora un’anima di sinistra, magari ferita e disillusa, ma comunque pronta a rialzarsi se trascinata da persone oneste, coerenti, vicine alla gente e soprattutto preparate. Il piccolo grande risultato ottenuto dal ‘medico degli ultimi’, può rappresentare un punto di partenza per un’area politica che in terra bruzia ha sempre avuto una sua tradizione. L’importante, però, è che a guidare questo possibile cambiamento siano personalità nuove, proprio come Valerio Formisani.