La moglie del presunto complice nel delitto Lanzino si dà ‘latitante’

COSENZA – E’ sparita, non presentandosi in Tribunale.

Anna Amendola, vedova di Lugi Carbone, l’allevatore scomparso per lupara bianca dopo lo stupro e l’uccisione di Roberta Lanzino a Falconare, ha deciso di non apparire davanti ai giudici per deporre. La testimonianza dell’Amendola per cui la Corte ha ordinato l’accompagnamento coattivo della donna in aula il 26 giugno potrebbe essere nevralgica nel ricomporre il puzzle dell’eccidio della giovane studentessa rendese. Fu proprio lei a vedere per ultimo Carbone in vita accompagnandolo a prendere delle armi. Alla sbarra i presunti autori della scomparsa dell’allevatore: il 45enne Remo Sansone, il fratello 48enne Franco Sansone e l’ormai 74enne Alfredo Sansone. Franco Pino dopo aver più volte dichiarato di conoscere la verità sulla morte della giovane nel Marzo 2012 affermò davanti al pm di aver saputo i nomi degli assassini nella primavera del 1995. A confessarglielo fu Romeo Calvano un caro amico di Pino ex boss di San Lucido con il quale era rinchiuso nel carcere di Siano. “Calvano mi disse che a uccidere Roberta Lanzino erano stati Franco Sansone e Luigi Carbone” affermò Franco Pino e raccontando che i due la seguirono con la Fiat 131 per poi stuprarla tra i cespugli prima di ucciderla continuò dicendo: “mi disse che forse si era fermata per chiedere un’informazione”. Una testimonianza che chiarisce le motivazioni che hanno spinto a ‘risolvere’ il problema Carbone: sapeva troppo. L’ex boss cosentino apprese sempre dallo stesso Calvano del destino che era toccato ad uno dei suoi pupilli, Luigi Carbone: “Sono stati quelli della montagna, mi disse. Alfredo Sansone e i suoi figli Franco e Remo”. L’ex boss della malavita bruzia spiegò inoltre che proprio perché il Carbone si era macchiato dell’atroce delitto della Lanzino la sua non fu vendicata nonostante fosse un sodale dei Cavano. La vedova Carbone potrebbe confermare le teorie esposte da Pino o smentirle. Dati fondamentali con i quali si potrebbe fare luce sul famigerato 26 Luglio 1988 e su tutti i delitti susseguitisi in quel periodo tra le montagne che portano alla città di San Francesco.

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